Capitolo IX del quaderno “Il comunismo e il mondo arabo”
Il VII Congresso del Comintern del 1935 aveva annunciato la strategia dei fronti popolari contro il fascismo e quindi la necessità di una temporanea tregua con le potenze liberali in nome della comune lotta al nazismo tedesco e al fascismo. Questo passaggio ebbe come riflesso il cambiamento di ciò che si era delineato negli anni precedenti per il comunismo arabo.
In questa fase, innanzitutto, la repressione contro i comunisti si allentò considerevolmente, anche come conseguenza dell’ascesa del Fronte Popolare in Francia che portò avanti una politica riformista “assimilazionista” nelle colonie francesi del Maghreb, in Siria e Libano.
Tuttavia la priorità di un fronte comune antifascista rispetto alle rivendicazioni nazionali di indipendenza dei singoli paesi portò a un generale distacco dei partiti comunisti dai movimenti nazionalisti (in modo particolarmente evidente il PCF nelle colonie francesi) e a un “rinvio” degli obiettivi rivoluzionari, subordinati a obiettivi che nella tattica del Comintern avevano come priorità la possibilità da parte dell’URSS di completare il processo di modernizzazione industriale, indispensabile per reggere l’urto della preconizzata aggressione nazi-fascista. Molti degli stessi militanti comunisti algerini andarono in Spagna nel ‘36 a combattere contro i fascisti dopo il colpo di stato militare ai danni del neoeletto Fronte Popolare spagnolo, di cui faceva parte anche il partito comunista spagnolo.
Il partito comunista siro-libanese, guidato da Khaled Bagdash, si pronunciò per l’alleanza antifascista con la borghesia nazionale, rimandando esplicitamente gli obiettivi rivoluzionari, e limitandosi a sostenere le rivendicazioni immediate delle classi popolari e a diffondere la letteratura marxista e ad esaltare l’organizzazione socialista in URSS.
Anche in Iraq, Palestina, Transgiordania e Egitto i gruppi comunisti cercarono un rapporto tra rivendicazione nazionale e marcia verso il socialismo nel contesto della strategia antifascista. Anche se la repressione e la scarsità di quadri impedirono nel resto del mondo arabo sviluppi al livello del partito comunista siro-libanese, tra le due guerre i comunisti furono i soli a rappresentare e a dare sponda alle lotte sociali nella regione.
In seguito, con la chiusura della Terza Internazionale nel 1943, i comunisti locali persero un quadro organizzativo per le loro attività. La chiusura della Comintern rappresentò simbolicamente una riduzione della spinta alla rivoluzione mondiale e una maggiore enfasi sulla politica estera sovietica, che in quel momento prevedeva giustamente l’alleanza con le democrazie occidentali contro la Germania nazista. La guerra, infatti, cambiava le priorità dell’URSS e il Cominform, che sostituì la Comintern nel 1947, si concentrò maggiormente sulle alleanze con le democrazie popolari in Europa orientale e sui partiti comunisti che supportavano direttamente l’URSS. La fine della Comintern nel 1943 non significò quindi la fine della solidarietà internazionale tra i partiti comunisti. Chiaramente la rottura dell’alleanza anti-fascista a livello internazionale, il trionfo della Rivoluzione socialista in Cina e l’affacciarsi delle lotte di liberazione nazionale, muteranno ulteriormente il quadro.
Il “distacco” tra partiti comunisti arabi e Russia sovietica si rafforzò negli anni successivi. Infatti, nel contesto della Guerra Fredda, si approfondì la contraddizione tra le scelte in materia di politica estera della Russia sovietica e la repressione o marginalizzazione dei comunisti locali da parte delle stesse forze politiche espressione delle borghesie nazionaliste arabe alleate dell’URSS, come per l’Egitto nasseriano degli anni Cinquanta.
In precedenza era stata la scelta dell’URSS di riconoscere lo Stato d’Israele e la “spartizione” della Palestina, dentro il quadro della divisione in sfere di influenza post-belliche deciso a Yalta, ad alienare le simpatie nei confronti dei comunisti arabi visti con ostilità dal nascente Movimento dei Nazionalisti Arabi, come tra l’altro riporta nella sua biografia in forma d’intervista – Les révolutionnaires ne meurent jamais – Georges Habache:
“Con i comunisti, altra componente del nazionalismo arabo all’epoca, la nostra divergenza, come ho detto, riguardava il piano di spartizione della Palestina che difendevano, conformemente alla linea di Mosca che era stata una delle prime capitali a riconoscere nel 1948 il nuovo Stato d’Israele. A quell’epoca, non ero convito dei benefici della dottrina comunista”.
CREDITS
Immagine in evidenza: Lunga vita alla IIIª Internazionale
Autore sconosciuto, 1920
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