in “Bologna. Dove sta andando la vecchia signora?“
Sintetizzando quanto analizzato e descritto sinora, possiamo dividere le innovazioni dell’area bolognese su due livelli: un primo legato ai rapporti oggettivi economici e urbani e un secondo relativo alla soggettività politica e sociale.
Il piano oggettivo
Le trasformazioni in atto portano con sé diverse novità, fra le quali le due principali sono:
– Il passaggio metropolitano della città di Bologna, con le relative modificazioni urbanistiche e sociali, fa scomparire la precedente comunità cittadina, creandone una nuova. In questo contesto si intrecciano inedite problematiche, come quelle legate alla mobilità rispetto alla nuova composizione di classe.
Il cosiddetto modello emiliano, mutato dalla tradizione socialista riformista e dal PCI, si può ritenere finito dopo il 1989, oggi siamo definitivamente entrati in una nuova fase. Non solo i soggetti in campo sono cambiati (parti sociali, amministrazioni pubbliche, imprese) ma lo stesso rapporto di equilibrio che ha contraddistinto quello specifico modello è stato definitivamente sorpassato.
L’asse si sposta da un piano orizzontale (anche se un tempo questa orizzontalità era più apparente che reale) ad una piena verticalità in una scala che vede la borghesia in cima, con una amministrazione che opera come strumento dell’imprenditoria e le classi subalterne come mero bacino di servizio e di sfruttamento (lavorativo e fiscale).
– La borghesia bolognese si sposta in modo ancor più consistente sulla rendita e sulla speculazione (valore del suolo), rimane una nicchia produttiva e una rete di servizi (con un nuovo rapporto tra pubblico e privato).
Questo passaggio, così come sul piano nazionale, vede fortemente ridimensionarsi il peso politico della piccola imprenditoria, schiacciata dagli attuali processi di crisi e inglobata dalle reti di produzione, distribuzione e servizi più grandi.
Anche quando questo non avviene direttamente sul luogo di lavoro, avviene rispetto all’organizzazione del lavoro complessivo e alla filiera di comando.
Il nuovo banchetto legato alla modificazione urbana trova agguerriti commensali. che in nome della speculazione combattono una guerra neanche troppo nascosta, allungando le mani sulla nuova città che deve sorgere.
Il piano soggettivo
Sul piano soggettivo riteniamo che vi siano principalmente due fattori:
– Con la fine del modello emiliano, e in presenza di una nuova composizione sociale, assistiamo a nuove contraddizioni: il precariato diffuso, l’immigrazione, una polarizzazione tra giovani e anziani, ecc..
Sul piano politico, invocare il modello emiliano e la sua capacità di inclusione è inutile, in quanto sono cambiati i soggetti in campo ed i rapporti fra di loro.
È necessario fare quindi una scelta di parte, sapendo come questa sicuramente non potrà essere immediatamente includente a tutte le componenti della nuova comunità cittadina. Oggi parlare del referente di classe vuol dire porsi in modo oggettivamente antagonista con le altre classi sociali, dove sono proprio i ceti alti a rifiutare per primi la concertazione. Un tale meccanismo è accelerato dagli attuali processi di crisi in atto.
Credere di poter contare e modificare dall’interno le tendenze in atto rispetto alla città e al territorio di Bologna è velleitario, in quanto non fa i conti con un bipolarismo bloccato sotto il profilo politico amministrativo, e una mutazione della controparte.
Siamo di fronte ad una città che esclude più che include, e principale compito delle forze di sinistra e di classe è dare forza agli esclusi, sia sul piano sociale sia su quello dei diritti politici.
Accanto a questo è importante riformulare una strategia che sappia destrutturare quel blocco sociale di massa reazionario che anche dentro il territorio bolognese sta prendendo forma, utilizzando la guerra tra italiani e migranti, lavoratori salariati e lavoratori autonomi, tra lavoratori pubblici e privati, tra giovani e anziani.
– Il nuovo blocco sociale di classe a Bologna, subisce una forte precarizzazione sul lavoro e una notevole mobilità territoriale, questo porta a ridisegnare un intervento che dia forza a questa collettività e sappia assumere una serie di rivendicazioni che realizzino l’unità, nella dispersione sociale.
Alcuni settori politici e sindacali oggi parlano di un sindacalismo metropolitano, in grado di ricomporre la classe integrando il piano aziendale, ridimensionato dalla precarietà e flessibilità produttiva (sia essa legata all’industria o ai servizi) con il territorio nei suoi molteplici aspetti (servizi, casa, ambiente-vivibilità).
Questo per dare forza, organizzazione e indipendenza al blocco sociale antagonista.
Nello specifico è opportuno che le organizzazioni politiche e sindacali e i movimenti si confrontino con le trasformazioni atto: oggi parlare di un generico intervento sulla città o sulla provincia è fuorviante, basti considerare il diverso rapporto tra le diverse fasce presenti sul territorio.
Si deve quindi ipotizzare un intervento che partendo dall’analisi concreta, individui campi specifici di ricomposizione di classe, che agiscano non unicamente nella città di Bologna (quella circoscritta ai confini del Comune), ma sappiano irradiarsi su un territorio più vasto, quello stesso che oggi inizia ad avere caratteristiche metropolitane.
Gli sviluppi futuri
Questo lavoro, come ricordavamo nell’introduzione è un primo passo verso un’inchiesta più generale sulle trasformazioni in atto a Bologna e nel territorio emiliano, in quanto la dimensione metropolitana in Emilia sta assumendo caratteristiche diverse rispetto alle grandi città come Milano, Roma, Torino, Napoli, muovendosi su un territorio più ampio, lungo l’asse della via Emilia, che va già ora via via fondendo e omologando le caratteristiche piccole città di provincia di un tempo.
Le modificazioni urbane, produttive e sociali della città e del territorio regionale, subiranno inoltre delle accelerazioni o decelerazioni rispetto agli attuali processi di crisi economica in atto.
Se assistiamo ad un piano del capitale disomogeneo, siamo tuttavia lontani dall’individuare compiutamente un piano d’azione per la classe, i livelli di sperimentazione oggi messi in campo, rispecchiano le difficoltà con cui la soggettività politica cerca di darsi una strategia dentro la classe, che le permetta di avere un orizzonte più vasto della mera difesa della memoria di un tempo o di una ancor più deleteria fuga verso “nicchie di resistenza”, abdicando alla lotta di classe, e quindi alla possibile trasformazione della società nel suo complesso.
CREDITS
Immagine in evidenza: Bologna, via Indipendenza
Autore: Ubaldo Bitumi, 4 agosto 2019
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