in Contropiano Anno 2 n° 2 – 8 marzo 1994
Con una decisione che ha colto molti di sorpresa, il nuovo parlamento russo ha deciso di concedere l’amnistia per i prigionieri politici del colpo eltsiniano dell’ottobre ’93 e per gli imputati dei fatti dell’agosto ’91 già a piede libero. Sono dunque tornati in libertà l’ex presidente del parlamento Kasbulatov, l’ex vicepresidente della Russia Rutzkhoi, ma anche il compagno Viktor Ampilov, dirigente del Partito Comunista Operaio di Russia, ed altri esponenti politici dell’opposizione a Eltsin.
Nei giorni precedenti a questa decisione, avevamo sentito Elena Lvova, avvocato difensore di Ampilov, che appariva piuttosto preoccupata della vigilia del processo. L’amnistia decisa dal parlamento ha colto di sorpresa anche lei. Questo dato conferma che la situazione politica in Russia è in grande movimento.
Eltsin aveva bombardato il vecchio parlamento per ridurlo all’obbedienza, ma quello nuovo ha riproposto, e con maggior forza, la stessa contraddizione.
I tentativi di imporre con la forza l’economia capitalistica ad un paese che in settanta anni – pur con limiti e contraddizioni profonde – aveva costruito una economia e dei rapporti sociali diversi e alternativi al modello capitalista, si stanno rivelando un fallimento.
Le politiche del Fondo Monetario Internazionale si sono ritorte come un boomerang contro la “stabilità” economica desiderata dal capitale finanziario internazionale.
Il nuovo ruolo della Russia nello scenario balcanico e mondiale; il processo di rafforzamento delle relazioni economiche e politiche tra le repubbliche che componevano la ex URSS; la sostanziale tenuta delle organizzazioni comuniste in Russia, dimostrano tutta la fallacità di chi aveva ritenuto che la storia fosse “finita” nel 1989 o nel 1991. Le contraddizioni di fondo tornano in primo piano e la lotta di classe prosegue.
La scarcerazione del compagno Viktor Ampilov e la sua restituzione ai compagni e alla lotta politica non è solo un risultato incoraggiante della mobilitazione internazionale per la sua liberazione (iniziative in tal senso erano sorte in Italia, Belgio, Spagna, Inghilterra, Brasile , Siria), ma segna un rafforzamento indispensabile del ruolo che potranno svolgere i comunisti russi nella prossima fase. Il 28 febbraio siamo riusciti a realizzare questa intervista con lui.
Qui in Italia molti compagni sono stati molto sorpresi della tua liberazione. Le notizie che avevamo ricevuto erano piuttosto negative. Come ti senti adesso?
Innanzitutto voglio inviare i miei ringraziamenti a tutti i compagni e agli amici di Roma, Milano, Bologna, Torino che ho incontrato questa estate quando sono venuto per il Meeting Internazionale per la Pace e la Solidarietà tra i Popoli a Roma. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la mia liberazione dando vita ai comitati per la mia difesa e per la difesa della vera democrazia in Russia.
Oggi i giornali pubblicano una tua foto mentre stai facendo un comizio appena 24 ore dopo la tua scarcerazione. Hai già ripreso l’attività politica?
La manifestazione di Domenica (27 febbraio, NdR) era già stata stabilita e non era relativa alla mia scarcerazione. Tutte le domeniche, vicino all’entrata del Teatro Bolshoi c’è un monumento a Karl Marx dove i comunisti si riuniscono per discutere la situazione politica del paese. Domenica c’erano circa 1.500 persone. In questo comizio ho detto che, certo, noi non vogliamo la guerra in Russia, che adesso si fa molta propaganda intorno al fatto che questa amnistia va a creare la guerra civile, ma questa è una menzogna del regime. Noi non facciamo la guerra civile, la guerra civile la provocano la fame, la disoccupazione, l’impoverimento di milioni di persone e l’arricchimento di pochi, la prostituzione nelle strade e i ragazzini abbandonati, questo provoca la guerra civile. Noi non vogliamo la guerra – ho ripetuto ieri – però non possiamo accettare di vivere in questo modo, senza difendere i nostri diritti e per avere una vita decente. Con il carcere o senza il carcere, voglio dire che l’opzione del popolo fu quella socialista realizzata nel 1917. Tornare al capitalismo – questo sì – vuole dire guerra civile.
Questa amnistia decisa dal nuovo Parlamento è stata una decisione umanitaria, giudiziaria o politica?
Ci sono motivazioni umanitarie da parte del Parlamento, ma ci sono anche ragioni politiche perché le indagini sul nostro caso sono cessate, perché non vogliono indagare sulle cause degli avvenimenti dell’ottobre scorso, tra cui l’ordinanza n.1400 del presidente Eltsin contro la Costituzione vigente o l’impeachment chiesto dal Parlamento contro il Presidente. Su queste cause non ci sono state indagini e i colpevoli sono liberi, mentre le persone la cui colpa non è stata provata si trovavano in carcere. Questa situazione avrebbe portato alla pace? Credo di no!
Noi abbiamo accettato l’amnistia, siamo innocenti e io mi ritengo innocente, ma c’è un elemento politico dietro questa decisione dell’amnistia. Questo momento politico è poi particolare. La radio nazionale ha annunciato che tra poche ore Eltsin terrà un discorso sulla democrazia nel paese. Cosa significa questo? Che mi metteranno di nuovo in carcere? In realtà, in questa fase, l’iniziativa politica è nelle mani del Parlamento russo.
Ma adesso i poteri di Eltsin sono più forti o più deboli di quelli di cui disponeva prima?
La Costituzione approvata a Dicembre dà ad Eltsin dei poteri enormi, ma la situazione economica e sociale del paese è molto peggiore di quella dell’ottobre ’93. Per queste ragioni, egli non può affrontare in modo efficace la situazione economica, non può uscire dall’abisso in cui è caduto per sua stessa responsabilità. Per queste ragioni sta cercando delle scuse per il fatto che avrebbe “poco potere” ecc.
In realtà, dispone di più poteri di quanti ne abbiano avuti gli zar della Russia. È la situazione ad essere molto pericolosa per Eltsin.