in Contropiano Anno 2 n° 1 – 20 gennaio 1994
Il “polo progressista” porta i lavoratori e la sinistra a una sconfitta con gravi conseguenze sul piano sociale e politico. Le illusioni sono pericolose. Rifondazione Comunista al bivio.
La Seconda Repubblica che sta nascendo sulla putrefazione del vecchio sistema di potere, il “nuovo che avanza”, purtroppo, porta, un forte segno autoritario, liberista e darwinista (in senso sociale). Era inevitabile? In un certo senso sì! La trappola secondo cui “il nuovo è progressista e chi vi si oppone è conservatore” ha funzionato anche in Italia ed ha goduto del consenso un po’ velleitario quanto suicida di buona parte della sinistra italiana. PDS, Verdi e Rete – cioè il nascente “polo progressisti” – hanno contribuito a creare le condizioni affinché le istanze di cambiamento politico del paese coincidessero sempre più con quel sentimento vendicativo verso il vecchio sistema politico, elettorale, economico, gestito dalla destra. Il sistema elettorale maggioritario ha indubbiamente accelerato questo processo.
Nel numero di Maggio di Contropiano indicavamo nell’asse Segni-Pannella l’elemento su cui la destra avrebbe costruito il suo progetto di potere e la sua espressione politica. Ma entrambi hanno goduto di appoggi, ammiccamenti e complicità proprio da parte delle forze della “sinistra” oggi impegnate a dare vita al polo progressista. Ma se Pannella e Segni hanno camminato appoggiandosi anche alle stampelle offertegli dal PDS e dai “progressisti”, le altre forze reazionarie come la Lega e il MSI hanno tratto enormi vantaggi dalla scelta moderata delle forze del polo progressista: oggi sono queste forze quelle capaci di raccogliere il malessere popolare e di offrirlo come base di massa al progetto reazionario della destra e alla nascita della Seconda repubblica.
È probabile che questa chiave di lettura faccia inorridire o irritare i sostenitori delle potenzialità del polo progressista. L’alternanza al governo, anche se non corrisponde più all’alternativa politica che la sinistra avrebbe dovuto rappresentare, è per essi la garanzia di una possibilità di cambiamento che solo un sistema elettorale maggioritario poteva assicurare. Inoltre, potrebbero aggiungere i risultati ottenuti nelle elezioni comunali di Roma, Napoli, Genova, Venezia, Trieste come verifica delle credibilità delle forze progressiste come prospettiva di governo del paese. Infine, vorrebbero terrorizzarci con l’immagine di una sinistra divisa che non sa cogliere le occasioni che gli vengono presentate dalla “nuova realtà” e che condannerebbe una sinistra di classe all’emarginazione politica ed elettorale.
Sono argomenti che certo hanno una loro logica e che meritano contestazioni realistiche e credibili. Andare al governo rappresenta per il PDS (ma anche per i Verdi) non solo una aspirazione legittima, ma per molti è l’unica prospettiva di sopravvivenza politica oltre che materiale. Tant’è che il PDS ha cominciato ad operare come “forza di governo” anche stando solo nell’anticamera di Palazzo Chigi. Ecco dunque il sostegno alla Legge Finanziaria di Ciampi; l’appoggio alla privatizzazione della scuola pubblica (nonostante un movimento di massa degli studenti che vi si oppone con estrema decisione); il consenso al processo di privatizzazioni delle banche e delle imprese pubbliche. Last but not least, gli economisti vicini al PDS, senza che nessuno li avesse interpellati, sono insorti contro le acute proposte berlusconiane e leghiste sulla riduzione delle tasse statali difendendo un sistema fiscale abnorme, iniquo e coercitivo come quello in vigore nel nostro paese. La demagogia di Berlusconi e di Bossi è evidente ma rischia di essere assai più efficace delle posizioni di chi vuole essere “più realista del re” su una materia spinosa, contraddittoria e decisiva come quella fiscale.
Un’altra osservazione conseguente a questa sindrome da “governismo” che attanaglia il PDS e il polo progressista, è la straordinaria capacità di assimilare tutto il peggio della cultura di governo.
Ad esempio, la privatizzazione delle banche pubbliche e dei servizi strategici andrebbe bloccata per potere avere almeno alcuni strumenti di pressione e ricatto verso la finanza e l’impresa private. Un governo senza strumenti capaci di modificare le scelte strutturali dell’economia avrebbe la vita difficile nei confronti della società (in cui la destra cavalcherebbe l’opposizione con meno reticenza della sinistra riformista) e scarsissimi poteri verso i centri decisionali del mondo economico e finanziario.
L’ILLUSORIETÀ DEI RISULTATI ELETTORALI DI DICEMBRE
Nel delirio governista a cui stiamo assistendo, risiedono anche le illusioni e le mistificazioni alimentate dalla “vittoria dei candidati progressisti” nei ballottaggi delle elezioni comunali di Dicembre.
L’idea che queste abbiano segnato una svolta e possano avere un effetto di trascinamento anche nelle elezioni politiche, appare del tutto sballata per diverse ragioni. Le elezioni politiche esprimono in quanto tali un indirizzo politico complessivo e non locale/amministrativo.
I candidati progressisti presentati come sindaci (Rutelli, Bassolino, Sanza, Illy, Cacciari) sarebbero obiettivamente improponibili come opzione politica generale della sinistra in Italia.
Il voto antifascista o antileghista che ha sostenuto Rutelli, Bassolino, Sanza ecc., non è riproponibile all’infinito, soprattutto se gli avversari saranno esponenti di un blocco liberaldemocratico non troppo dissimile dal polo progressista. L’astensionismo e i voti di sinistra che, votando antifascista, hanno fatto vincere Rutelli e Bassolino, non sarebbero più disponibili né accetterebbero di essere solo una massa di manovra elettorale.
A livello più ampio, la cosiddetta “società civile” non risentirà più della forte polarizzazione con cui si è andati ai ballottaggi di Dicembre.
La sinistra di classe ha il diritto/dovere di esprimersi politicamente ed autonomamente per impedire da un lato che sia la destra a svolgere il ruolo dell’opposizione ed a cavalcare i conflitti sociali, dall’altro di consegnare la rappresentanza politica della sinistra solo ad un ibrido blocco genericamente progressista e liberaldemocratico.
RIFONDAZIONE COMUNISTA AL BIVIO
In questo quadro, le ambiguità sui rapporti con i “progressisti” con cui il gruppo dirigente di Rifondazione Comunista sta gestendo questa fase, vanno spezzate al più presto facendo emergere un progetto politico alternativo ed autonomo della sinistra di classe dal polo progressista.
Ma per avviare questo processo, occorre individuare per tempo le ambiguità e incertezze che rendono “certi ricatti” pesanti come macigni. Ma non c’è solo il PDS o i professori di Alleanza Democratica ad esercitare queste pressioni e questi ricatti, anche dentro Rifondazione molti dirigenti stanno forzando l’orientamento maggioritario dei compagni per rendere l’alleanza con PDS, Verdi, Rete, PSI un fatto ormai compiuto.
Il ruolo della Convenzione per l’Alternativa si va ormai configurando come quello di una lobby. Fondata sul ceto politico e priva di basi di massa, animata da Ingrao, dal Manifesto e da alcuni dirigenti di Rifondazione Comunista (Magri, Castellina, Garavini ma anche Cossutta), questa lobby ha l’obiettivo di liquidare l’autonomia dei comunisti; di mantenerne una parvenza per garantirsi un solido serbatoio elettorale e organizzativo ed evitare dispersioni di voto; di ricondurre una Rifondazione Comunista logorata e disgregata dentro ad un polo politico egemonizzato dal PDS e dal riformismo.
Esiste poi la preoccupazione di un’ampia area di compagni di Rifondazione Comunista di vedersi emarginati dalla rappresentanza istituzionale a causa del nuovo sistema elettorale. E’ una preoccupazione che va affrontata e discussa a fondo. L’elettoralismo è un errore profondamente radicato dentro Rifondazione che non sarà facile rimuovere ma che è necessario risolvere per rendere l’autonomia dei comunisti un elemento reale di cultura politica e strategia e non solo una enunciazione di principio. Inoltre, è necessario prendere atto che un certo patrimonio politico/elettorale ereditato dal PCI e dal movimento di classe nei decenni scorsi si va consumando e non sarà più possibile vivere di rendita;
Infine, l’esistenza di due sinistre ben definite e distinte tra loro appare necessaria ed anzi più credibile e necessaria di una fittizia e squilibrata unità.
Confondere il ruolo della sinistra di classe e di opposizione con quello di un “polo progressista” ormai sovraeccitato dal governismo sarebbe controproducente per le prospettive stesse della sinistra in Italia.
Occorre mantenere separate queste due opzioni, dialettizzarle quando è necessario (vedi il voto antifascista) ma senza far coincidere strategie né alleanze politiche e sociali.
Dunque, è all’esistenza e al consolidamento di due sinistre, ma soprattutto di un’aggregazione della sinistra di classe autonoma, capace di dotarsi di strumenti organizzativi propri e di un forte radicamento sociale, che occorre lavorare nei prossimi mesi.
Le scorciatoie elettoralistiche e l’annessione al polo progressista avrebbero effetti devastanti per il futuro dei rapporti sociali nel paese e per la stessa sinistra.
Non solo perché la divaricazione con la società e le sue contraddizioni aumenterebbe regalando alla destra spazi sociali e politici enormi, ma anche perché il “governismo” del polo progressista e del PDS appare, oggi più che ieri, una pericolosissima illusione che non ha alcuna base di aderenza alla realtà del nostro paese e della fase storica.
È la “nemesi” sul ruolo storico del riformismo e delle sue nefaste conseguenze che si ripresenta drammaticamente. Ma questo è un dibattito che dobbiamo riaprire.
E presto.