Comitato Precari e Disoccupati di Livorno in Contropiano Anno 2 n° 2 – 8 marzo 1994
Privatizzazione dei servizi, lavoro nero e contratti di formazione lavoro rappresentano oggi le uniche “soluzioni” avanzate per affrontare una crisi occupazionale pesantissima. La flessibilità richiesta dai padroni privati e “pubblici”, trova la piena complicità di CGIL, CISL e UIL.
Il Comitato Precari e Disoccupati di Livorno ci ha inviato una ampia documentazione sulla sua esperienza di lotta in una regione dalla apparente “pace sociale” come la Toscana. Ne pubblichiamo una scheda
.
Il Comitato Precari e Disoccupati, nasce nel Marzo ’92 dopo che il Comune, dando seguito ad un accordo stipulato con le organizzazioni sindacali nell’agosto ’91 stabiliva la privatizzazione di alcuni servizi pubblici, tra i quali le pulizie di 10 scuole elementari. Un gruppo di precari e disoccupati ha deciso quindi di costituirsi in Comitato e di organizzare una mobilitazione al fine di opporsi alle decisioni del Comune e denunciare alla città quanto stava accadendo.
Nonostante che il Comitato non abbia voluto alcun tipo di “sponsorizzazione” e sia completamente autofinanziato e autogestito, ha organizzato assemblee, volantinaggi, raccolte di firme, manifestazioni.
Le attività del Comitato hanno avuto il merito di mantenere viva l’attenzione della città su problemi estremamente scottanti come le privatizzazioni e i metodi con cui vengono gestiti gli appalti (fare a ribasso, lavoro nero, sfruttamento della manodopera ecc.)…
Il problema principale che il Comitato ha dovuto affrontare è stato il “muro di gomma” rappresentato dalle forze istituzionali (partiti e sindacali).
Riguardo ai partiti, bisogna denunciare che, eccetto il voto contrario nel Consiglio Comunale del 30 giugno ’92 dei Verdi e Rifondazione, tutti gli altri si sono dimostrati favorevoli alle privatizzazioni, allineandosi alle scelte dell’amministrazione comunale.
Riguardo ai sindacati, CISL UIL si sono elegantemente tirate fuori dalla questione facendo finta che il problema non esistesse, fiancheggiando di fatto la posizione dei partiti favorevoli alla privatizzazione. Più ambigua, invece, la posizione della CGIL che all’inizio ha cercato di cavalcare la protesta sperando di recuperarla facendo proposte assurde, come ad esempio la promessa di recuperare occupazione attraverso una fantomatica assistenza alla persona, oppure attraverso il reinvestimento dei risparmi ottenuti con le privatizzazioni.
In seguito la CGIL si è limitata ad alcuni oscuri interventi sulla stampa a cui non ha fatto seguire nessun tipo di iniziativa concreta di lotta sull’argomento, rifiutandosi altresì di rispondere alla richiesta di incontro rinnovata anche recentemente dal Comitato.
In definitiva, tutte le lotte del Comitato dimostrano che viviamo in una democrazia solo formale e che tutti coloro i quali non si muovono in una logica istituzionale (all’interno di un partito o di un sindacato) vengono marginalizzati.
Ma la lotta del Comitato ha dimostrato anche, a nostro parere, che solo unendo le forze, i disoccupati, precari, lavoratori, non delegando ma partecipando in prima persona e non accettando compromessi, possono difendere i loro interessi e sperare di ottenere quello che nessun altro potrà dare loro.
Concludiamo ricordando la piattaforma elaborata dal Comitato per la discussione con l’Amministrazione comunale e i sindacati:
- Richiesta al Comune di relazionare sui risultati del primo periodo di privatizzazione, riguardo la quantità e la qualità del servizio ottenuto;
- Richiesta al Comune di inserire nei bandi per gli appalti la clausola, obbligatoria, di assumere tramite l’ordine di graduatoria dalle liste di collocamento.
- Richiesta al Comune di chiarire l’uso dei contratti a formazione professionale ai bassi livelli in modo da evitare che l’uso di tali contratti mascheri lo sfruttamento dei lavoratori;
- Richiesta alle pubbliche amministrazioni tutte, affinché i corsi di riqualificazione professionale, rivolti al personale interno, vengano estesi a tutti i disoccupati.