Redazione Contropiano
Abdel Monein Hemmat, intellettuale sudanese dissidente residente in Oman, rischia di essere espulso dal Paese e rimpatriato in Sudan.
Le autorità degli apparati di sicurezza del Sultanato stanno infatti prendendo misure arbitrarie contro lo scrittore e filosofo sudanese.
Nonostante la fine formale della dittatura di Al-Bashir, uscito di scena con un colpo di Stato nell’aprile del 2019 su pressione di un imponente movimento di massa, i militari golpisti che erano parte integrante dell’assetto di potere del regime islamico continuato a guidare il paese dal colpo di Stato del 25 ottobre 2021: un “nuovo” colpo di Stato che aveva posto brutalmente fine al processo di transizione.
Un pre-accordo tra i militari golpisti ed una parte dell’opposizione democratica, riunite nelle Forze per la Libertà e il Cambiamento, è stato siglato il 5 dicembre per potere cercare di avviare la transizione sotto l’egida del mediatore dell’ONU Volker Perthes, la tutela di Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti che cercano di ipotecare il futuro del paese contro la volontà della maggioranza della popolazione.
Si aprirebbe un processo di transizione di due anni alla fine del quale i militari lascerebbero il potere che avrebbe come sbocco la nomina di un primo ministro incaricato di dirigere un governo civile fino all’organizzazione delle elezioni.
Un arco di forze, tra loro eterogenee, si oppone all’accordo concluso e si prepara a boicottarlo.
Contro il nuovo regime di Adel Fattah Al-Burham e Hemeti la popolazione sudanese si è continua a rivoltare in questi mesi pagando un notevole tributo di sangue: 131 morti in un anno.
I Comitati di Resistenza, ferro di lancia dell’opposizione dal putsch militare, il Partito Comunista ed altre organizzazioni politico-sociali, rifiutano da sempre qualsiasi negoziazione con la giunta militare.
Il pre-accordo raggiunto, che potrebbe avere un carattere effimero, rischia di normalizzare e rendere legittimo il potere militare, tra l’altro garantendogli l’impunità, senza affrontare le questioni più scottanti del processo di transizione: sono più il frutto delle ingerenze esterne che del consenso interno.
Anche alla luce di questa situazione, il rimpatrio dell’intellettuale dissidente sudanese non deve compiersi, sarebbe consegnarlo nelle mani degli aguzzini che si sono opposti ad un reale cambiamento del Paese.
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Immagine in evidenza: Sudan revolts
Autore: Hind Mekki, 10 aprile 2019
Licenza: Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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