Editoriale in Contropiano Anno 18 n° 3 – 16 settembre 2010
Le valutazioni che abbiamo diffuso in questi giorni sulle prospettive indicate dalla Federazione della Sinistra nello scenario politico dei prossimi mesi, hanno suscitato reazioni opposte: consenso tra molte compagne e compagni che hanno in qualche modo metabolizzato la divaricazione tra loro e le esperienze delle forze che costituiscono la FdS; acrimonia e reazioni viscerali tra compagni non certo marginali del PRC che può essere ben sintetizzata con la categoria dei “pirla” rivolta dal compagno Ferrero verso i compagni che non condividono o non “comprendono” l’alleanza democratica indicata dalla FdS con il PD in funzione antiberlusconiana. Non solo. Abbiamo risentito inefficaci ragionamenti del passato e una personalizzazione delle accuse che nega qualsiasi dimensione politica del confronto.
L’incidente di percorso dell’articolo sul Corriere della Sera e la conseguente smentita dei portavoce della Federazione della Sinistra su un possibile passaggio in carico di alcuni candidati della FdS in quota Ulivo, ha diradato un polverone, ma non ha affatto sciolto il nocciolo di fondo della questione: la sinistra anticapitalista ha un futuro e una funzione nel nostro paese se non riesce a immaginare il suo spazio politico in modo indipendente dall’alleanza – per forza di cose subalterna – con il Partito Democratico e la possibile coalizione antiberlusconiana?
Al contrario, i portavoce della FdS hanno confermato che la collocazione di questa esperienza sarà dentro l’alleanza con il PD e con tutte le forze disposte a sostituire il governo Berlusconi con un altro esecutivo. I portavoce della FdS hanno ripetutamente sostenuto che sarà solo un’alleanza elettorale e che non prevede una partecipazione all’eventuale nuovo governo. Per questo motivo i candidati della FdS si limiteranno a presentarsi per la Camera (dove la maggioranza al governo viene assicurata dal premio previsto dal Porcellum) e non al Senato dove potrebbero rivelarsi invece decisivi per sostenere o far cadere la maggioranza del nuovo governo.
A ben vedere dunque l’articolo del Corriere ha seminato un bel po’ di veleno e di ipotesi smentite dai suoi protagonisti, ma rimane tuttora difficile liquidare la vicenda come scenario del tutto fantasioso.
La realtà infatti manda segnali piuttosto chiari:
- La legge elettorale attuale consente di vincere le elezioni solo se ci sono due grandi coalizioni, una delle quali accede anche per un solo voto in più al premio di maggioranza. Se qualcuno vuole battere il blocco berlusconiano deve quindi coalizzarsi e raccogliere più voti. Lo spostamento a destra dell’asse politico del paese, fa sì che questo venga ritenuto possibile solo “sottraendo voti” alla destra populista e trasferendoli al centro-destra moderato (Fini, Casini, Rutelli etc.) coalizzato con il centro-sinistra. E’ pensabile che questa operazione possa prevedere il simbolo della Federazione della Sinistra al fianco non solo del PD ma anche di partiti moderati e di destra? Se i portavoce della FdS si sentono e si dicono sicuri di questa possibilità buon per loro, ma il tasso di credibilità e praticabilità di questa ipotesi appare decisamente improbabile (oltre che – a nostro avviso -politicamente discutibile) anche tenendo conto della “tagliola” che sta preparando l’asse Vendola-Veltroni.
- Il dispiegarsi concreto della crisi economica e l’accentuazione della lotta di classe dei gruppi dominanti contro i settori sociali subalterni (lavoratori, precari, disoccupati, immigrati), continua a far saltare ogni tentativo di stabilizzazione del sistema da parte del blocco berlusconiano. La crisi e la rottura nella destra di governo, rivelano che dal punto di vista dei poteri forti Berlusconi è diventato “una tigre di carta” che va sostituita con una leadership più simile a Montezemolo che agli evasori fiscali della Padania, più obbediente al nascente governo europeo che alla pancia profonda dell’Italietta, più sintonizzato con le grandi banche che con i capitali extralegali. Berlusconi in questi anni è stato veramente la “variabile indipendente” che ha scombinato – in nome dei propri interessi personali e di un blocco sociale neo-borghese arretrato – il progetto di normalizzazione capitalistica del paese concepito nel 1992. Da questo punto di vista concentrare sulla caduta di Berlusconi tutto il conflitto sociale e la potenziale soggettività politica anticapitalista, significa dare una chiave di lettura parzialissima e arretrata della realtà e correre il rischio di “lavorare per il Re di Prussia” ripetendo ad libitum il vero errore fatto dalla sinistra negli ultimi 15 anni. Un errore che, ripetuto nel tempo, si è trasformato in deriva rovinosa per la sinistra non solo sul piano della rappresentanza istituzionale ma anche in relazione al tasso di autorevolezza politica nella società.
La Federazione della Sinistra sembra voler ripercorrere esattamente i passi e la logica che ha portato la sinistra alternativa di questo paese alla attuale crisi. E’ difficile smentire che i patti di desistenza, i rospi da ingoiare, l’Arcobaleno, il tatticismo elettorale, la cultura del meno peggio, la mediazione come presupposto e non come eventuale punto di arrivo di una battaglia, abbiano in questi anni evitato il peggio! Sono lì a certificarlo i sondaggi elettorali diffusi in questi giorni e che vedono i partiti della sinistra scomparire come opzione politica, ma soprattutto rendono evidente la difficoltà ad individuare una prospettiva politica che definisca una funzione reale e non residuale di una sinistra anticapitalista in questo paese.
L’insistenza con cui da quindici mesi la Rete dei Comunisti pone al centro del confronto – anche con la FdS – l’indipendenza politica e di classe come presupposto per un processo di ricomposizione e rappresentanza politica e sociale di una sinistra anticapitalista, non è una “pirlata” come ingenerosamente l’ha ritenuta il compagno Ferrero, ma è la proposta sulla quale abbiamo costruito sia il confronto con la Federazione della Sinistra sia il dibattito con le ormai numerose soggettivitù politiche e sociali che da questa si sono tenute alla larga o allontanate nel corso del tempo.
E’ un punto di vista e una concezione della politica che – come abbiamo affermato in numerose occasioni – comporta una rivoluzione culturale oltre che un atteggiamento attivo dentro il conflitto sociale, altrimenti lo scadenzario elettorale diventa l’unico orizzonte di sopravvivenza a tutto discapito della progettualità, dell’identità e di una visione complessiva del conflitto sociale in relazione alla crisi di sistema del capitalismo.
Rinnoviamo dunque l’invito al confronto già avanzato anche nei giorni scorsi con tutte le forze che si vanno dando come priorità la ricostruzione di una soggettività politica anticapitalista, inclusa – se realmente disponibile – la Federazione della Sinistra, rispetto a quella che abbiamo definito in questi anni la necessaria ed ora inderogabile costruzione della rappresentanza politica in questo paese dei lavoratori e dei settori sociali subalterni. Un impegno ed un obiettivo da consolidare… non solo per decidere come affrontare le eventuali elezioni, a partire da quelle già indette in alcune grandi aree metropolitane nel prossimo anno, ma soprattutto per definire come affrontare la realtà immanente e le conseguenze antisociali della crisi.