Capitolo X del quaderno “Il comunismo e il mondo arabo”
Una parabola completamente originale è quella del comunismo nelle colonie francesi del Maghreb. In effetti, la dialettica tra il PCF (Partito Comunista Francese), la sua sezione algerina[1] e il movimento nazionalista algerino fu controversa e problematica, come suggerisce già il fatto che fino al 1936 il Partito Comunista della colonia francese non fosse altro che un’estensione d’oltremare del partito francese.
Nel dicembre 1920 si tenne a Tours il XVIII Congresso nazionale della Sezione francese dell’Internazionale Operaia (SFIO). Questo incontro segnò di fatto la nascita di quello che nel febbraio 1922 sarebbe diventato il Partito Comunista Francese, con la formazione di una sezione francese della Terza Internazionale (SFIO). Le condizioni imposte dalla Terza Internazionale per il riconoscimento delle sezioni nazionali erano venti, tra cui l’impegno a «sostenere, non con le parole ma con i fatti, tutti i movimenti di emancipazione […], esigere l’espulsione degli imperialisti della metropoli dalle colonie».
I comunisti francesi arrivarono impreparati all’appuntamento con la Terza Internazionale nel 1920, eredi di uno dei primi partiti socialisti che all’alba della Prima guerra mondiale aveva votato per i crediti di guerra, voltando le spalle a Jean Jaurés, figura principale del socialismo francese, fortemente oppostosi alla guerra (e per questo ucciso a Parigi il 31 luglio 1914), nonché unica figura di spicco nel panorama francese che fino a quel momento aveva affrontato la questione coloniale. La presenza a Tours di un solo delegato proveniente dalle colonie, l’indocinese Nguyen Ai Quoc, era dimostrazione della pressoché inesistenza di un dibattito sulla questione anti-coloniale nella sinistra francese. L’assimilazione delle tesi dell’Internazionale da parte del PCF fu dunque un processo lungo e forse mai pienamente concluso, che comunque registrò i primi importanti passi avanti in occasione della guerra del Rif (1921-1926).
Fu la guerra del Rif, infatti, a offrire al giovane PCF un’opportunità per posizionarsi sul terreno dell’antimperialismo. Su esplicito impulso del Comintern, il partito decise di sostenere apertamente la lotta della colonia contro l’oppressore spagnolo, esaltando la figura di Abd El-Karim[2] . Fu fondato un Comitato d’Azione contro la guerra in Marocco, presieduto dal giovane Maurice Thorez[3] , e organizzate varie iniziative di protesta. Nell’ottobre 1925 venne proclamato uno “sciopero generale” contro la guerra del Rif, a cui seguì un’aspra repressione: a novembre furono arrestati 351 militanti, per lo più comunisti, di cui 57 furono condannati.
Un altro passaggio decisivo fu segnato dalla creazione, nel 1926[4] , dell’Étoile Nord-Africaine (ENA), nata all’interno della sezione nordafricana della Commissione Coloniale del PCF. Questa stessa sezione elaborò nel 1926 il programma presentato nel febbraio 1927 a Bruxelles, in occasione del Congresso della Lega contro l’Imperialismo e l’Oppressione Coloniale, durante il quale Messali Hadji pronunciò un celebre discorso in cui annunciò pubblicamente il programma e le rivendicazioni dell’ENA. Per la prima volta, in modo chiaro e programmatico, l’indipendenza fu posta al centro dell’agenda politica degli étoilistes.
Già nell’autunno del 1927, tuttavia, i rapporti tra l’ENA e il PCA si allentarono, portando l’organizzazione algerina a una sostanziale scelta di autonomia politica, con l’indipendenza come primo e assoluto obiettivo del proprio programma. Nonostante ciò, comunisti ed étoilistes continuarono a sostenersi reciprocamente di fronte al nemico comune, specialmente durante le fasi di forte repressione, che colpirono soprattutto la parte algerina.
Fu l’ascesa del Fronte Popolare in Francia – che nacque anche su spinta delle mobilitazioni anti-fasciste operaie che avevano impedito il colpo di stato fascista – e la seconda dissoluzione dell’ENA, accompagnata dall’arresto di Messali, a segnare la rottura decisiva tra PCF e nazionalisti algerini. Il PCF, infatti, si era candidato al governo con il Fronte Popolare di Léon Blum – a cui diede appoggio esterno – e supportò l’arresto di Messali, arretrando su posizioni più assimilazioniste e riformiste “pre-congresso di Tours” rispetto alle precedenti rivendicazioni anticoloniali. L’ascesa del Fronte Popolare seguiva il VII congresso del Comintern, che aveva inaugurato la politica dei fronti antifascisti contro l’ascesa del nazismo e del fascismo ed i loro appetiti coloniali. A fotografare questo cambiamento nell’atteggiamento dei comunisti francesi, la celebre sentenza di Maurice Thorez al IX congresso dell’Algeria:
“il diritto all’autonomia non significa l’obbligo di divorzio […] se la questione decisiva del movimento è la lotta vittoriosa contro il fascismo, l’interesse dei popoli coloniali è nella loro unione con il popolo francese e non in una attitudine che potrebbe favorire il fascismo e mettere per esempio l’Algeria, Tunisia, Marocco, sotto il giogo di Mussolini e Hitler, o fare dell’Indocina una base delle operazioni del Giappone militarista”.
La stessa logica sarà utilizzata quando, dopo la Seconda guerra mondiale, il PCF accuserà il movimento algerino di fare gli interessi dell’imperialismo americano.
La linea “assimilazionista” del PCF – sostanzialmente mantenuta anche negli anni successivi – è esempio di una dinamica estremamente negativa dei rapporti tra comunisti e movimenti antimperialisti, frutto di un’incomprensione o quanto meno della sottovalutazione del ruolo delle colonie all’interno dell’ordine capitalista mondiale. L’assimilazionismo è infatti espressione politica e culturale degli interessi imperialisti occidentali, radicatasi nel profondo della società civile francese e anche e soprattutto in una parte della classe, che a sua volta traeva beneficio dai territori francesi d’oltremare. Come scriveva Lenin nella prefazione alle edizioni francese e tedesca di Imperialismo:
“[…] Ben si comprende che da questo gigantesco soprapprofitto– così chiamato perché si realizza all’infuori e al di sopra del profitto che i capitalisti estorcono agli operai del “proprio” paese – c’è da trarre quanto basta per corrompere i capi operai e lo strato superiore dell’aristocrazia operaia. E i capitalisti dei paesi “più progrediti” operano così: corrompono questa aristocrazia operaia in mille modi, diretti e indiretti, aperti e mascherati.
E questo strato di operai imborghesiti, di “aristocrazia operaia”, completamente piccolo-borghese per il suo modo di vita, per i salari percepiti, per la sua filosofia della vita, costituisce il puntello principale della II Internazionale; e ai nostri giorni costituisce il principale puntello sociale (non militare) della borghesia. Questi operai sono veri e propri agenti della borghesia. Nel movimento operaio, veri e propri commessi della classe capitalista nel campo operaio (labour lieutenants of the capitalist class), veri propagatori di riformismo e di sciovinismo, che durante la guerra civile del proletariato contro la borghesia si pongono necessariamente, e in numero non esiguo, a lato della borghesia, a lato dei “versagliesi” contro i “comunardi”. Se non si comprendono le radici economiche del fenomeno, se non se ne valuta l’importanza politica e sociale, non è possibile fare nemmeno un passo verso la soluzione dei problemi pratici del movimento comunista e della futura rivoluzione sociale.
L’imperialismo è la vigilia della rivoluzione sociale del proletariato. A partire dal 1917 se ne è avuta la conferma in tutto il mondo.”[5]
NOTE
[1] ↑ Il Partito Comunista Algerino, formalmente indipendente dal Partito Comunista Francese, fu fondato soltanto nel 1936. Nonostante l’indipendenza formale dal partito francese, al primo congresso parteciparono sessantadue delegati arabi e sessantasette delegati francesi.
[2] ↑ Figura chiave della lotta anticoloniale del Marocco. Fu eletto capo della repubblica di Rif dalle tribù locali che, resistendo ai tentativi degli spagnoli di penetrare efficacemente nell’altopiano, finirono per fondare un proprio Stato sotto forma di repubblica. Dopo i successi contro gli spagnoli, nel 1925 Mohammed ibn ‛Abd El-Kerīm attaccò i francesi nella valle del Werghah e in altre parti del loro protettorato. I due combatterono con vari gradi di successo in quell’anno e nei primi mesi del 1926, e fecero anche dei tentativi di sistemazione pacifica; i negoziati ufficiali furono avviati in aprile a Oudjda (Wuǵdah), senza alcun risultato; le operazioni ripresero in maggio, il ribelle alla fine si arrese senza condizioni, fu trasportato a Tāzā e mandato in esilio con la sua famiglia in una delle isole Mascarene.
[3] ↑ Leader del Partito Comunista Francese (PCF) dal 1930 fino alla sua morte. Figura chiave del comunismo europeo, contribuì alla crescita del PCF durante il periodo tra le due guerre e alla Resistenza contro il nazismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu vicepremier della Francia (1946-1947), promuovendo riforme sociali. Rappresentò la linea filosovietica del PCF e fu strettamente legato all’Unione Sovietica.
[4] ↑ Il 1926 è la data individuata dalla maggior parte degli studi; tuttavia, è giusto riportare che Abdelkader Hadji Ali, uno dei primi membri dell’ENA, colloca la nascita dell’organizzazione nel 1924, sostenendo di aver riunito per la prima volta il nucleo di militanti del Maghreb.
CREDITS
Immagine in evidenza: 1956. Donne della Resistenza algerina
Fonte: La vraie bataille d’Alger, Jacques Massu, Plon, 1971
Licenza: public domain
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