Nell’ottantesimo anniversario della sconfitta del nazi-fascismo e della Liberazione del nostro paese, assistiamo a un’accelerazione del riarmo dell’Unione Europea e della riconversione produttiva a fini bellici. L’obiettivo è creare un apparato militare-industriale continentale che proietti gli interessi delle oligarchie europee in una competizione sempre più aggressiva, nella quale la guerra è tornata da tempo a essere uno strumento centrale nella competizione internazionale. Questo scenario è il risultato di un’accelerazione della crisi sistemica che ha visto intensificare il genocidio portato avanti da Israele in Palestina, già in corso da 75 anni ma aggravatosi ulteriormente negli ultimi due anni, e di una guerra per procura combattuta in Ucraina contro la Russia. Di fronte a tale crisi, dopo ripetuti fallimenti militari e perdita di credibilità internazionale, oggi l’imperialismo occidentale ed europeo sceglie apertamente la via della guerra guerreggiata per rilanciare i propri progetti di colonizzazione e dominio.
Questa situazione sta portando, in Italia come altrove, a una militarizzazione delle relazioni sociali, instaurando un vero e proprio clima di guerra che criminalizza il dissenso politico e il conflitto sociale. Tale clima ha portato a innalzare ulteriormente la repressione preventiva, di cui il nuovo decreto sicurezza, approvato con un “golpe istituzionale” il 4 aprile, è soltanto l’ultimo tassello.
Allo stesso tempo, ci viene imposta un’economia di guerra: dopo decenni di tagli selvaggi al Welfare e ai diritti dei lavoratori, oggi si pretendono ulteriori sacrifici da lavoratori e lavoratrici per finanziare miliardi di euro destinati agli armamenti.
Le derive reazionarie non provengono solo dalle sirene della destra: negli ultimi mesi, in Italia e non solo, la sinistra “per il sogno europeo” è diventata protagonista delle politiche e della propaganda più becera a favore dell’interventismo militare e del riarmo. A Roma e a Bologna, in risposta all’appello di Michele Serra, si sono tenute due piazze per l’Europa guidate dal centrosinistra che parlavano apertamente di nemici dell’Occidente, di una cultura e civiltà da difendere contro gli attacchi dei barbari che “non hanno conosciuto l’illuminismo”. In breve, un chiaro tentativo di cooptare la popolazione nello sforzo bellico e nella creazione di un nemico esterno.
In questo contesto, quindi, la giunta Lepore di Bologna si è immediatamente schierata a favore del riarmo, mentre in contemporanea aumentano il costo della vita in città, la speculazione abitativa e la cementificazione, di cui il progetto Besta e l’aumento del biglietto dell’autobus sono solo alcuni esempi.
Queste operazioni vengono condotte anche cercando di presentare come progressivo il ruolo attuale delle donne in politica. Da Ursula von der Leyen a Giorgia Meloni, dietro cambiamenti di facciata, si cela soltanto un riciclo strumentale della questione femminile, utilizzata per sostenere le medesime dinamiche di potere richieste oggi dall’imperialismo occidentale e dall’Unione Europea. Tutto ciò avviene mentre peggiorano costantemente le condizioni lavorative delle donne e delle libere soggettività e si aggrava il generale imbarbarimento della società, che nel rituale ipocrita delle lacrime istituzionali nasconde l’aumento dei femminicidi e delle violenze a ogni livello: non solo omicidi, ma anche le violenze e i ricatti quotidiani che studentesse e lavoratrici subiscono nei luoghi di lavoro e di studio. Questi strumenti di sfruttamento e oppressione sono utili al rafforzamento delle strutture di potere che schiacciano donne e soggettività dissidenti.
L’emancipazione è allora inseparabile dal ripudio netto e senza ambiguità della guerra.
Anche nella stessa città di Bologna, che pretende di spacciarsi come la più progressista d’Italia, abbiamo visto aumentare la violenza, comprese le aggressioni contro gli spazi LGBT+, a cui sono seguite soltanto risposte di circostanza e vuote dichiarazioni istituzionali.
Proprio per questo è necessario raccogliere oggi il testimone di chi ieri ha lottato contro la barbarie, per combattere quella di oggi. Lo abbiamo visto in queste settimane con le occupazioni studentesche contro la riforma Valditara, con gli scioperi del comparto della formazione fino all’Università, e con le proteste di questi mesi contro i tagli all’istruzione e alla ricerca per finanziare il riarmo. Lo vediamo da un anno e mezzo di mobilitazioni, occupazioni e manifestazioni di solidarietà con la resistenza palestinese, contro le relazioni fra il nostro paese e Israele e contro il genocidio del popolo palestinese.
Siamo pertanto convinti che questo 25 aprile debba ribadire senza ambiguità che antifascismo è antisionismo.
In continuità con le piazze che si sono opposte a queste derive, sia a Roma sia a Bologna, il prossimo 25 aprile è il momento di schierarsi apertamente contro le mire dell’imperialismo occidentale, contro il rafforzamento della NATO e contro il tentativo di costruire un esercito europeo che sia espressione di un polo reazionario. L’Occidente, responsabile per secoli di colonialismo e genocidi, che ha prodotto due guerre mondiali, il fascismo e il nazismo come espressioni più barbare del capitalismo suprematista, non rappresenta in nessun modo il nostro futuro. Anzi, proprio la strada intrapresa oggi ci mostra chiaramente la continuità della barbarie occidentale.
A ottant’anni dalla Liberazione del nostro paese, nata dalla Resistenza che era anche lotta per estirpare le basi sociali, politiche ed economiche del nazifascismo, dobbiamo trovare qui e ora i percorsi di lotta per proseguire su quel sentiero. Per questo pensiamo che a Bologna, dopo le mobilitazioni di questi mesi e la chiamata degli studenti e delle studentesse incatenati sotto la prefettura contro la repressione dei presidi e il nuovo decreto sicurezza, sia necessario costruire un corteo del 25 aprile che sostenga le resistenze di oggi, contro il riarmo dell’Unione Europea, contro la NATO e contro la deriva autoritaria del nostro paese!
