Angelo Fascetti in Contropiano Anno 2 n° 2 – 8 marzo 1994
Roma, 10 gennaio 1994, ore 6.30, la polizia e i carabinieri prendono d’assalto i senza casa che da oltre tre mesi occupano i 500 appartamenti dell’INPDAP tenuti sfitti per oltre due anni. Non è una normale operazione di sgombero. Il Prefetto e il Questore di Roma vogliono dare una sonora lezione a uomini, donne e bambini, anziani, handicappati, che con la loro azione di lotta chiedevano la soluzione ai loro problemi e un piano cittadino per affrontare l’emergenza casa attraverso l’utilizzo delle case sfitte, a partire da quelle degli enti pubblici, gestite in modo discrezionale e clientelare. Così, insieme a circa 800 uomini in divisa trasportati dai soliti mezzi blindati, sono arrivati un mezzo anfibio e una “squadra speciale” di agenti in borghese con passamontagna, caschi e manganelli. Come in una scena di guerra, il pesante mezzo anfibio veniva lanciato contro gli uomini seduti sulla scalinata, che facevano resistenza passiva. Contemporaneamente entravano in azione le “teste di cuoio” le quali si scagliavano, con feroce violenza, contro le donne e i bambini barricati nei terrazzi, al nono piano dell’immenso edificio. Sono stati tutti brutalmente picchiati, una donna incinta è stata spogliata. Scene di repressione tipiche dei regimi sudamericani.
Alla fine si contano 24 feriti, tutti dalla parte degli occupanti. Il più grave, operato d’urgenza per l’asportazione della milza, è stato investito proprio dal mezzo anfibio. Tutte le famiglie sono determinate a continuare la lotta e danno vita ad una baraccopoli sotto il palazzone semicircolare dell’INPDAP.
Mentre tutte le forze politiche, la vicina parrocchia, la Caritas, i centri sociali, prendevano posizione contro l’intervento violento delle forze dell’ordine, il neo Sindaco progressista Rutelli si dichiarava d’accordo con lo sgombero di via del Tintoretto, pur denunciandone le modalità, perché necessario a ripristinare la legalità. Quale legalità? Quella di chi tiene le case sfitte, di chi sfrutta, degli Enti pubblici che gestiscono le case in modo clientelare (chiedendo anche tangenti fino a 30 milioni per l’assegnazione di un alloggio), contro quella di chi, senza casa, lotta per i propri diritti – anche con forme di occupazione delle case sfitte perché sfrattato o costretto a vivere da molti anni in scuole in disuso, negli invivibili residence (regalando 32 miliardi l’anno agli speculatori Rebecchini, Mezzaronia, ecc.), in nuove baraccopoli, in case malsane, in coabitazione.
Ma proprio la cronaca di questi fatti deve farci riflettere sulla situazione della questione abitativa in Italia e sulle prospettive.
La politica della casa in questi ultimi anni è stata caratterizzata da una costante tendenza alla deregulation. Si è dato fiato alle trombe della rendita parassitaria. In questo senso sono andati i provvedimenti del governo Arnato nel 1992 che di fatto, attraverso i patti in deroga – proposti e sostenuti dal pidiessino Chicco Testa – ha abolito la legge dell’equo canone.
Centinaia di migliaia di famiglie italiane, sotto il ricatto delle sfratto, hanno così solo due alternative: o pagare canoni insostenibili o aspettare l’arrivo della forza pubblica. Nel settore pubblico le cose non sono andate meglio: è stata avviata una manovra che sta portando alla sua privatizzazione sfrenata. Questo è il significato dei provvedimenti contenuti nella finanziaria 1994, riguardanti l’edilizia pubblica, approvati dal governo del ‘progressista’ Ciampi. Mentre, da una parte non esiste una politica di sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica (in Italia solo il 5% degli alloggi sono di tipo sociale, contro il 18% della Francia, il 23% dell’Inghilterra, il 43% del Belgio, ecc.), dall’altra si sta tentando di vendere l’esistente – per risanare anni di malgoverno degli enti che gestiscono questo settore (IACP e Comuni) – e di aumentare i canoni per mezzo dell’introduzione dell’equo canone. Saranno colpiti ancora i settori più deboli della nostra società, creando nuove sacche di disagio e nuove povertà.
Con la manifestazione del 13 marzo 1993 a Roma le strutture di base degli inquilini hanno dimostrato di avere la forza e la maturità per opporsi a questa politica sventurata. È necessario riprendere una forte iniziativa di lotta a livello nazionale, sulla piattaforma della Consulta, per fermare questi progetti e per imporre l’affermazione del diritto alla casa per tutti i lavoratori, per gli anziani, i giovani, gli immigrati. Dobbiamo uscire dalla morsa della politica antisociale e liberista che ci stringe tra la destra berlusconiana e i ‘progressisti’ governisti sostenitori di Ciampi.