Editoriale di Contropiano Anno 1 n° 3 – 22 settembre 1993
L’apertura del nuovo “anno politico” conferma, già dai primi dati, le tendenze che si sono espresse negli ultimi periodi e le radicalizza.
La finanziaria di Ciampi, l’attuazione dell’accordo del 3 luglio, l’aggravarsi repentino della disoccupazione, il riemergere drammatico della questione meridionale con i fatti di Crotone dimostrano che l’attuale recessione non è un fatto congiunturale ma strutturale che coinvolge l’Italia e tutte le economie capitaliste.
Quello che si sta mettendo in moto è, probabilmente, una tendenza che invertirà definitivamente proporzioni nella cosiddetta società dei 2/3 da una maggioranza di “benestanti” ad una invece caratterizzata dal degrado sociale, dalla precarietà del lavoro, dai bassi salari, dalla perdita dei diritti sociali.
Quanto questo meccanismo fosse forte e devastante lo hanno ben compreso coloro, da Segni alla Confindustria, che da tempo hanno sponsorizzato e sostenuto le riforme elettorali.
A questi si sono aggregati sia il PDS che la CGIL, pronti, già da molto tempo, a divenire docili attrezzi del blocco sociale al potere nel nostro paese.
Allora la legge elettorale maggioritaria, i consigli comunali, provinciali, regionali subordinati agli esecutivi sono i mezzi con i quali una minoranza della società, forte però di tutti gli strumenti di controllo sociale, si appresta a governare contro una maggioranza divisa, disgregata ed incapace di opporsi.
Questa radicalità progettuale della nostra borghesia non solo annulla e assorbe il PDS e la CGIL ma ha anche una ricaduta nella cosiddetta sinistra alternativa. Infatti i progetti che ci propongono Ingrao, con il non meglio precisato polo formativo-informativo, Bertinotti, con la pervicace convinzione di non uscire mai dalla CGIL, Cossutta, che riscopre il rapporto con il PDS, sembrano non avere coscienza che la rottura sociale, e dunque politica, avviene proprio a cavallo delle loro ipotesi politiche. Se dunque vogliamo pensare ad una politica è proprio su questa frattura, che ha le caratteristiche dello scontro di classe, che dobbiamo ragionare, sulla sua direzione, sulla sua profondità, sulla sua radicalità non condizionabile né da mediazioni né da tentativi politicisti.
Allora è indispensabile individuare i punti centrali della riflessione e del confronto che hanno una valenza strategica.
La prima questione riguarda sicuramente i comunisti. Dopo la dipartita verso il PDS ed il centro dei Verdi, e prevedendo quella ormai prossima della Rete, lo spazio a sinistra è di fatto ricoperto solo dai comunisti provenienti dalle ceneri del PCI e dai resti del movimento degli anni ’70.
Insomma comunisti democratici, comunisti delle varie anime di Rifondazione, ecc.
Conosciamo bene gli schieramenti, le tattiche, e gli interessi immediati, quello che non conosciamo affatto sono le analisi, i contenuti, le scelte strategiche.
Solo dando la priorità a queste cose si può ricostruire, con il tempo, un punto di vista comunista forte. La questione sindacale e l’opposizione sociale organizzata è un altro elemento fondamentale.
Stare fuori dal sindacato e organizzare l’autonomia dei lavoratori è necessario, non perché nel sindacato non c’è più “democrazia” ma perché anche la CGIL è divenuta definitivamente un’appendice del potere.
Dire questo non può bastare se non affianchiamo alle giuste dichiarazioni una progettualità alternativa e reale.
Infine la questione di una nuova rappresentanza politica dei lavoratori e dei più ampi settori di classe che rompa con la storia della sinistra, e del PCI, di questo ultimo quindicennio. La neocostituita “Convenzione della sinistra” in cui ci sono tutti i gruppi politici significativi non ci sembra, onestamente, il modo giusto per rispondere ad una esigenza che coinvolge, e coinvolgerà sempre più, ampi settori di lavoratori.
Questa Convenzione ci sembra più una somma di debolezze del ceto politico nostrano piuttosto che un progetto per la sinistra.
Quello che pensiamo vada fatto invece è la ricostruzione di una rappresentanza strettamente collegata ai settori di classe fuori dal politicismo attuale che ridia forza contro gli attacchi brutali ai diritti, allo stato sociale, alla democrazia conquistata in decenni di lotte.
Questo è il tipo di dibattito che CONTROPIANO intende aprire sulle proprie pagine nei prossimi mesi con i contributi di tutti i compagni che ritengono opportuno parteciparvi al di là delle proprie collocazioni e appartenenze organizzative.