Frei Betto intervista Lula
in Contropiano Anno 1 n° 3 – 22 settembre 1993
Nel 4° Foro de Sao Paulo è stata presentata la rivista “America Libre”. È una rivista continentale della sinistra. La Direzione è in Brasile; la redazione in Argentina; la stampa in Cile. A presentare questa pubblicazione (alla quale partecipano dirigenti politici, intellettuali, personalità di tutta l’America Latina) è stato Frei Betto. Il giovanile teologo della liberazione è il direttore di “America Libre”. Nell’ultimo numero ha intervistato Luis Inácio da Silva, ‘Lula”. Riproduciamo alcune parti di questo documento che riassume la natura del Partito do Trabadajores del Brasile e il carattere della sua politica. È di estremo interesse anche se alcuni discorsi li abbiamo già sentiti qui in Italia e non hanno portato molto lontano la sinistra.
Il Partito do trabajadores è il primo partito di sinistra in America Latina che, per la via istituzionale, può giungere al potere ed è in condizioni di contendere la Presidenza della Repubblica. Perché i partiti della sinistra che esistono nella tradizione Latinoamericana, come i partiti comunisti, non hanno raggiunto questo obiettivo?
Ciò è dovuto a una certa concezione del partito. Per molto tempo in America Latina ha predominato una concezione del partito di quadri e non di massa. Il PT è, in Brasile e nel continente, il primo partito che sorge con l’obiettivo di costituirsi come partito di massa con la visione che l’avanguardia delle masse sono le masse stesse e non mezza dozzina di illuminati.
La sinistra in America latina non ha mai saputo lavorare, ad esempio, sulla questione religiosa. Il PT è nato con una gran parte del movimento religioso, ossia delle comunità di base e dei settori progressisti della Chiesa, di preti e suore progressisti.
Abbiamo così aperto un ventaglio di convivenza nella società che fino ad allora la sinistra non aveva assimilato. Oggi la sinistra in America Latina tende ad apprendere – come accade in Nicaragua con il Fronte Sandinista e a livello mondiale – che la società non è composta solo dalla sinistra ma da molta più gente. Dobbiamo stabilire una convivenza tra noi per costituire un’alternativa di potere, creando le possibilità affinché i paesi abbiano governi democratici e popolari.
Il Brasile è il paese con il maggiore indice di miseria in America Latina e, senza dubbio, uno dei pochi paesi dove non ci sono movimenti che propongono la lotta armata. Voi pensate che il PT ha abbandonato il suo obiettivo originale socialista e si è convertito in socialdemocratico oppure rimane un partito potenzialmente rivoluzionario e socialista?
La maggioranza dei nostri militanti continua a ritenere che il socialismo sia la cosa più importante per l’umanità. Pretendiamo di definire nel tempo, attraverso la discussione, che tipo di socialismo vogliamo per il Brasile. Indubbiamente il PT distingue quello che è il suo progetto strategico, la sua utopia e il suo programma di governo.
Stiamo concorrendo nelle elezioni per la presidenza della Repubblica ed elaborando un programma di governo da realizzare in cinque anni. Tale programma, ovviamente, non può essere il nostro sogno né la nostra utopia. È elaborato su basi concrete, tenendo conto di quello che è possibile realizzare con un mandato popolare di cinque anni e che dovrà scontrarsi con problemi enormi. In Brasile, se risolveremo i problemi dell’alimentazione, della salute e dell’educazione, avremo già fatto una rivoluzione. Pertanto, il Partito continua ad essere socialista, però è preparato per distinguere il suo programma strategico dal suo programma di governo, così come la proposta di lungo periodo da quella immediata. Il PT è dentro un percorso corretto. Altri partiti di sinistra in America Latina devono evitare confusioni come quella di trasformare questioni politiche in questioni ideologiche, il che provoca divisioni all’interno della sinistra.
Quale lezione ha tratto il PT dalla lezione del Nicaragua?
Il Nicaragua è molto importante per la sinistra e per il PT. Il Fronte Sandinista ci insegna la convivenza nel pluralismo e il come arrivare al potere senza commettere alcun gesto di autoritarismo. I sandinisti hanno compreso, in dieci anni di governo, che nessun paese al mondo trova da solo le soluzioni ai suoi problemi. L’economia oggi è molto interdipendente. Il PT ha appreso dai sandinisti che è necessario non solo avere una grande organizzazione di base e democratizzarne al massimo le sue relazioni, ma anche stabilire relazioni internazionali con molta più efficacia per ottenere quella solidarietà che molte volte è stata negata.
Ma è possibile cambiare il Brasile per la via istituzionale?
Credo di sì. Può non cambiare tutto, però nel momento in cui si hanno un gran numero di sindaci, deputati, consiglieri e governatori impegnati con il popolo, si avranno avanzamenti sostanziali nell’area dell’educazione, della salute, del lavoro, nella questione salariale. Si può non costruire il socialismo per la via istituzionale, però non ci sono dubbi che sarebbe un passo gigantesco per migliorare la qualità di vita del popolo.
Se la Convenzione del PT di quest’anno decide che tu sarai il candidato del Partito alla Presidenza nel 1994 perché il prossimo anno avresti migliori chances che nel 1989?
Ci sono migliori chances perché siamo più maturi. C’è una maggiore accettazione dell’elettorato verso il PT ed anche un minor rifiuto di quello che c’era nel 1989. Oggi siamo più preparati per governare il paese. Abbiamo le condizioni per vincere le elezioni del 1994. Dobbiamo fare una buona alleanza politica per non essere vittima di nessun atteggiamento settario nel nostro partito.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, che ha suscitato una riflessione nella sinistra Latinoamericana, e di fronte agli insuccessi di molte proposte politiche della sinistra in America Latina, molti militanti sono venuti in Brasile come se volessero portare nel loro paese il modello del PT? Ma il PT è un partito solo brasiliano o è essenzialmente latinoamericano? Quale può essere il contributo del PT per i vari paesi dell’America Latina?
Non credo che il PT sia un modello per l’America Latina. Ogni paese deve trovare il suo modello a partire dalla sua esperienza, dalla sua cultura politica e dalle organizzazioni dei lavoratori. Il PT è un modello buono per il Brasile ma non so se sarebbe buono per altri paesi. Il nostro partito ha una cosa che può aiutare i nostri compagni della sinistra latinoamericana: la convivenza nella diversità, la convivenza democratica tra correnti politiche con punti di vista diversi, tra cristiani e tra marxisti e non marxisti, tra persone altamente intellettualizzate e quelli che lavorano nei campi, piccoli e medi imprenditori e operai. Questa convivenza democratica, alcune volte conflittiva e convulsionata, è la grandezza del PT. Dopo 13 anni possiamo dire che costruiamo un partito con la P maiuscola perché, soprattutto, sappiamo avere pazienza, buon umore e convivere democraticamente dentro la diversità.