Capitolo XII del quaderno “Il comunismo e il mondo arabo”
In breve, la spinta propulsiva della rivoluzione del 1917, avvenuta in un paese non a “capitalismo avanzato” come l’impero zarista, ha avuto la forza di riverberare in quella vasta e variegata regione mediterranea, ancora in gran parte rurale e risentita dei tradimenti amari delle potenze occidentali al termine della Prima guerra mondiale. Allo stesso tempo il fallimento dei tentativi rivoluzionari nel cuore dell’Europa, avevano convinto i vertici rivoluzionari sovietici e della neonata Terza Internazionale a rivolgere la loro attenzione verso Oriente.
Il secondo congresso del Comintern e la conferenza di Baku nel 1920 segnano il punto di avvio di un ragionamento strutturato e programmatico circa la rivoluzione in oriente. La questione della relazione con i movimenti nazionalisti è fin da subito al centro del dibattito, nella misura in cui il nazionalismo si imponeva allora come movimento di massa nella società araba, mettendo sotto scacco le potenze coloniali e ottenendo già negli anni ‘20 le prime vittorie, come in Egitto nel 1922 dopo la rivoluzione iniziata nel 1919.
La fase di sperimentazione sul piano della lotta anticoloniale, dalla conferenza di Baku alla formazione della Lega contro l’Imperialismo e l’Oppressione Coloniale del 1927, fu cruciale nel dare forma e metodo a quei primi nuclei comunisti, che avrebbero continuato la loro attività nei decenni successivi.
Cruciale fu il contributo teorico di Lenin sull’Imperialismo, così come la presenza di europei o di minoranze che parlavano lingue europee, che aveva costituito già dagli inizi del XX secolo la conditio sine qua non per la diffusione del pensiero comunista, il quale diede vita a inedite formulazioni teoriche a contatto con la società musulmana.
Sul piano pratico, i comunisti hanno rappresentato, a partire dagli anni ‘20 e ancor più dagli anni ‘30, la maggiore forza politica che ha portato avanti rivendicazioni di carattere sociale nel mondo arabo, permettendo il radicamento del pensiero marxista e marxista-leninista all’interno della società araba, i cui frutti saranno raccolti dalle successive esperienze di socialismo arabo e più in là dalla sinistra rivoluzionaria arabo-palestinese dalla fine degli Anni Sessanta.
Per quanto riguarda la questione nazionalista e il problema della repressione, abbiamo visto il problematico rapporto tra socialismo nazionalista e panarabo, affermatosi a partire dagli anni ’50, e il comunismo. Infatti, pur configurandosi come ereditiero di una certa tradizione marxista e socialista, il socialismo panarabo voltò infatti presto le spalle ai comunisti. Nonostante ciò, rimane indiscussa la funzione antimperialista delle esperienze nasseriane e baathiste, così come il merito di aver provato ad adattare un governo con elementi di socialismo al contesto sociale arabo-musulmano senza però tentare – differenza dello Yemen – una trasformazione dei rapporti sociali ed una adeguata mobilitazione delle masse popolari.
Infine, il caso del Partito comunista francese – il secondo Partito Comunista più grande dopo quello italiano in Occidente – che mostra in controluce i limiti di un partito che operava in un paese imperialista senza essere in grado, per quanto riguarda il caso algerino, di maturare una politica anti-imperialista conseguente in appoggio ai popoli oppressi, riflettendone le contraddizioni al proprio interno.
In rottura con queste posizioni, si svilupparono reti di intellettuali ed attivisti che aiutarono anche materialmente la lotta di liberazione algerina e contribuirono alla denuncia delle barbarie che l’esercito francese commetteva nella sua politica di pacificazione.
CREDITS
Immagine in evidenza: La lotta dei popoli oppressi è una fiamma che incendia il mondo intero
Autore: Anderson and Mikhailov, 1931
Fonte: Russian Perspectives on Islam, accessed February 12, 2025,
Immagine originale ridimensionata e ritagliata