Rete dei Comunisti
Il presidio in piazza Barberini di sabato 15 marzo, trasformatosi in corteo, aperto dallo striscione di Potere al Popolo: “Non un euro per la loro guerra” è stato non solo un ottimo punto di partenza per quelle che dovranno essere le mobilitazioni contro la follia bellicista delle nostre classi dirigenti continentali, ma un momento di chiarezza abbastanza inedito, ed in prospettiva, di massa sulla natura dell’Unione Europea.
Infatti, mentre a piazza del Popolo le bandiere dell’Unione Europea venivano brandite con orgoglio, dall’altra parte venivano bruciate.
Ma al di là dei gesti simbolici, sono stati i contenuti della maggior parte degli interventi che si sono alternati dal furgone che ha guidato il corteo partito da piazza Barberini e gli slogan che sono stati scanditi sin dall’uscita del teatro dove Potere al Popolo ha tenuto la sua assemblea nazionale, ad “imporre” un ordine discorsivo che bruciava ogni illusione sulla possibilità di riformare un assetto politico-sociale – come l’Unione Europea – marcio dalla sue fondamenta; una gabbia che non ha mai smesso di incidere negativamente, dalla sua nascita, sia sulle classi subalterne della periferia europea che sulle popolazioni oppresse dal suo dominio neo-coloniale o dei suoi alleati.
Se da un lato, a piazza del Popolo, abbiamo assistito ad un primo tentativo di mobilitazione reazionaria di massa a trazione “progressista” che ha cercato di cooptare, in parte riuscendosi in parte no, una parte dei corpi intermedi della sinistra, dall’altro lato abbiamo visto prendere forma una robusta azione di contrasto contro la formazione di una sinistra interventista che sta ricostruendo una propria identità per re-imporre una propria egemonia, attraverso un patriottismo europeo che è il collante ideologico per rilanciare un progetto imperialista tout court.
Diviene essenziale in un momento come questo che l’azione politica organizzata dia uno sbocco visibile e combattivo al sentimento diffuso e maggioritario di rifiuto della spirale bellica targata UE verso cui ci stanno portando le élite continentali, e che abbisogna di tutto il nostro coraggio politico, l’impegno militante, e la necessaria intransigenza affinché possa concretizzarsi in azione risoluta contro le loro politiche ed i rappresentanti che a tutti i livelli ne portano avanti le istanze, compresa la dirigenza di quei corpi intermedi sindacali ed associativi che si stanno facendo intruppare dai nostri signori della guerra.
Non è possibile più fare sconti a nessuno su un’ipoteca buona fede nel scegliere sistematicamente la parte sbagliata in cui schierarsi o tacere sulla timidezza politica di chi – anche se non si fa cooptare – replica un laconico “né aderire, né sabotare”, senza trasformare le proprie frustrazioni in azioni politiche conseguenti.
Così come non è possibile fare sconti a chi ora, come il Movimento 5 Stelle, usa il tema della pace per ritagliarsi una propria strumentale identità all’interno del cosiddetto “campo largo”, il tutto per riconquistare una propria visibilità ed assicurarsi un maggior peso all’interno di quella coalizione, ma che ha le mani sporche di sangue, considerate le scelte politiche attuate quando era al governo.
Come Rete dei Comunisti, ci siamo impegnati a fondo nella riuscita di questa prima giornata di opposizione unitaria al partito trasversale della guerra a piazza Barberini, e continueremo ad impegnarci nella costruzione di mobilitazioni – come quella lanciata da Potere al Popolo, nel corso della sua assemblea nazionale, per la fine di maggio – così come di momenti di riflessione che pongano con forza la necessità dell’alternativa tra la barbarie reazionaria dell’Unione Europea ed il Socialismo del XXI Secolo.