Rete dei Comunisti – Pisa
La piattaforma con la quale la RSU USB Piaggio ha chiamato i lavoratori allo sciopero e’ stata molto importante per la sua riuscita: denuncia del clima di ricatto interno per massimizzare lo sfruttamento dei lavoratori, mancati pagamenti sui premi di risultato, ma soprattutto mancati aumenti salariali, a fronte degli ottimi risultati aziendali, che vedono crescere ogni anno fatturato e utili distribuiti agli azionisti, nonostante una crisi economica che sta sconquassando il sistema capitalistico occidentale.
In questi anni la famiglia Colaninno, manager di Piaggio Spa, legata a doppio filo con sia con il capitale finanziario internazionale, sia con i partiti afferenti al centro sinistra italiano, ha operato con oculatezza sul mercato internazionale, trasformando l’azienda in una delle più importanti multinazionali delle due ruote. Le produzioni in Vietnam con uno stabilimento nella provincia settentrionale di Vin Phuc arrivato a produrre 500mila scooter annui. Il centro di innovazione tecnologica negli USA (Advanced Design Center a Pasadena, California), la società finanziaria IMMSI Spa gestita dal figlio, hanno rafforzato enormemente la posizione di Piaggio sul mercato internazionale. Una posizione acquisita anche grazie ai continui contributi a pioggia da parte dello Stato italiano, oltre che allo sfruttamento intensivo della mano d’opera. Una politica aziendale che anche nel 2022 ha portato il fatturato e gli utili a cifre record, in controtendenza rispetto alla stagnazione, se non alla recessione, di tanti altri settori produttivi, anche grazie all’assoluta mancanza di un piano industriale nazionale, per lasciare mano libera ai cosiddetti “capitani d’industria” come Colaninno, tristemente noto per le spericolate operazioni speculative in Italcase-Bagaglino, Telecom, nell’ex Alitalia e in tante altre aziende decotte.
Questo e’ il contesto nel quale sono maturate le condizioni per la riuscita dello sciopero del 29 marzo: salari da fame, assoluta mancanza di redistribuzione degli utili aziendali, continui ricatti sul posto di lavoro anche in merito alle criticità produttive ed ai rischi infortunistici, precarietà e progressivo svuotamento della fabbrica a causa della mascherata sproporzione tra le tante dimissioni e pensionamenti e le poche assunzioni.
Ma quello che ci interessa evidenziare dello sciopero, insieme alle specifiche rivendicazioni e al contesto, e’ la decisione stessa dei delegati USB di indirlo.
Nei giorni precedenti la mobilitazione e durante gli interventi che ci sono alternati alla assemblea di fronte alla porta ingresso merci lo sciopero e’ stato definito “di avanguardia”, perché convocato in una fase di apatia sociale, resa ancor più “assordante” di fronte alle grandi mobilitazioni operaie e popolari in molti paesi del continente europeo, a partire dalla Francia, ma anche in Germania, Inghilterra, Grecia.
Non siamo stati sorpresi dalla scelta dei delegati USB, che mai hanno perso la loro funzione di stimolo al conflitto, come abbiamo potuto osservare dai primi giorni di sua costituzione, sino alle recenti mobilitazioni, con gli scioperi di aprile e dicembre 2022 e con quello di Genova dello scorso 25 febbraio.
Quello che ha colpito e’ stata invece la risposta operaia che, in una mattina particolarmente fredda, e’ uscita a decine dai cancelli e, bloccando il flusso dei tir merci, ha partecipato attivamente, per due ore consecutive, all’assemblea, seguendo attentamente gli interventi dei delegati USB, dei giovani di Cambiare Rotta, del rappresentante di Potere al Popolo!
Una partecipazione attiva, fatta di interventi, commenti a voce alta, applausi scroscianti.
Non e’ nel nostro stile rappresentare fuori dalle righe iniziative ed eventi, tantomeno assegnare una funzione esorbitante ad uno specifico conflitto. La riuscita dello sciopero e’ stato sicuramente frutto di un lavoro sindacale costante e coerente, di una coscienza operaia sedimentata in anni e anni di conflitto. Una condizione riscontrabile oramai in poche realtà produttive del paese. Ma quello che abbiamo percepito di fronte a quei cancelli riteniamo sia qualcosa di più che non la sola continuità con una storia di lotte.
Alla assemblea hanno partecipato giovani lavoratori e lavoratrici, abitualmente restii a mettersi in gioco a causa della loro condizione di precarietà e di costante ricatto da parte della dirigenza aziendale e dei capi reparto. Abbiamo visto ed ascoltato delegati sindacali di altre sigle, lavoratori migranti, ma soprattutto abbiamo letto negli occhi e nell’atteggiamento di quegli operai la volontà di riprendere il cammino del conflitto, per recuperare salario, sicurezza sul posto di lavoro, emancipazione dalla condizione di ricatto permanente di una azienda che, per macinare gli enormi profitti, spreme i lavoratori con gli straordinari e li minaccia costantemente di esportare le produzioni all’estero.
Nello striscione di Potere al Popolo! c’era scritto “…facciamo come in Francia!”. Il vento delle mobilitazioni d’oltralpe ha sicuramente alimentato la determinazione a scendere in sciopero.
Da Pontedera riteniamo ci giunga un piccolo / grande segnale per tutte le avanguardie operaie che ancora animano il conflitto nel nostro paese. Occorre osare, dando sponda ad un malessere che cova sotto le ceneri del disincanto, dell’individualismo e della disperazione.
Le condizioni materiali per una ripresa della conflittualità operaia e del mondo del lavoro ci sono tutte. La crisi sistemica del capitalismo occidentale sta arrivando ai propri limiti economici, ambientali e bellici. Le ricette proposte dai governi occidentali sono le stesse di questi anni, peggiorate dal clima di guerra e dal costante deterioramento della condizione ambientale. Il pianeta non può più sostenere il geometrico sviluppo delle forze produttive proposto dal modo di produzione capitalistico ai fini del massimo profitto.
Una corsa contro natura, per fermare la quale occorre una, cento, mille micce per accendere la prateria.
Questo e’ il principale insegnamento che ci proviene dallo sciopero del 29 marzo alla Piaggio di Pontedera
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