Rimettere al centro una prospettiva di rottura
Rete dei Comunisti – Cambiare Rotta – OSA
Quest’anno ricorre il 48esimo anniversario dell’omicidio di Francesco Lorusso da parte della polizia a Bologna, in via Mascarella con l’angolo di via Irnerio. Un omicidio orchestrato per stroncare l’ondata del movimento studentesco che dopo “l’orda d’oro” dal mitico 1968, riprendeva vigore proprio in quell’anno. Se il ’77 è stata la fine, insieme all’ondata repressiva degli anni successivi, di quei movimenti rivoluzionari che hanno scosso il nostro paese negli anni ’60-’70 in una “guerra silenziosa”, oggi è importante riguardare a quegli anni non solo per ricordare i crimini efferati compiuti dallo stato per fermare il movimento rivoluzionario di operai e studenti, ma anche per rimettere al centro l’esigenza di una nuova prospettiva di rottura alla luce delle profonde contraddizioni, tra guerra, riarmo e impoverimento generalizzato, che la crisi dell’imperialismo occidentale sta mostrando. Se l’ondata del movimento operaio da quell’anno in poi è risultata sconfitta, oggi l’eredità di quella storia e la necessità di un cambiamento radicale della nostra società di fanno sempre più urgenti.
Francesco viene assassinato dalla polizia in seguito ad uno scontro fra l’allora movimento studentesco e alcuni gruppi di Comunione e Liberazione che stavano tenendo un’iniziativa all’università: una contestazione come tante ne avvenivano in quegli anni, ma che, a causa del massiccio e mirato schieramento di polizia, prende immediatamente una strada diversa e tragica. Dopo la contestazione della mattina, la polizia interviene a reprimere violentemente i manifestanti dei collettivi universitari, usando questo momento per militarizzare la zona universitaria. Poco dopo, con l’accorrere di altri studenti proprio su Via Irnerio, la polizia dopo una serie di cariche e di scontri accesi, spara sui manifestanti: come dimostrano i colpi ancora oggi visibili, le forze dell’ordine hanno volutamente sparato ad altezza d’uomo per uccidere qualcuno e lanciare un monito; Francesco, allora uno studente di Medicina attivo in Lotta Continua, finisce steso a terra, ammazzato a freddo. Da quel momento, per diversi giorni, l’aria della zona universitaria di Bologna si fa molto calda, gli scontri con la polizia si intensificano fino a crearsi una situazione da micro-guerriglia urbana in tutta l’area. Per questo motivo, con il consenso anche dell’allora amministrazione del Partito Comunista, dei mezzi cingolati militari vengono mandati su via Zamboni. Dopo la morte di Lorusso, le proteste studentesche si amplificano anche negli altri atenei: un’altra compagna muore a Roma il giorno successivo, Giorgia Masi, sempre perché la polizia spara sui manifestanti ad altezza d’uomo. Quelle giornate di mobilitazione studentesca che hanno infiammato il paese, dimostrano come la strada intrapresa dal governo a guida Democrazia Cristiana, insieme al Partito Comunista di Berlinguer ormai già avviato verso il compromesso storico, abbia scelto la via della repressione e dell’omicidio per fare piazza pulita delle proteste studentesche. Il ’77, il ’78 con la morte di Aldo Moro in seguito al rapimento delle Brigate Rosse e la Marcia dei cosiddetti quarantamila del 1980 saranno la conclusione di un’ondata rivoluzionaria partita nel 1968’.
A partire da quell’anno, la saldatura fra operai e studenti inizia a rompere il meccanismo parlamentare che il PCI e i governi democristiani stavano mettendo in piedi proprio per gestire e implementare un processo di industrializzazione capitalistica che in pochi anni ha fatto passare il nostro paese dalla rovina della guerra e un’economia primariamente agraria fino ad essere uno dei paesi più industrializzati al mondo. Questo processo ha dovuto scontrarsi con il peso, assunto negli anni dal dopoguerra in poi delle forze comuniste e del movimento operaio insieme alle crisi economiche e militari che scuotevano l’imperialismo: dalle contestazioni alla guerra del Vietnam e all’inquadramento della NATO fino alla crisi economica del 1973, Il capitalismo italiano e quello Occidentale crescevano anche con importanti controtendenze. Uno degli strumenti, in Italia e non solo, per arginare il peso raggiunto dal movimento operaio era stato proprio quello di risvegliare le forze fasciste: non solo il nostro paese era circondato da dittature fasciste e militari (Spagna, Grecia e Portogallo), ma ripetuti tentativi di colpi di stato – poi smorzati – imperversavano nella cronaca quotidiana del nostro paese. Anche in Italia, quindi, la reazione aveva all’ordine del giorno il colpo di stato militare; e la classe dirigente, tanto politica quanto industriale, non si è fatta problemi a negarlo. Se nel 1968 la saldatura fra movimento operaio e movimento studentesco rompe questo gioco – con ancora un PCI, sotto la presidenza di Longo, che rimane ancora ambiguo fra spinte di pieno sostegno e i primi segnali della voce piega prenderà con la segreteria di Berlinguer – il 1969, con l’inaugurazione delle stragi di Stato con le bombe di Piazza Fontana segnano una cesura da cui non si tornerà più indietro.
Quel decennio di lotte studentesche ed operaie ha rappresentato un tentativo di tentare l’assalto al cielo, nonostante la scelta del PCI di Berlinguer di allontanarsi dal campo socialista per stare sotto l’ombrello della NATO (con l’allora infausta proposta dell’Eurocomunismo), dichiarando guerra a tutto ciò che stava alla sua “sinistra”. Quel tentativo di riprendere lo slancio rivoluzionario che il nuovo proletariato – con l’operaio massa – ha messo in campo, ci chiama ancora oggi ad analizzarlo, comprenderlo e provarne a riprendere il filo rosso. Con lo stesso spirito con cui, in questo ottobre, abbiamo portato avanti la nostra riflessione sull’elogio del comunismo del ‘900, pensiamo che quegli anni, e la loro tragica conclusione ci parlino ancora oggi su quale sia il compito che abbiamo di fronte: rafforzare un movimento di classe in questo paese che sappia opporsi alle derive reazionarie e repressive che le classi dirigenti europee oggi stanno mettendo in campo. Un primo passo in questo senso, secondo noi, lo farà la manifestazione di questo 15 marzo chiamata contro il riarmo che sta imponendo Ursula Von Der Layen, confermando le caratteristiche imperialiste e guerrafondaie dell’Unione Europea di oggi. Non ci stupisce, in questo senso, che proprio quelle forze di sinistra che elogiano ogni anno il loro “vecchio segretario Berlinguer”, siano le stesse che oggi chiamano all’esercito europeo come “male necessario” e al sostegno al piano di Rearm Europe.
Oggi ricordare Francesco e Giorgia significa opporsi al passo definitivo che l’imperialismo europeo oggi sta compiendo, rimettendo al centro una prospettiva di rottura dell’attuale modello sociale, ormai regressivo sotto il punto di vista economico, militare e ambientale. Riattualizzare le lotte di quegli anni, riattualizzare il ricordo dei tanti compagni e delle tante compagne cadute in quel decennio di Assalto al Cielo, lo si può fare solo costruendo un’ipotesi comunista all’altezza delle sfide del presente. Con questo spirito oggi ricordiamo Francesco, pensando già alle mobilitazioni di domani!
