in Contropiano numero 0 – 2 Aprile 1993
Qual’è il punto di vista del FDLP sulla situazione, in generale in Medioriente?
Il Medioriente rappresenta senza dubbio una regione appetibile dal punto di vista degli Stati Uniti e dei paesi industrializzati suoi alleati, per la ricchezza di riserve energetiche (67% del totale mondiale). Gli USA hanno progettato da molti anni di mettere le mani su questa regione. La creazione dello stato di Israele, lo stretto legame di dipendenza tra le monarchie reazionarie che governano i paesi del Golfo e gli USA stessi, l’ostilità nei confronti dei Movimenti di Liberazione, sia arabi che di altri paesi della Regione, nonché l’accerchiamento di quei regimi che manifestano tendenze ad acquistare una certa autonomia dagli USA (anche se limitata), stanno li a dimostrarlo.
Quale importanza assume, in questo quadro, la questione Palestinese e come si è arrivati alla Conferenza di Pace?
La questione palestinese occupa un posto rilevante nel quadro Mediorentale, anche perché Israele giocava un ruolo importantissimo quando il pianeta era caratterizzato dal confronto tra Est ed Ovest. Oggi, in un quadro mutato, tale ruolo continua ad essere importante per gli USA, ma non più solo dal punto di vista militare. La nuova strategia USA punta al controllo economico planetario mantenendo i suoi alleati concorrenti fuori dal controllo sulle fonti energetiche in Medio Oriente. Gli Usa, per raggiungere tale obiettivo hanno creato le condizioni che hanno portato alla crisi e poi alla Guerra del Golfo, giocando sulle controversie storiche tra il Kuwait e l’Iraq. Da una parte sono stati aiutati dalla complicità dei regimi arabi reazionari, Egitto in testa, dall’altra dalla subalternità dell’oligarchia petrolifera Kuwaitiana e dalla monarchia oscurantista saudita. Naturalmente poi ci sono anche delle responsabilità dello stesso regime irakeno.
Riuscita la prima fase del piano, gli USA hanno cercato, subito dopo la fine della Guerra del Golfo di coinvolgere i paesi arabi ed i Palestinesi in primo luogo, alla normalizzazione dei rapporti con Israele. Cosi hanno premuto sia sugli arabi che su Israele affinché ci si “sedesse intorno ad un tavolo”.
E dunque si è arrivati alla cosiddetta Conferenza di Pace di Madrid. Sin dall’inizio era però chiaro che gli USA volevano fortemente la Conferenza, perché montava nell’opinione pubblica mondiale ed in quella araba in particolare, l’ostilità sempre più concreta contro l’arroganza dei bombardamenti e delle distruzioni contro 1’Irak attuati con il pretesto della violazione della legalità internazionale, mentre nei confronti di Israele che, per decenni ha calpestato tale legalità, nessuno ha mai mosso un dito. Un altro dibattito poi, era la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i paesi arabi al fine di facilitare la penetrazione economica israelo-statunitense nel mondo arabo.
Ed infine, si voleva dare una collocazione, in questo quadro, al problema palestinese, ma non certamente una soluzione politica basata sulle risoluzioni dell’ONU (242, 338, 194). Questo era chiaro sin dall’inizio, cioè da quando l’amministrazione USA, fiancheggiata dalla Russia, spedi le lettere d’invito alle parti in causa. Era scritto nero su bianco che l’OLP non sarebbe stata ammessa alle trattative, non si sarebbe discusso dello Stato Palestinese indipendente, non si sarebbe affrontata la questione di Gerusalemme Est. Nella prima fase i palestinesi della diaspora non sarebbero stati rappresentati e la loro questione sarebbe stata affrontata nell’ambito delle trattative multilaterali Arabo Israeliane. Inoltre sono state escluse dalla Conferenza di Madrid sia l’ONU (con tutti i suoi limiti) che l’Europa.
Naturalmente una Conferenza nata sotto questi auspici non poteva che fallire.
Qual’è il giudizio del FDLP sulla partecipazione palestinese alla trattativa?
Purtroppo la partecipazione palestinese alla Conferenza ha permesso ai governi israeliani, a quello di Shamir prima e all’attuale governo più subdolo di Rabin, di proseguire la politica di annessione di fatto dei territori occupati e di continuare la repressione sanguinaria e fascista contro i palestinesi, nell’indifferenza dei mass media internazionali. Inoltre ha permesso ad Israele di ottenere dieci miliardi di dollari in aiuti agli USA senza che ciò provocasse la protesta dovuta.
Nello stesso tempo tale partecipazione ha provocato divisioni politiche profonde nel campo palestinese sia nelle strutture dell’OLP che a livello popolare. Inoltre ha disorientato per un periodo di tempo le masse dell’Intifada, in quanto molti attivisti palestinesi non accettano l’idea di sostituire alle pietre lanciate contro i soldati dell’esercito occupante, dei ramoscelli d’olivo. Questa era il messaggio proveniente da Madrid.
Quale è stato, in questa situazione il ruolo del FDLP ?
In questo quadro, il FDLP, dopo una approfondita analisi ha seguito una politica realista rivoluzionaria. Ha denunciato con fermezza la politica USA in Medioriente, ha cercato di coordinare un Fronte antimperialista insieme alle forze progressiste, socialiste e islamiche presenti nei paesi della regione, inoltre in seno all’OLP, il Fronte Democratico ha giocato un ruolo principale nel contrastare la linea conservatrice burocratica seguita dal vertice capeggiato da Arafat. Infatti a livello istituzionale ha combattuto una durissima battaglia contro la partecipazione alla Conferenza di Pace dettata dagli USA, proponendo una linea alternativa basata sulla partecipazione ad una Conferenza Internazionale di Pace fondata sulle risoluzioni 242, 338, 194 dell’ONU, con la presenza dell’OLP, della diaspora palestinese, di Gerusalemme Est. Nello stesso tempo ha condotto la battaglia nelle strade, nelle piazze e nei campi profughi contro i cedimenti dell’ala moderata dell’OLP, seguendo una linea di alleanze, prima con il Fronte popolare (FPLP) creando il Comando Unificato e poi, insieme, costruendo un fronte più ampio che comprende altre otto organizzazioni (Alleanza dei dieci).
Tutto ciò, insieme al mancato progresso della Conferenza di Pace ed all’aumento della repressione sanguinaria israeliana, ha potuto modificare fi quadro nel campo palestinese, radicalizzando l’Intifada, isolando di nuovo Israele e mettendo i bastoni tra le ruote della politica USA in Medioriente.
Naturalmente c’è ancora molta strada da fare per riuscire a far fallire il disegno USA in Medioriente.
Noi crediamo che, però, una politica realista rivoluzionaria condotta da noi e dalle altre forze politiche antimperialiste in Medioriente, assieme ad una ricomposizione delle forze di sinistra Europee, di apri movimenti di liberazione nazionale in Africa e in America Latina e il probabile cambiamento nell’Europa dell’Est, possano contrastare e far fallire il nuovo ordine mondiale voluto dagli USA.
CREDITS
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