Una cronologia ragionata
Italo Nobile
In occasione della pubblicazione e della presentazione dell’opuscolo “Sulle orme di Marx” di Mino Carchedi mi sono chiesto perché mai una organizzazione politica si assume l’onore e l’onere di pubblicare uno scritto denso e difficile come quello appunto di Guglielmo Carchedi?
Il punto è che la Rete dei Comunisti ha fatto dell’elaborazione teorica (in continuo aggiornamento in rapporto alla fase storica) un punto imprescindibile che accompagna e chiarifica continuamente l’azione politica. E questa elaborazione è stata svolta (prima che nascesse formalmente la stessa RdC) dal suo nucleo fondante e con l’apporto anche critico di compagni di strada come Hoshea Jaffe, Alan Freeman, Gianfranco Pala, Alessandro Mazzoni, Joseph Halevi, Ludo Martens, Stefano Garroni, Vladimiro Giacché, Ernesto Screpanti, Roberto Fineschi, Andrea Catone, Enzo Modugno, Giovanni Mazzetti e tanti altri.
Possiamo accennare a qualche tappa di questo percorso teorico e politico:
[1] Prima della nascita della Rete dei Comunisti il giornale Contropiano nel maggio 1994 pubblica un contributo al dibattito politico dal titolo “Le ragioni dei comunisti” [di cui uno stralcio è stato ripubblicato nel 2013 nel capitolo 6 “il Partito” de “I tre fronti della lotta di classe – ndr] in cui partendo dall’analisi del capitalismo contemporaneo e dall’analisi della vicenda sovietica si pongono il problema della ricostruzione di un punto di vista comunista e della riorganizzazione dei comunisti sia politica che sociale. Verso la fine si dice “Su una cosa pensiamo di avere le idee chiare e cioè che è impossibile di credere di ricostruire una prospettiva senza tentare continuamente di mantenere un filo rosso che non divida la parte di lavoro teorico e di analisi della pratica politica concreta”. Il seguito di queste ricostruzione vuole evidenziare come questa impresa sia rimasta coerente con questo assunto.
[2] La redazione di Contropiano promuove poi nel 1995 un convegno internazionale dal titolo “L’imperialismo alla fine del ventesimo secolo” (gli atti furono pubblicati dalle edizioni Laboratorio Politico del compianto Sergio Manes con il titolo “Il capitalismo reale”). In pieno apparente unipolarismo Usa in questo convegno si conferma il valore della teoria leniniana e si parla di contrapposizione di poli imperialistici (identificati negli Usa/Nafta, nella Germania/Ue e nel Giappone/Apec).
[3] Nel 1997 esce sempre per la casa editrice Laboratorio Politico il volumetto “l’Italia s’è desta” che analizza l’integrazione italiana nell’economia mondiale, le tendenze imperialistiche al suo interno e la feroce polarizzazione sociale che ne consegue. Da questa analisi si derivano conseguenze per la soggettività politica: “A nessuno sfugge che nella situazione italiana il Partito della Rifondazione Comunista ha completamente rimosso questi problemi in nome di un politicismo ed un elettoralismo totalizzanti che accompagnano un movimentismo ed una politica di immagine sempre meno convincenti” e si aggiunge “Non abbiamo interesse ad un progetto di inchiesta intellettualistico o sociologico, ma ad una indagine della realtà di classe che punti ad avere ricadute concrete sul piano dell’azione politica, sindacale, sociale dei comunisti comunque siano collocati organizzativamente” e ancora “In questo lavoro diventa necessario portare allo scoperto, collegare e dinamizzare quanto c’è di più avanzato sul terreno della conoscenza e del conflitto di classe nel nostro paese per attivare una rete di collaborazione, informazioni, iniziativa e confronto fattivi tra i comunisti fondata su verifiche e risultati oggettivi”.
[4] A Novembre del 1997 escono gli Atti del secondo seminario del Forum del Comunisti “Lo Stato A/sociale” dove si analizzano le relazioni tra la lotta per il salario sociale, distribuzione del reddito e ruolo dello Stato nell’economia nel ventennio che va dagli anni Settanta agli anni Novanta: si parla delle trasformazioni delle funzioni economiche dello Stato in Italia, della femminilizzazione del lavoro (Carla Filosa), del rapporto tra meridione e immigrazione, dei processi cosiddetti immateriali, sul tramonto della vecchia composizione di classe incentrata sulla grande fabbrica e la sconfitta ad essa conseguente (Giorgio Gattei). Si dice nella prefazione “La posta in gioco dunque non è solo lo smantellamento dello Stato sociale ma la ridefinizione complessiva dei rapporti economici e sociali nel nostro paese”.
[5] Nel Gennaio del 1998 escono gli Atti del Terzo Seminario del Forum del Comunisti dal titolo “Dalle città-fabbrica alle metropoli” in cui si parla della necessità dell’inchiesta sulle condizioni del proletariato metropolitano, del passaggio dalla città-fabbrica alla città-impresa, della nuova geografia della metropoli-postfordista (a dimostrazione che gli stimoli provenienti dall’operaismo non sono dogmaticamente rifiutati, ma integrati in una visione più strutturata senza farsi travolgere da esiti parolai) e del passaggio (soprattutto nel meridione) dalla disoccupazione al neoschiavismo.
Nella Prefazione si dice “Mettere le mani sulle contraddizioni sorgenti nelle metropoli significa mettere in pratica con il massimo rigore possibile il metodo dell’inchiesta di classe: i caratteri di questo metodo non sono statistici o descrittivi ma militanti, nel senso che l’inchiesta deve diventare un modo di fare politica che deve caratterizzare gruppi più o meno ampi di militanti comunisti capaci di misurarsi con le contraddizioni e i conflitti di classe del XXI secolo”.
[6] Nel 1998 si organizza (da parte del Forum dei Comunisti che costituirà uno dei gruppi che in quello stesso anno darà alla luce la Rete dei Comunisti) un primo seminario su “Partito e Teoria” (con la collaborazione di Stefano Garroni) dove in primo luogo si espone e discute la visione storico-filosofica di Marx necessaria per definire l’orizzonte della trasformazione sociale in atto nel passaggio al capitalismo e socialismo.
A questa si aggiunge l’analisi della questione della dimensione politica intesa come capacità attraverso il partito leninista di collegare all’orizzonte storico-filosofico marxista la concretezza delle forze sociali reali. In questa sede si dice “In sintesi noi riteniamo ancora centrale il ruolo del partito ma questo ruolo, sia nel merito che nelle forme, deve ritrovare una funzione rispetto alla realtà attuale. Noi non siamo in grado oggi di indicare con sufficiente chiarezza una prospettiva e proprio per questo riteniamo importante darci strumenti di analisi e di discussione che siano preliminari e propedeutici a scelte politiche ed organizzative”. In virtù di questo ragionamento nasce la Rete dei Comunisti e non un ennesimo Partito Comunista.
[7] Nel 1999 un secondo seminario su “Partito e teoria” approfondisce le questioni e tenta di affrontare il nesso diretto tra teoria e politica che si realizza nell’azione del partito Bolscevico ma che segna la storia dei Partiti Comunisti del ‘900. In questo lavoro ci si avvale anche della collaborazione di Giorgio Gattei che elabora una tipologia storica dei partiti di classe. Nell’intervento di Mauro Casadio viene detto “L’assenza di coscienza, nonostante l’aumento delle contraddizioni a tutti i livelli, è stata determinata dalla disgregazione organizzativa nel tessuto del proletariato…Dunque non possiamo dare per scontato nessun orizzonte comunista e nessuna evoluzione naturale se non si dà il giusto peso al ruolo dell’organizzazione nella ricostruzione di una coscienza politica della classe” e si aggiunge dialetticamente “la situazione della sconfitta delle prime esperienze socialiste nel mondo ci mette paradossalmente nella condizione migliore per capire le tendenze di fondo dello sviluppo capitalistico”. Dunque la Rete non nasce partito ma si pone il problema non banale e, puramente formale della sua costituzione.
[8] Sempre nel 1999 Luciano Vasapollo e Rita Martufi pubblicano con Città del Sole “Profit State, redistribuzione dell’accumulazione e reddito minimo” uno studio dove si evidenzia come il capitale finanziario attraverso il pensiero unico neoliberista, i modelli di comunicazione della fabbrica sociale generalizzata e le funzioni del Profit State trasmette all’intera società una cultura di darwinismo economico che mette nel mirino i salari, il compromesso di classe del Welfare e il sistema sociale nel suo insieme. Da questa analisi, che diventerà patrimonio della RdC, parte un programma minimo di controtendenza con al centro una redistribuzione sociale della ricchezza attraverso un reddito sociale minimo (attorno a questo programma si costituisce un comitato nazionale). Si tratta del tentativo di riflessione che più cerca di valorizzare, all’interno di una analisi delle conseguenze della competizione capitalistica, il contribuito dell’operaismo alla descrizione della situazione sociale italiana.
[9] Nel 2000 Luciano Vasapollo e Rita Martufi integrano l’analisi economica fatta nel loro precedente lavoro chiarendo le radici di classe delle tendenze in atto nel mondo della comunicazione. Tutto ciò nel testo “Comunicazione deviante. L’impero del capitale sulla comunicazione”. In questo studio informazione e comunicazione assumono un ruolo dominante sia sul terreno della produzione e dell’accumulazione che su quello del consumo trasformando l’impresa in fabbrica sociale generalizzata. Alessandro Mazzone, nella prefazione al testo afferma “Questo libro descrive un’invasione … una invasione che non ha bisogno di varcare i confini di uno Stato … che non agisce sugli individui, ma essenzialmente dentro di essi”.
[10] Infine nell’Ottobre del 2000 Martufi e Vasapollo completano questa prima fase di analisi con “Eurobang” (Media Print edizioni) descrivendo come la tendenza alla complessità sociale e alla natura sempre più interrelata a livello internazionale dei processi sociali abbia il suo fondamento nella profonda trasformazione (originatasi negli anni Settanta) del sistema produttivo che si è sviluppato uscendo dai cancelli delle fabbriche e modellando l’intera società attorno alle caratteristiche delle nuove forme produttive ed economiche. Il testo si sofferma prima sulla competizione globale tra poli geoeconomici, poi esamina le moderne forme di sfruttamento, poi i processi di internazionalizzazione nei nuovi blocchi ed infine descrive lo sviluppo diseguale del polo europeo (analisi propedeutica a quella che porterà al progetto dell’uscita dall’euro e dall’Unione Europea). Mauro Casadio nella prefazione afferma “alla distruzione delle vecchie forme produttive è corrisposta anche la scomposizione della vecchia organizzazione sindacale oltre che politica dei lavoratori con conseguente perdita d’identità e di possibilità di difesa: questa scomposizione non ha assunto la forma di una crisi organizzativa ma quella della mutazione genetica delle organizzazioni nate dal movimento storico dei lavoratori; se questo è vero bisogna capire le configurazioni attuali e future della forza lavoro che nasce dal nuovo modello produttivo per ricostruire organizzazione e coscienza, strumenti di lotta e di identità e per ridare ai lavoratori quel ruolo centrale che oggettivamente hanno nella nostra società”.
[11] Nel 2001 l’attentato delle Torri Gemelle negli USA si impone all’attenzione dell’analisi: esce un Quaderno di Contropiano dal titolo “La Belle Epoque è finita” dove si tematizza una ripresa del ruolo della guerra come fondamentale per lo sviluppo del capitalismo, un acutizzarsi delle contraddizioni interimperialistiche dietro l’unione sacra contro il terrorismo e dove soprattutto si ritorna sul ruolo dell’organizzazione politica per essere all’altezza dell’attuale sviluppo delle contraddizioni. Infatti “se siamo convinti che un altro mondo è possibile dobbiamo cominciare a capire e spiegare concretamente qual è quest’altro mondo e , se possibile, come ci si arriva”. In controluce c’è la critica alla posizione di Rifondazione Comunista che nell’Ottobre del 2001 rivela tutta la sua subalternità ideologica (abbracciando un punto di vista superficiale ed impressionistico) affermando che “L’attentato dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle a New York e contro il Pentagono costituiscono un atto terroristico che colpisce l’intera umanita’. La brutalita’ di simili atti dimostra come sia illusorio proseguire nell’idea di un mondo sicuro per pochi e sia invece necessario lavorare per un mondo sicuro per tutti; e’ assolutamente necessario individuare i colpevoli ed assicurarli alla giustizia; e’ indispensabile isolare il terrorismo fondamentalista per poterne disarticolare ogni organizzazione locale o internazionale”.
[12] Nel 1998 era nata anche la rivista Proteo a cura dell’Istituto Cestes (dell’allora Federazione delle Rappresentanze sindacali di Base), diretto da Luciano Vasapollo, che si collega soprattutto alla riflessione politica del sindacalismo di base, ma che non manca di dare corposi contributi al dibattito teorico generale. A cura di Luciano Vasapollo si pubblicherà nel 2002 un volume dal titolo “Un vecchio falso problema” (casa editrice Media Print) in cui si raccolgono articoli scritti su Proteo in quegli anni su un tema complesso e scottante, quello della teoria del valore-lavoro di Marx. Alan Freeman, Paolo Giussani ma soprattutto Mino Carchedi (che da più di venticique anni sta offrendo generosamente il suo contributo teorico alla riflessione dei compagni della RdC) sviluppano con grande capacità di semplificazione e di divulgazione la Tssi (Temporal Single System Interpretation) la quale critica l’abbandono da parte degli sraffiani della teoria del valore lavoro di Marx e introduce il fattore tempo all’interno del processo di produzione al fine di dimostrare la coerenza della teoria di Marx. Questa elaborazione ha come riflesso politico una ulteriore presa di distanza dall’ideologia che animava il vecchio Pci e in parte anche Rifondazione oscillante tra neoricardismo e postoperaismo. Nella prefazione del libro Luciano Vasapollo afferma “solo attraverso l’affermazione e l’attualizzazione dell’intero impianto scientifico degli studi marxiani e marxisti è possibile elaborare teoria nel fermento delle contraddizioni”.
[13] In un altro volume e cioè “Karl Marx e la trasformazione del pluslavoro in profitto” (sempre edito da Media Print nel 2002) Giorgio Gattei e Stefano Perri esplorano la possibilità di usare anche (propedeuticamente alla Tssi) la teoria detta della Nuova Interpretazione (di Foley e Dumenil) che introduce la moneta nel modello sraffiano.
[14] A Marzo 2002 esce il Documento politico per l’Assemblea Nazionale della Rete dei Comunisti con il titolo “Se non ora quando? La necessità dell’alternativa sociale” in cui partendo dall’analisi dell’imperialismo del XXI secolo (anticipando le analisi successive sul piano inclinato del capitale e dell’imperialismo) e passando per una riflessione sul comunismo novecentesco, si prefigura il progetto politico dei tre fronti e si pone la necessità di affrontare la questione sindacale. Il documento così conclude un’analisi serrata e un dibattito ricco e articolato: “Se abbiamo individuato dei punti fermi per il lavoro dei comunisti, sul piano della rappresentanza e del movimento politico le questioni sono molto più complesse e indeterminate: in questo senso come Rete dei Comunisti riteniamo necessario in tale condizione riaprire il dibattito e il confronto sapendo che ora non è possibile pretendere improbabili sintesi politiche”.
[15] Sempre nel 2002, prendendo spunto dalla guerra di religione scatenata dalla pseudo-laicità occidentale contro il cosiddetto Islamismo radicale, la RdC stampa il Quaderno di Contropiano “L’attualità de ‘La Questione Ebraica’ di Karl Marx”. In questa raccolta di scritti, partendo dall’analisi dell’opera marxiana, si delinea il ruolo e la funzione delle religioni nel mondo contemporaneo ma anche dello Stato di diritto e della democrazia e di come le questioni sono fortemente intrecciate: da un lato “la religiosità e soprattutto le religioni concrete contrastano con una visione unitaria dello sviluppo del genere umano riportando indietro l’orologio della storia di diversi decenni” ma dall’altro “se vogliamo capire cosa sta avvenendo nel mondo va rifiutata senza esitazione la gabbia religiosa in cui vogliono mettere i nostri cervelli e se rifiutiamo questa gabbia capiamo che le questioni relative all’ebraismo, all’islamismo, all’antisemitismo non sono altro che la copertura del conflitto di egemonia che stanno conducendo gli Usa in alleanza con Israele”. E si aggiunge “è evidente che non stiamo parlando di semitismo e di antisemitismo ma di una strategia di controllo delle materie prime …”. E comunque le responsabilità Usa non impediscono di guardare alla natura multipolare del conflitto: “Questa forte capacità politico militare degli Usa contrasta però con un loro forte ridimensionamento a livello economico e finanziario internazionale, determinato dalla nascita dell’euro…dal peso assunto dalla Cina … dal mantenimento del ruolo nucleare della Russia … da un ritrovato protagonismo della borghesia araba …”. Sono tutte intuizioni che faranno frutto negli anni a venire.
[16] A questo quaderno si associa un’altra raccolta di articoli (“L’impossibile simmetria”), sempre edita da Contropiano, sul riaccendersi della questione palestinese anche a seguito di questi sviluppi internazionali ed in cui si afferma “Saremo dunque orgogliosi di scendere in piazza ogni 25 Aprile per ribadire che la resistenza antifascista e contro il nazismo di ieri, oggi si riconosce pienamente nella resistenza palestinese e nella parte della società israeliana che ripudia il fascismo rappresentato dal governo Sharon”.
Si tratta di ribadire che le forme eventuali di un nuovo fascismo non sempre sono colte dalla tradizione antifascista italiana.
[17] Ancora nel 2002, riprendendo i temi dell’imperialismo e del profit State, esce “La coscienza di Cipputi; inchiesta sui lavoratori” dove le conseguenze dell’integrazione dell’Italia nell’economia mondiale vengono esaminate nei loro sviluppi più nel dettaglio utilizzando uno strumento “classico” del movimento operaio: l’inchiesta di classe. Nel nostro paese si estende il modello della produzione snella per cui si realizza l’assemblaggio, la pubblicità e la commercializzazione di manufatti o semilavorati prodotti nelle aree del mondo a basso salario. Entriamo in un’epoca di accumulazione flessibile dove ad emergere al posto dell’operaio massa è una sorta di lavoratore unico flessibile, scolarizzato, poliedrico ma privo di consapevolezza del processo in cui è coinvolto e soprattutto precario. La classe viene frammentata ed indebolita con un processo di polarizzazione sociale che non produce automaticamente un coscienza di classe più avanzata. L’impresa cercando di adeguarsi competitivamente ad una domanda che varia nel tempo non ha più interesse a che tale domanda sia tenuta alta da un corposo Welfare e da un sistema di più alti salari. Anzi questi ultimi sono considerati fattori che frenano la competitività dell’impresa e vanno dunque politicamente smantellati. Lo scritto si pone il compito “… di individuare i punti in cui la quantità delle contraddizioni sociali può diventare qualità sul piano della lotta per il cambiamento”.
[18] A Febbraio 2003, in allegato al documento per la prima Assemblea Nazionale della Rete dei Comunisti, viene prodotto un testo “La questione sindacale: se non ora quando?” documento in cui ci si pone il problema di cosa significhi avere un sindacalismo di classe e come questo si possa collegare ad una ipotesi di trasformazione sociale. Si fa una analisi di quello che il sindacato è stato nel XX secolo e di quali fasi abbia attraversato e di come sia arrivato ad una sorta di degenerazione neo-corporativa, caratterizzata dall’assenza del conflitto di classe. La nascita del sindacalismo di base fa sorgere la questione di quale soggettività politica si debba costituire in modo da dare funzione politica generale al conflitto sindacale. Alla fine del documento si dice “Solo con il maturare della soggettività organizzata e di un progetto più organico dotato di strumenti che sappiano incidere e modificare effettivamente la situazione potremo trovare la piena potenzialità politica del rapporto con il lavoro dipendente e con il blocco sociale”.
Recentemente questo documento -che mantiene una significativa vigenza teorica- è stato ripubblicato su Orme Rosse, il foglio di intervento operaio di cui la RdC si è dotata negli ultimi due anni.
[19] Nel 2003 viene anche affrontato un altro nodo teorico essenziale (dopo quello della teoria del valore/lavoro) e cioè quello della validità della teoria dell’imperialismo contro la teoria dell’Impero di Toni Negri. Se in precedenza si attacca la Scilla sraffiana, adesso è il turno della Cariddi postoperaista. Prende le forme il volume “Il piano inclinato del capitale” (edito dalla Jaca Book) con un significativo contributo anche di compagni non organici alla RdC. Centrali sono gli articoli di Mino Carchedi che critica Negri in maniera sistematica, la prefazione di Luciano Vasapollo che cerca di elaborare le questioni affrontate dal postoperaismo e conclude “Tali processi necessitano di una diversa e più articolata lettura sociopolitica, hanno bisogno di nuove logiche interpretative, di nuovi strumenti, con al centro una seria e coerente analisi scientifica capace di contribuire direttamente alla ripresa di un nuovo movimento operaio in una nuova fase del conflitto di classe per i progresso e la trasformazione sociale”. Il compianto Alessandro Mazzone precisa che “la domanda sull’imperialismo moderno è per tutti obiettivamente la domanda sull’epoca nostra, su noi stessi”.
[20] Ancora nel 2005 si pubblica il Quaderno di Contropiano “L’Europa superpotenza” dove si teorizza la costituzione del polo imperialista europeo anche per quel che riguarda gli armamenti (articoli di Mino Carchedi e Sergio Cararo) e dove si individua l’architettura antidemocratica e autoritaria della Nuova Europa (articolo di Vladimiro Giacché) e l’ideologia eurocentrica dell’imperialismo europeo (articolo del compianto Silvio Serino). Mauro Casadio sintetizza bene la finalità politica di questa analisi: “Il punto centrale della tesi che vogliamo affermare è che dentro questo processo i comunisti ci devono stare in modo attivo, definendo un loro ruolo autonomo e ben distinto. Ciò è possibile basandosi sulle contraddizioni che verranno generate dal processo di deriva oligarchica, ben rappresentata nella formulazione della Costituzione europea recentemente firmata a Roma al fine di far crescere le forze di classe e la loro autonomia politica”.
[21] Sempre nel 2005 esce il volume della Jaca Book “Lavoro contro capitale” che in continuità con l’analisi di “Il piano inclinato del capitale” esamina il conflitto tra capitale e lavoro nelle condizioni del moderno imperialismo. Si analizza tale conflitto nel modello italiano e se ne studia anche la globalizzazione (con analisi sugli Usa, il Brasile, l’India e l’Europa). Alessandro Mazzone e Hoshea Jaffe provano a fare sintesi.
Sergio Cararo per la RdC dice “Lo sviluppo impetuoso delle forze produttive c’è stato sia al centro del sistema (dove queste crescono a livelli più avanzati) sia nella nuova periferia industrializzata ma questo sviluppo entra sistematicamente in conflitto con i rapporti di produzione che si giocano su fattori non legati solo alla produzione ma alla politica e ai rapporti di proprietà tra le classi. L’appropriazione privata della ricchezza, in assenza di deterrenti, è tornata a crescere ai livelli della Belle Epoque ma la maggiore creazione di ricchezza non si distribuisce affatto in modo tendenzialmente più egualitario o equilibrato e al contrario attraverso la finanziarizzazione concentra la ricchezza, ricrea i monopoli, riduce la concorrenza alla sola dimensione del lavoro, mentre protegge i mercati interni attraverso la costruzione di grandi blocchi economici e politici sopranazionali, liberisti all’interno e protezionisti all’esterno”. La crisi mondiale che si sta affacciando in quell’anno acuirà ancora di più questi processi, rendendo la Rete dei Comunisti facile profeta.
[22] Ancora in quest’anno esce per Jaca Book il libro di Henrike Galarza, Hoshea Jaffe e Luciano Vasapollo “Introduzione alla storia e alla logica dell’imperialismo”, un testo importante in cui si ripercorre il processo che dal colonialismo ha portato all’imperialismo europeo e da questo alla necessaria nascita, nello scenario della competizione globale e dello scontro tra potenze, degli imperialismi. Si parte dall’accumulazione primitiva e si passa, attraverso la colonizzazione delle Americhe e i conflitti coloniali in Asia, al sorgere dell’imperialismo e alle guerre imperialiste per giungere poi ai conflitti per le risorse energetiche (petrolio innanzitutto) e al ruolo dei mercati finanziari e della guerra come variabile strutturale.
[23] Alla fine del 2005 escono gli atti del primo Forum Internazionale su “Cuba e l’America Latina: un’alternativa possibile” in cui si fa il punto sull’esperienza rivoluzionaria cubana e su quella venezuelana ricollegandole alla lotta per l’autodeterminazione di tutte le popolazioni sudamericane, e alla possibilità per la sinistra europea di riprendere il suo legame con l’idea di una transizione verso un nuovo modello di rapporti di produzione. Infine viene tematizzato lo snodo decisivo dell’orizzonte antimperialista contro la categoria dell’eurocentrismo che influenza gran parte dei ragionamenti della sinistra ma, di un certo “marxismo occidentale”
[24] Sempre alla fine del 2005 nasce per iniziativa di Luciano Vasapollo e Rita Martufi la Rivista Nuestra America che era già esistente dal 1998 come bollettino di informazione sull’America Latina collegato alla rivista Proteo (nata anch’essa nel 1998).
Questa rivista diventa, come l’oggetto della sua analisi, un continente a parte. Nel primo bollettino del 1998 si dice “Nuestra America indica la nostra America cioè un’analisi del Latinoamerica non eurocentrica ma dal punto di vista dei diversi paesi e popoli che vivono il colorato mosaico centro e sudamericano, un tentativo cioè di dare voce all’autentica America, a coloro che possono parlare di ‘nostra America’ non in termini di proprietà ma come la realtà sociale, economica, politica e culturale, in cui sono nati, vivono e crescono”. La rivista analizza (e difende con passione) la rivoluzione cubana nei suoi sviluppi, la rivoluzione socialista bolivariana nei suoi successi e nelle sue difficoltà, il grande tentativo di costruire l’Alba latinoamericana per difendersi dalle mire imperialistiche statunitensi, il tentativo di costruire il socialismo del XXI secolo contaminando la tradizione marxista-leninista con le lotte indipendentistiche ed antimperialistiche di Josè Martì e con la concezione andina del viver bien mutuata dalle lotte dei contadini latinoamericani e dalle tesi dell’indianismo/indiginismo. Queste analisi hanno permesso anche di pensare a come impostare la questione dell’Europa ipotizzando la possibilità di passare dall’Alba indo-afro americana all’Alba euro-afro mediterranea.
L’esperienza latinoamericana diventa un modello (sia pure dialetticamente inteso e non meccanicamente riproducibile e proponibile) per discutere più complessivamente dei possibili processi di transizione. Negli ultimi numeri alla luce del golpe istituzionale brasiliano e della sconfitta della Kirchner in Argentina si è discusso del ciclo progressista sudamericano, della sua crisi e delle prospettive future.
[25] Nel 2006 esce il Quaderno di Contropiano denominato “Il bambino e l’acqua sporca un passaggio di metodo nell’analisi sul movimento comunista e sul Novecento”.
In questo lavoro si evidenzia come la sconfitta della forma storica che aveva assunto il comunismo novecentesco sia stata al tempo stesso la fine anche del compromesso fordista-keynesiano degli alti salari e della spesa sociale. Si critica la concezione di “fine della storia” dopo il crollo dell’Urss (Vladimiro Giacché) e si concepisce un’alternativa netta tra Marx e Keynes (Mino Carchedi). Si criticano le categorie del fallimento e del tradimento (Domenico Losurdo) mentre Gianfranco Pala evidenzia come riappropriarsi della teoria del valore di Marx sia essenziale per (in un certo senso) depurare l’acqua nella quale il bambino deve bagnarsi. Nell’introduzione si dice “Data l’obiettività dell’arretramento generale è chiaro che lo spiegare e motivare una simile situazione è una condizione fondamentale per poter affrontare lucidamente le questioni del ‘900 facendo uno sforzo di razionalità e riuscendo ad abbandonare le proprie opinioni contribuendo così a costruire una lettura del mondo che tenga conto della realtà attuale e delle cause effettive che l’hanno generata”.
[26] Sempre nel 2006 per Jaca Book prende le forme “Eppure il vento soffia ancora” di Donato Antoniello e Luciano Vasapollo, una ricostruzione della storia del sindacato nel contesto della storia sociale e politica italiana, ricostruzione che scandisce la parabola del sindacato confederale e la nascita del sindacalismo di base. La descrizione di come il primo si sottomette alla logica della ristrutturazione capitalistica e alle compatibilità della competizione tra imperialismi è il prodromo di una grande operazione sindacale che si realizzerà negli anni seguenti.
[27] A Novembre 2006 esce il documento per una nuova Assemblea nazionale della Rete dei comunisti dal titolo “La storia non è in vendita. L’attualità dell’opzione comunista in Italia” dove si parte dal declino del berlusconismo e del suo blocco sociale e si prevede il completo allineamento del governo di centrosinistra all’esigenze del grande capitale europeo con l’apporto della seconda gamba dell’alleanza di centrosinistra che è Rifondazione Comunista oramai integrata nella nascente formazione della Sinistra Europea. Alla fine del documento si afferma “L’altro punto da discutere e chiarire bene è quello di definire con chiarezza la concezione della rappresentanza politica intesa come processo politico ed organizzativo interno ai settori di classe, cosa diversa dalla rappresentanza istituzionale…”
[28] E ancora nel 2006 Luciano Vasapollo cura un volume (sempre per Jaca Book) “L’acqua scarseggia… ma la papera galleggia!” in cui a scrivere sono quasi tutti studiosi cubani. Si tratta di un aspetto della continuazione di un rapporto decennale della RdC con le realtà anticapitaliste e socialiste del Centro e del Sudamerica. La vista lunga della RdC non riduce tutto allo sviluppo occidentale delle forze produttive, ma prova a guardare da vicino alle esperienze dei paesi in via di sviluppo che ormai si affacciano sulla scena mondiale. Si parla dei limiti del Pil come parametro del benessere sociale, di distribuzione socialmente equa, di sviluppo compatibile, di equilibrio ambientale. Una nuova via del socialismo che di volta in volta cerca di gestire la composizione organica di capitale senza lasciare il volante a nessun altro che non sia la comunità consapevole. Vasapollo conclude: “Si può essere d’accordo o no con queste idee, ma ciò che non si può non considerare è il fatto che queste aspirazioni stabiliscano differenze importanti sul valore dei criteri etico-sociali, così come sul funzionamento dell’economia a forte contenuto di equità sociale e redistributiva con una caratterizzazione reale di compatibilità sociale e ambientale … Tutto questo è già vivere la dimensione concreta della costruzione del socialismo del XXI secolo”.
[29] All’inizio del 2007 l’Osservatorio Meridionale del Cestes/Proteo pubblica il quaderno “L’inchiesta metropolitana” dove si fa una rassegna storico-economica sui modelli territoriali della contraddizione capitale-lavoro in Italia. Si esaminano i rapporti tra metropoli e le dimensioni del lavoro e della produzione, dell’ambiente e del territorio, della criminalità, dell’immigrazione. Molti contributi sono dei veri e propri reportage nel cuore dei conflitti sociali e territoriali. Nell’introduzione si scrive “Con il metodo dell’inchiesta si può e si deve contribuire a leggere, nella frammentarietà delle situazioni di sfruttamento, i principi di una nuova unità di classe, che insieme ai salariati includa i senza lavoro, i precari, gli immigrati, gli emarginati di ogni tipo”.
[30] Nel Marzo 2007 viene dato alle stampe per Jaca Book l’importante “Trattato di economia applicata” di Luciano Vasapollo in cui si fa il punto in maniera sistematica della crisi del pensiero teorico capitalistico: in quest’opera si elabora una critica complessiva dei fondamenti delle categorie economiche, del concetto di contabilità nazionale, del concetto di impresa e della politica economica nel capitalismo, della teoria del liberismo e dell’economia applicata al sistema-mondo (ovvero l’imperialismo).
Vasapollo analizza le tendenze attuali di crisi del capitalismo e attualizza la lezione marxiana riaffermandone la validità.
[31] In continuità con “L’acqua scarseggia… ma la papera galleggia!” sempre nel 2007 si svolge il secondo Forum della RdC su “Il bambino e l’acqua sporca” con il sottotitolo “Il socialismo possibile” dove numerosi studiosi e compagni italiani e stranieri discutono sul grande dibattito sui temi della transizione. Un tema che era molto dibattuto nei primi anni Sessanta a Cuba nel pieno della crescita del movimento rivoluzionario.
Mino Carchedi legge il pensiero di Guevara alla luce della necessità di ritornare a Marx per affrontare il problema della transizione nei paesi tecnologicamente avanzati. Sergio Cararo per la RdC osserva: “Questa relazione diretta, necessaria, tra sviluppo delle forze produttive e possibilità della costruzione di una società socialista stabile quanto è ineludibile? Quanto è invece importante la capacità soggettiva di un movimento rivoluzionario nel trasformare le relazioni sociali?”. Il Forum aveva preso spunto dal libro di Luciano Vasapollo, Efrain Echevarria e Alfredo Jam “Che Guevara economista” in cui si parla del dibattito tra Che Guevara ed economisti sovietici relativamente al tipo di pianificazione storicamente più opportuno per l’economia cubana. Sergio Cararo nella prefazione estrae dalla questione una domanda chiave che ritorna frequentemente nell’elaborazione della RdC: “Questa relazione diretta, necessaria, tra sviluppo delle forze produttive e possibilità di costruzione di una società socialista stabile, quanto è ineludibile?”.
[32] Ancora nel 2007 esce di Luciano Vasapollo sempre per Jaca Book “Storia di un capitalismo piccolo piccolo” dove si chiarisce come mentre in altri paesi il capitale ha continuato a effettuare investimenti produttivi capaci di creare buona occupazione, le grandi fortune industriali del Belpaese italiano si sono presto convertite in investimenti finanziari, manovre bancarie e di Borsa, acquisti e fallimenti ad arte che non generano ricchezza sociale, erodendo progressivamente i livelli occupazionali dell’industria, dell’amministrazione pubblica e dei servizi.
[33] All’inizio del 2008 viene edito un numero dei Quaderni del Laboratorio Europeo per la Critica Sociale che commentano l’importante pubblicazione del succitato Trattato di Economia applicata di Luciano Vasapollo, opera che si ripropone la riscoperta della cassetta degli attrezzi di Marx. Andrea Micocci dice che Vasapollo dimostra che i concetti dell’economia borghese e dell’economia marxista non sono reciprocamente incommensurabili. Joaquin Arriola lo elogia per il fatto che inserisce la contabilità e l’amministrazione aziendale all’interno dell’analisi economica con un metodo che va al di là della contrapposizione neoclassica tra macro e microeconomia.
Hoshea Jaffe evidenzia come il trattato utilizzi come fonti diverse tradizioni marxiste (ad esempio l’economista Ernest Mandel) senza indulgere al settarismo. James Petras apprezza anche l’approccio critico verso altri paradigmi economici. Nel Trattato c’è molto della riflessione collettiva precedente e ci sono spunti per la riflessione a venire che Luciano Vasapollo e la RdC svilupperanno nel prosieguo degli anni.
[34] Ancora nel 2008 esce un Quaderno dell’Associazione Marxista “Politica e classe” dal titolo “Pianeta Merce” che pubblica gli Atti del Convegno Nazionale sull’Ambiente (L’infarto ecologico del pianeta) riportando la questione dalle economie sudamericane a quelle dei paesi capitalistici più sviluppati. Mentre Luciano Vasapollo tratta il tema della contraddizione tra capitale e natura all’interno della contraddizione capitale-lavoro, Angelo Baracca elabora il tema della contraddizione capitale-lavoro per quanto riguarda il rapporto tra scienza e tecnica e Giorgio Gattei parla dei rapporti tra il capitale e lo spazio di circolazione delle merci. Il biologo Mauro Cristaldi e la ricercatrice chimica Cinzia Della Porta sviluppano il tema dell’impatto della chimica e del capitalismo in generale sugli equilibri planetari mentre Michele Franco (impegnato nella vertenza relativa alla crisi dei rifiuti in Campania) si addentra nei problemi delle strategie e delle tattiche di lotta (con le popolazioni interessate e con i movimenti sociali) contro un sistema che produce scorie e degrado. Mauro Casadio conclude la sua introduzione dicendo: “se, utilizzando Marx, il movimento comunista, in oltre 150 anni di storia, è stato in grado, con tempi e forme sicuramente diverse a seconda delle fasi e dei contesti, di elaborare una critica dell’economia politica, lo stesso risultato non è stato possibile acquisire quando si è trattato di mettere in campo una convincente critica del capitalismo maturo dal punto di vista della possibile razionalità e dell’equilibrio ecologico.
Questa affermazione, per quanto netta, non è per noi una pietra dello scandalo ma uno stimolo per far avanzare la ricerca e l’affinamento delle armi della critica”.
[35] Sempre nel 2008 esce un altro Quaderno di Politica e Classe “Il sindacalismo indipendente in Italia tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro” che raccoglie alcuni interventi del convegno nazionale sulla questione sindacale che si tiene a Bologna. Tra gli interventi (Giorgio Cremaschi, Marco Benevento, Fabrizio Tomaselli, Mauro Casadio, Cosimo Scarinzi, che affrontano vari problemi della questione sindacale) quello di Michele Franco che delinea la necessità di iniziare a sperimentare forme di sindacalismo metropolitano, ipotesi che sarà molto fruttuosa nel prosieguo del dibattito del nuovo movimento sindacale che approccerà ai temi della confederalità sociale e del sindacato meticcio. Si dice nell’intervento editoriale che “… il conflitto sindacale e sociale in genere esprime contenuti più avanzati di quelli dei partiti cosiddetti di sinistra ma anche delle formazioni politiche anticapitaliste e comuniste che però non hanno una effettiva capacità di rappresentanza politica generale” e si aggiunge “Il particolare che sfugge è che nessuna solidarietà, nessun identità, nessuna coscienza del mondo del lavoro subalterno è possibile senza l’organizzazione naturalmente adeguata e connessa alla fase storica”. Due anni dopo nasce l’Unione Sindacale di Base che assumerà e praticherà molte delle intuizioni teoriche di queste discussioni ed elaborazioni collettive fino alle recenti sperimentazione avviate dalla nuova categoria della Confederazione Usb la Federazione del Sociale.
[36] Nel 2009 esce un Quaderno di Politica e Classe che pubblica gli Atti di due convegni su “Crisi e alternative” (Roma e qualche mese dopo Pisa) in cui si fa un punto sulla crisi che sta devastando l’economia mondiale: ad una parte in cui si analizza la crisi (Arriola) e si critica la tesi mainstream per cui si tratta di una crisi finanziaria a cui si deve rispondere con un maggiore controllo corrisponde una pars construens dove si parla di transizione (Vasapollo, Veltmeyer, Roncal, Wimmer) prendendo a modello soprattutto Cuba e le esperienze sudamericane. Nell’Editoriale dell’Associazione si dice “Sul versante degli effetti della crisi, inclusi quelli politici, va capito come il capitale si predispone a superarla. Oggi siamo ancora in una fase di indeterminatezza dove si confrontano le posizioni che vogliono sostenere la continuità del liberismo con quelle che vedono la necessità di un intervento stabile dello Stato nell’economia in un ritrovato, ma crediamo improbabile, keynesismo rooseveltiano” E si aggiunge “Nella direzione di una accentuazione della produttività generale assume un carattere sempre più rilevante la questione della scienza”. A questa nota corrisponde un articolo di Mino Carchedi che tematizza la possibilità di forze produttive (e dunque di scienza) di classe, tema che sarà ripreso nella recente analisi del lavoro mentale e di Internet. La sconfitta dell’ipotesi neokeynesiana (almeno in questi sette anni) e l’importanza della questione della scienza sono previsioni che si stanno rivelando attendibili anche in considerazione dell’attuale fase del corso della crisi capitalistica.
[37] Nel 2010 un quaderno di Contropiano dal titolo “Ballando sul Titanic” (che riporta gli Atti di un convegno tenuto a Bologna che fa il punto sul corso della crisi economica e finanziaria) collega l’analisi precedente a quella più strutturale dell’imperialismo e (intuendo gli sviluppi successivi) alle vicende ulteriori della crisi del debito pubblico europeo. Vladimiro Giacché parla di fine della Bubble Epoque mentre Luciano Vasapollo si sofferma sulla generalizzazione del debito e sulla manovra che tende a coinvolgere i debiti sovrani in modo da distruggere il Welfare e il compromesso vigente nel mercato del lavoro. Non si parla di crisi finanziaria o di sottoconsumo, ma di crisi sistemica dove il divario tra la crescita delle forze di produzione e i rapporti di produzione sta diventando insanabile. Mino Carchedi continua la sua analisi della crisi alla luce della necessità di tecnologie che incorporino la razionalità del lavoro e non del capitale mentre Giorgi Gattei parla (alla luce dell’apporto di Braudel) della fine dell’egemonia imperialistica Usa. Mauro Casadio evidenzia il punto di caduta politico dicendo “pensiamo che sia definitivamente tramontata l’epoca del politicismo e del tatticismo divenuti spesso elemento politico strategico” e aggiunge “Tutto ciò significa prendere atto della durezza della situazione e avere coscienza dell’enorme disparità dei rapporti di forza” e ancora “Nessuno detiene il monopolio della politica e per questo la Rete dei Comunisti da tempo ha scelto di misurarsi a tutto campo e con tutti cosciente che solo il merito delle questioni oggi ha valore”.
[38] Ad inizio 2011 la terza assemblea della Rete dei Comunisti convocata dal documento “Ben scavato vecchia talpa!” approva il Manifesto Politico dell’Organizzazione il quale inizia a definire un’assetto organizzativo più compiuto dalla RdC. Analizzando la crisi italiana all’interno della crisi europea e da una crisi della sinistra italiana si avanza la necessità dell’autonomia e dell’indipendenza come parametri di un nuovo movimento operaio, di nuova funzione dei comunisti all’interno del conflitto di classe nella prospettiva della ricomposizione dei comunisti, della rappresentanza del blocco sociale e dell’organizzazione politica. Nel Manifesto Politico partendo dal carattere sistemico della crisi, dalla tesi del polo imperialista europeo, dall’Italia vista come capitalismo senza borghesia si elabora una modalità dell’azione politica articolata su tre fronti: uno ideologico-strategico che ricostruisce un punto di vista comunista aggiornato alla fase storica, un fronte politico che cerca di formare una rappresentanza che sia espressione di interessi di classe organizzati e non di residue storie politiche ormai senza futuro e un fronte sociale dell’organizzazione diretta di settori del blocco sociale antagonista (con al centro un sindacato che partendo dal tradizionale insediamento nei posti di lavoro affasci l’insieme delle contraddizioni dalle aree metropolitane e delle periferie). La ragione di tale articolazione sta nella constatazione che “la loro sintesi nel nostro paese è andata liquidandosi nel corso del tempo sia sotto i colpi dell’avversario, sia per effetto delle modificazioni nella realtà sociale, sia per le crescenti contraddizioni interne dei partiti comunisti esistenti” e si aggiunge “Nasce da questa coscienza comune la decisione di procedere a rete riconnettendo un tessuto di quadri, militanti, attivisti, intellettuali comunisti”. Ovviamente la costruzione di un’organizzazione politica più strutturata che sia un intellettuale collettivo rimane un obiettivo fondamentale e le condizioni di possibilità di un ulteriore salto di qualità verranno di volta in volta monitorate.
[39] Sempre all’inizio del 2011 esce l’opuscolo “Coscienza di classe ed organizzazione” dell’Associazione Politica e Classe dove, partendo dall’esigenza di riprendere il “Che fare?” di Lenin e l’analisi del nuovo stadio della crisi capitalistica iniziata nel 2007.
E’ questo una pubblicazione importante per la RdC perché si affronta il problema di una nuova soggettività alla luce delle attuali dinamiche del capitale e delle modificazioni intervenute. Si precisa: “Analizzare, capire, verificare le ipotesi sulla soggettività, ovvero sul Partito, significa partire dal fatto che si vive una condizione di indeterminatezza, di transizione e di superamento di quella parte della teoria rivoluzionaria legata all’esperienza storica del secolo trascorso e non trasferibile automaticamente nel contesto attuale” e ancora “Infatti nel momento in cui si invera la dimensione internazionale della classe lavoratrice, a seguito della mondializzazione della produzione, si segna paradossalmente anche la crisi di chi aveva, con l’internazionalismo, anticipato teoricamente e politicamente questa prospettiva”. Si compiono alcune elaborazioni analitiche del rapporto tra fasi storiche del modo di produzione capitalistico e della sua capacità egemonica, una analisi del rapporto tra le trasformazioni strutturali e le condizioni della classe e una analisi delle relazioni tra trasformazioni della composizione di classe e coscienza di classe. Si conclude che non deve esserci un modello precostituito di partito e che quest’ultimo debba al massimo essere portatore di una sintesi politica. L’ipotesi nella fase attuale è quella del partito di quadri con funzione di massa e cioè “un partito di quadri che metta al primo posto il dato qualitativo della funzione da svolgere che è di visione strategica e storica delle dinamiche generali ma anche organicamente interna al conflitto di classe politico e sociale organizzato reso ora possibile nelle condizioni determinatesi nel nostro paese”.
[40] Viene pubblicato sempre nel 2011 un documento della RdC su “Capitale e Natura” (curato prevalentemente dal compianto Domenico Vasapollo) dove si discute la questione ecologica in modo più complessivo dopo averla trattata relativamente alle realtà anticapitaliste del Centro e del Sudamerica. Si analizza così la contraddizione capitale natura all’interno della contraddizione tra capitale e lavoro: dopo una ricognizione storica della questione ambientale all’interno del movimento storico comunista si approfondisce la natura capitalistica della cosiddetta green economy, si affronta il nodo della scienza come conoscenza collettiva e si ipotizza un controllo e una redistribuzione delle ricchezze naturali in chiave di transizione oltre il modo di produzione capitalista. Nel documento si dice “Si deve mettere in relazione, all’interno di un nuovo processo internazionalista, i movimenti sociali e politici dei paesi a capitalismo maturo che agiscono all’interno della contraddizione capitale-natura, con quelli che lo fanno nella periferia produttiva in una visione inscindibile delle loro rispettive istanze all’interno del conflitto capitale-lavoro”. E si aggiunge “Questo a partire dalle situazioni locali su specifiche vertenze, ma che abbiano la capacità di avere una visione complessiva e una percezione unificante”. Il lavoro svolto in questo campo riprende l’esperienza di movimento legata alla questione dei rifiuti nel napoletano e a quella delle vertenze in Val di Susa ed al complesso dei temi che periodicamente si riproducono nei territori al Nord come al Sud del paese.
[41] Ancora nel 2011 esce per Jaca Book il libro “Il risveglio dei maiali” di Luciano Vasapollo (con Rita Martufi e Joaquin Arriola) dove si analizza la crisi attuale dell’economia capitalistica mettendola in relazione con la crisi Usa degli anni Settanta e con la presunta crisi europea del debito pubblico. Viene fatta una critica forte dell’Unione Europea e dell’Euro e anche alle strategie dell’austerity (anche in versioni keynesiane che ancora aleggiano nella sinistra europea). In questo testo si propone, apertamente, la rottura della gabbia dell’Unione Europea, l’uscita dall’Euro e si prospetta la necessità dell’organizzazione di una nuova area monetaria euro-mediterranea ispirata dall’Alba sudamericana. Si tratta di una delle premesse teoriche più consapevoli e sistematiche di cui la costituzione della Piattaforma Sociale Eurostop è – anche se non direttamente – una risultante politico/pratica. Vasapollo afferma verso la fine del testo in coerenza con il percorso sin qui fatto: “La nostra analisi non ha a che fare con una visione immediata di fine del capitalismo per autodistruzione ed una teoria del crollismo. In assenza di un confronto di classe radicale da parte di una forza soggettiva organizzata capace concretamente di una ricerca di soluzioni, il sistema troverà ancora altre modalità attuative per far sopravvivere il modo di produzione capitalistico”.
[42] Nello stesso anno Luciano Vasapollo per Zambon editore pubblica “Il tocororo e l’uragano”, un vero e proprio trattato economico e politico sul concetto di pianificazione. Vasapollo tenta di evidenziare come l’adesione eccessiva al modello classico di pianificazione sovietico abbia causato una perdita della capacità di creazione, sviluppo e messa a fuoco critica del pensiero marxista. La natura sistemica della crisi del 2007 ci riporta invece a considerare la possibilità della pianificazione. Questa possibilità però è condizionata dalla capacità eventuale della tradizione (o del programma di ricerca) comunista di considerarsi un movimento reale che non può prescindere dal corso degli eventi storici. In questo senso l’approfondimento circa lo sviluppo del modello cubano ma anche quello relativo alla rivoluzione bolivariana può essere d’aiuto a chi voglia riprendere il testimone di questa tradizione. Dice Vasapollo nell’introduzione “Bisogna inquadrare gli attuali processi in corso non in maniera ideologica o con un acritico assenso, ma riconducendoli alla realtà delle cose, che non sono purtroppo un costante e progressivo cammino verso l’ideale comunista ma implicano a volte anche scelte sofferte e sul piano teorico momentanei passi indietro pur mantenendo l’orizzonte strategico della transizione socialista verso il comunismo”.
[43] A fine 2011 esce il Quaderno Cestes/Proteo a cura di Luciano Vasapollo e Rita Martufi “Il movimento indipendente dei lavoratori della crisi del capitale”. Tale lavoro costituisce un testo base ad un ciclo di formazione di quadri del neonato sindacato Usb. In questa elaborazione si analizza la situazione dei lavoratori all’interno della crisi sistemica del capitalismo e si propone l’utilizzo della cassetta degli arnesi di Karl Marx per agire nella crisi rafforzando il conflitto sociale. Si dice nel documento: “Il sistema capitalistico non è arrivato al capolinea ma sicuramente sta attraversando un periodo molto oscuro e sarebbe proprio ora che la classe lavoratrice potrebbe cercare di far valere fino in fondo i propri diritti. Ma bisogna dire che al momento in Europa non è ancora pienamente sviluppata ed anzi stenta a crescere anche se si va costruendo una forte e organizzata soggettività di classe…”.
[44] Sempre a fine 2011 esce la rivista cartacea Contropiano. Il primo numero porta nel titolo “L’Europa è una espressione geografica” dove, parafrasando un vecchio detto di Metternich, si fa il punto sulla nuova crisi esplosa nell’autunno del 2007. Un lungo articolo di Mino Carchedi polemizza con la tesi che vede la crisi originata da un’insufficienza della domanda e parla di una crisi dovuta alla caduta tendenziale del saggio di profitto, ponendo il problema del carattere alternativo di una scelta tra Marx e Keynes. Sergio Cararo interpreta, in controtendenza con le apologetiche interpretazioni in voga a “sinistra” le cosiddette primavere arabe alla luce della guerra di aggressione alla Libia e poi successivamente, alla Siria. Nell’Editoriale si scrive: “Contropiano rivista vuole contribuire alla ricostruzione di un alfabeto comune della Sinistra marxista e alla promozione di un dibattito franco e rigoroso, perché lo strumento dell’analisi teorica è fondamentale non solo per la comprensione della fase ma anche per la formazione e la qualità di una soggettività organizzata che sia all’altezza dei punti che la realtà pone all’ordine del giorno”.
[45] Nel Febbraio 2012 esce il sesto Quaderno di Politica e Classe su “La mala Europa” che socializza la discussione in merito alla crisi del debito pubblico europeo (e soprattutto dei paesi più deboli come l’Italia) e la svolta politica conseguente a questa crisi con la caduta del governo Berlusconi. Si parla dell’uso imperialistico del debito sovrano (Vasapollo), del debito in America Latina (Herrera) dell’irrazionalità del sistema capitalistico e della relazione tra crisi e caduta tendenziale del saggio di profitto (Carchedi) della scissione tra capitalismo e democrazia (Cremaschi). Giorgio Gattei fa una cronistoria puntuale ed ironica della crisi del debito sovrano e della guerra tra le agenzie di rating. Mauro Casadio scrive: “Aprire una riflessione ed un dibattito sui possibili sbocchi alternativi alle prospettive dell’Europa di oggi diventa importante anche per rafforzare la battaglia che siamo chiamati ad affrontare ogni giorno nel conflitto politico, sociale e sindacale e per dare corpo ad una prospettiva indipendente delle forze antagoniste”.
[46] A Maggio 2012 esce un numero della rivista Contropiano dal titolo “La camera oscura di von Clausewitz” un anno dopo la seconda guerra di Libia (a quasi un secolo dalla prima). Si analizza il Mediterraneo come mare di guerra, Sergio Cararo parla del ruolo fortemente bellicista di Israele nel contesto mediorientale e vede il prossimo bersaglio nell’Iran attraverso la Siria, mentre Gattei commenta la situazione italiana evidenziandone le debolezze. L’editoriale della Redazione commenta: “Sul piano economico e culturale gli Usa stanno perdendo quote crescenti di egemonia e stanno lottando con tutti i mezzi per cercare di mantenerla. Se questa tendenza è vera stiamo assistendo ad un cambiamento epocale: dalla concertazione tra grandi potenze (con gli Usa primus inter pares come garanti) alla competizione tra grandi potenze”.
[47] Sempre nel Maggio 2012 escono gli atti del Forum su “Partito/Organizzazione e funzione di massa nel XXI secolo”. Troviamo in questo opuscolo un approfondimento di Francesco Piccioni sulla funzione di massa della soggettività comunista con una bellissima citazione di Marx sul fatto che la maturità di un partito rivoluzionario si può raggiungere anche nel conflitto con un avversario che opera una controrivoluzione serrata. Al centro della questione dell’organizzazione c’è anche la questione giovanile e su tale problematica si sofferma la relazione introduttiva di Mauro Casadio: “Se per i giovani delle generazioni precedenti l’emancipazione era un obiettivo da porsi e per cui lottare, oggi tale possibilità di emancipazione scompare alla vista delle nuove generazioni attuali, che vengono lasciate in balia di una visione del mondo e di prospettive che nella situazione attuale non possono che peggiorare e così si amplifica la tensione sociale e le risposte si possono trovare solo in una prospettiva generale di cambiamento non condizionata dalla materialità del pragmatismo e vertenzialismo ormai senza più interlocutori nelle classi dominanti”.
[48] Nel Giugno del 2012 esce “La Metropoli come merce” dove continuando un discorso già avviato alla fine degli anni ’90 (sulle profonde trasformazioni delle aree metropolitane) e facendo proprio le nuove elaborazioni di David Harvey si analizza il ruolo delle multinazionali, della speculazione immobiliare nella messa a valore delle città, nello specifico l’esempio dell’area metropolitana romana. Nella rincorsa alla città globale dunque si piegano tutti gli aspetti della vita sociale alla necessità della valorizzazione del capitale. Domenico Vasapollo riassume bene la questione dicendo “Questo è il quadro dell’area metropolitana come ci appare oggi: un insieme di territorio, forza lavoro, amministrazioni compiacenti, leggi permissive che lasciano campo libero all’aggressione dei poteri forti e dei capitalismi mondiali”.
[49] Ancora nel 2012 escono gli atti del Forum dedicato ad Alessandro Mazzone “Il vicolo cieco del Capitale” dove si fa il punto della crisi sistemica e dello scontro tra imperialismi che ha prodotto la crisi della zona euro. Si parla dello strumento dell’Euro (Carchedi) dell’imperialismo europeo (Cararo) dell’egemonia tedesca (Gattei) del ruolo Usa nella crisi (Piccioni) dei paesi Brics (Casadio) e del continente/Cina (Giacché).
Ricordando la figura umana e politica di Alessandro Mazzone da poco scomparso i compagni della RdC dicono: “Mazzone, marxista autentico, non ci ha lasciato un materiale dato, ma la libertà della ricerca militante che opera per attualizzare un compito”.
[50] Nell’Ottobre del 2012 si pubblica il libro di Luciano Vasapollo “La crisi sistemica” per Jaca Book dove si spiega che la crisi economica che ancora attanaglia il capitale internazionale si origina dagli anni Settanta ed è una crisi che si è rivelata prima strutturale e poi sistemica e pertanto diversa dalle normali crisi in cui si dispiega il modo di produzione capitalistico. Si definisce crisi sistemica poiché la strutturalità e globalità della crisi rende evidente la tendenza alla caduta del saggio di profitto nei paesi a capitalismo maturo. Vasapollo precisa: “Guardando all’enorme distruzione di forze produttive in esubero, siano esse forza lavoro o capitale è evidente che non vi sono più le condizioni per ripristinare un nuovo modello di valorizzazione del capitale che sappia creare la possibilità per un nuovo processo di accumulazione capitalista”.
[51] A Dicembre 2012 si pubblica un nuovo numero di Contropiano “Il Cielo sopra Berlino”. Tra gli articoli si segnala il passaggio dalla crisi del plusvalore alla crisi dell’Euro (Mino Carchedi), della possibile alternativa dei paesi emergenti (Mauro Casadio) delle ambizioni imperialiste dell’Europa (Sergio Cararo) della illusioni della Green Economy (Domenico Vasapollo) delle lezioni di Hobsbawm (Massimiliano Piccolo) e dell’economista Antonio Pesenti. L’Editoriale ribadisce “Bisogna sempre rimanere con i piedi per terra ma spesso volare alto è il miglior modo di piantarli in profondità: se ora è infatti legittimo politicamente ipotizzare un punto di rottura in questa situazione, bisogna allora immaginarsi una funzione più avanzata e all’altezza del nuovo punto posto all’ordine del giorno”.
[52] Nel Febbraio del 2013 viene ripubblicata dopo dieci anni a cura del Laboratorio europeo per la Critica Sociale e dell’Associazione Politica e Classe la raccolta di articoli dal titolo “Mega2 : Marx ritrovato” in cui Alessandro Mazzone, Roberto Fineschi e altri studiosi parlano della Nuova Edizione storico critica delle opere di Marx ed Engels con piano, articolazione e linee editoriali differenti dalla prima (portata avanti in Urss dal 1927 al 1935). Nelle appendici il piano complessivo della MEGA2 , i piani di Marx per Il Capitale dal 1857 al 1866, una storia della stesura e della pubblicazione de Il Capitale. Importanti tra gli altri il ricordo da parte di Roberto Fineschi del maestro Alessandro Mazzoni (nel frattempo morto nel 2012) e l’articolo sempre di Roberto Fineschi in cui a partire dalle scoperte filologiche avvenute grazie alla MEGA2 egli analizza il dibattito tedesco sulla teoria del valore negli anni 70-80.
[53] A Marzo del 2013 esce un Quaderno di Politica e Classe -finalizzato ad un ciclo di formazione per i militanti della RdC- dove si prospettano “I tre fronti della lotta di classe” (che è una modalità originale del percorso di costruzione politico organizzativo della Rete dei Comunisti) con un’antologia di brani tratti da lavori di Engels, Lenin e Gramsci ed un estratto di vari documenti dell’Organizzazione. La tesi è che la sconfitta storica verificatasi con la fine dell’Urss aveva portato ad uno scompaginamento dei tre fronti (ideologico-strategico, politico-istituzionale, sociale-sindacale) che nel Novecento avevano trovato una sintesi. Dunque era necessario partire dai tre fronti e a questo proposito si scrive “La condizione concreta in cui siamo costretti ad operare, cioè quella di un autonomia politico-organizzativa dei diversi punti di intervento, è naturalmente una condizione transitoria dovuta alle necessità interna al processo ma con l’obiettivo di ricostruzione di una sintesi. Sintesi teoricamente o oggettivamente necessaria ma che non può essere ricostruita sulla base di forzature soggettive e che deve seguire la manifestazione delle contraddizioni e degli spazi che queste creano nel loro sviluppo”.
[54] Esce poi il documento per la seconda conferenza nazionale della Rete dei Comunisti dell’Aprile 2013 dal titolo “Rivoluzione: è il senso del momento storico” in cui si fa il punto della crisi che non è solo economica ma sistemica, se ne vedono gli effetti sull’Europa e sulle contraddizioni tra centri imperialisti e paesi emergenti e si parla di blocco storico in via di superamento. L’esito strategico è quello di agire per la rottura dell’Unione Europea e di questa proposta politica si elencano i punti di snodo.
Il processo che porta alla costituzione di Eurostop trova qui una tappa fondamentale.
Si dice nel documento “Nella discussione interna abbiamo ben presente l’esigenza di fare fronte al passaggio epocale di questi anni definendo in modo più solido la nostra collocazione strategica ed elaborando una proposta politica che riesca ad indicare un percorso relativo alle questioni generali sempre più pressanti che si pongono ai comunisti e al movimento di classe e soprattutto per chi vive a agisce politicamente in un paese collocato dentro i confini di una potenza mondiale a carattere imperialista qual è l’Unione Europea” e si aggiunge “ripercorrere perciò quella linea di tendenza che ha caratterizzato l’attuale crisi sistemica del capitalismo è un passaggio necessario a dare alla nostra proposta la credibilità necessaria a sostenere i veloci cambiamenti attuali ed anche quelli futuri che si manifesteranno in modo ancora più dinamico”.
[55] Sempre nel 2013 Luciano Vasapollo pubblica per Jaca Book “Un sistema che produce crisi” che con il precedente testo “Una crisi sistemica” costituisce il “Trattato di critica dell’economia convenzionale”. In questo volume si spiega che la crescita delle attività finanziarie in tutto il mondo che ha accompagnato il processo di globalizzazione a partire dai primi anni Settanta lungi dall’essere una novità è una caratteristica strutturale del sistema capitalistico dalle sue origini. La cosiddetta globalizzazione neoliberista si caratterizza in ogni ambito come inasprimento dello sfruttamento e ciò avviene attraverso una nuova divisione internazionale del lavoro e un attacco senza precedenti al costo del lavoro, al salario diretto, indiretto e differito. Questo accade anche nel polo imperialista europeo dove vengono applicare ai singoli Stati le stesse ricette imposte dal FMI ai paesi in via di sviluppo.
[56] A Settembre del 2013 esce un numero di Contropiano dedicato all’organizzazione politica (Organizzazione: la strada per le soluzioni) in cui si aggiorna l’analisi fatta nel 1998 e nel 1999. Si allegano pagine dei classici (Marx ed Engels, Lenin, Gramsci sul concetto di partito), si ripubblica (ovviamente rielaborato) l’articolo di Gattei sulla tipologia dei partiti di classe e si afferma nell’editoriale: “In conclusione affrontare la questione del Partito non è solo un problema di forma organizzative adeguate, ma in questo contesto storico si pone anche un problema di formazione dei militanti politici che non è né secondario né scontato”. Alla fine del numero si fa un primo resoconto della storia della Rete dei Comunisti, consapevoli che tale storia è al tempo la storia della ricerca di un nuovo modello di organizzazione politica in un paese capitalistico come l’Italia con l’intero suo corollario di specialità e peculiarità storico/politiche.
[57] All’inizio del 2014 esce un opuscoletto dal titolo “Antifascisti sempre” in cui si compie una lucida e puntuale analisi sui fascisti del terzo millennio (in particolare l’italiana Casa Pound). Ci si domanda all’inizio “A cosa possono essere utili i fascisti nel terzo millennio? Non essendoci all’orizzonte rivoluzioni proletarie o l’Armata Rossa pronta ad abbeverare i propri cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro, come si spiegano l’esistenza, il rafforzamento, il sostegno che i gruppi neofascisti ricevono da parte di settori non irrilevanti della borghesia italiana?”. E si risponde “Avere a disposizione una rete organizzata e diffusa di uomini neri a tempo pieno, pronti a fare il lavoro sporco in tutti i sensi, capaci di esercitare un minimo o un massimo di egemonia culturale sui settori sociali colpiti dalla crisi è il ruolo che è stato affidato ai fascisti”.
[58] A Febbraio del 2014 Esce il numero di Contropiano “Rompere la gabbia dell’Unione Europea” dove si richiama la necessità di rompere con il proprio imperialismo (Mauro Casadio) di individuare l’anello debole (Giovanni Bacciardi) di rompere un tabù consolidato anche a sinistra (Giorgio Cremaschi) del cambiamento dei rapporti tra capitalismo, democrazia e politica (Francesco Piccioni). Nell’editoriale si dice “La proposta della Rete dei Comunisti pone fortemente il problema dell’orizzonte strategico, nella consapevolezza che il passaggio dalla teoria alla realtà abbia bisogno di niente di meno che del movimento reale, che senza una intensificazione delle lotte e un passaggio organizzativo che abbia in vista un’accumulazione delle forze, la proposta stessa resta un’affascinante ma inverificabile ipotesi”.
[59] Nel Novembre del 2014 numero di Contropiano su “Gli apprendisti stregoni e la guerra” in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale: si discute dei venti di guerra che l’Europa promuove, nascondendosi dietro una proclamata volontà di pace. Si parla dei marxisti nel 1914 di fronte a scelte laceranti (Giorgio Gattei) della destabilizzazione del Medio Oriente anche a seguito del sorgere di un polo arabo-islamico (Sergio Cararo), dell’espansione della Nato ad Est (Marco Santopadre). Mauro Casadio scrive: “I conflitti bellici che si stanno manifestando non sono quelli del bipolarismo ma nemmeno quelli degli anni Novanta in cui lo strapotere Usa era incontrastato. Oggi i conflitti che gli imperialismi hanno generato hanno la caratteristica di non essere più pianificabili in quanto si sono modificati i rapporti di forza sul piano mondiale”.
[60] Sempre a Novembre 2014 viene dato alle stampe un libro, edito dalla RdC, “Uscire dal fosso e buttare via il rospo dal cuore” (a cura di Luciano Vasapollo e Isabel Monal), una raccolta di interventi di studiosi italiani, cubani e sudamericani su Antonio Gramsci visto come interlocutore del pensiero rivoluzionario dell’America Latina.
Si parla dell’Alba, di transizione, di Stato, di società civile, di egemonia, di nazional-popolare, di intellettuali organici, di rivoluzione francese. Si indaga, insomma, sull’uso del pensiero di Gramsci in Sud America. Molto significativa la fine di un’intervista a Luciano Vasapollo dove si dice “… Noi perché c’è un intero mondo da conquistare e solo “Noi” con la strategia della lumaca avremo la pazienza, la lentezza e la determinazione nel conquistarlo”.
[61] Nel 2015 la RdC aggiorna l’analisi fatta nel 2003 sull’Imperialismo. Il “piano inclinato degli imperialismi” è il titolo di un approfondito Convegno che si tiene a Bologna: dopo un’analisi più complessiva e politica di Mauro Casadio, Luciano Vasapollo parla delle possibili uscite europee dalla crisi sistemica, Mino Carchedi analizza i settori produttivi degli Usa e la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto alla luce di questa analisi, Francesco Piccioni analizza il ruolo del progresso tecnologico e delle sue implicazioni ideologiche e materiali sulla società, Giorgio Gattei si sofferma sull’imperialismo italiano, Sergio Cararo parla della competizione tra imperialismi e Walter Lorenzi fa un punto anche di taglio operativo ed organizzativo sulle iniziative che la RdC propone ai comunisti, agli attivisti ed ai movimenti di lotta. Carlos Venturi nell’introduzione del Convegno e dei successivi Atti dice “pensiamo che il primo imperialismo da combattere sia quello in cui viviamo, prima che arrivi a compimento il processo di centralizzazione economico, politico e militare, combattendo per rompere la gabbia che imprigiona milioni di lavoratori dentro e fuori l’Unione Europea”. Di tale discussione esiste anche una versione video su Cd/rom.
[62] Sempre nel 2015 esce un numero degli Annali Cestes/Proteo (sempre per la formazione dei quadri USB) monotematico sull’Unione Europea: Rita Martufi fa un’analisi statistico-economica degli indicatori economici di diversi paesi europei, Luigi Marinelli e Nazzareno Festuccia parlano dei meccanismi europei che consentono il controllo verticistico delle politiche economiche nazionali, Franco Russo discute del mercato unico, Vasapollo e Arriola dell’Alba euromediterranea, Paola Palmieri del dibattito attorno al controverso tema del TTIP. Nell’editoriale si dice “La formazione sindacale che stiamo tenendo da tempo non è solo un momento culturale o un dovere per meglio svolgere l’attività quotidiana di interventi nelle lotte, ma è un modo per riconnettere i fili di una coscienza collettiva del mondo del lavoro che comprenda quali sono le origini delle proprie condizioni materiali e che da queste tragga i giusti orientamenti per l’attività sindacale pratica e quotidiana. Inoltre contrastare il processo continentale in atto significa far parte e promuovere un movimento generale che sappia portare ad unità politica i lavoratori e chi oggi è danneggato da questo sviluppo sociale”.
[63] A Marzo 2015 esce un documento, prodotto dalla struttura di Roma della RdC, sulla “Metropoli come merce”. Si parla di diritto all’acqua, di scuola, di crisi dei rifiuti, di trasporti e mobilità, di farmacie comunali e più complessivamente di privatizzazioni e distruzione del welfare. Roberto Luchetti così conclude: “Negli Usa le privatizzazioni della sanità, della scuola, dello stesso circuito carcerario si sono rivelate una fonte di inesauribile guadagno per potenti lobby a spese dei cittadini, costretti a subire impotenti la lievitazione dei costi. La corruzione da quando siamo entrati nell’euro viene finanziata tagliando i servizi dello stato sociale. C’è bisogno di ribellarsi”.
[64] Sempre a Marzo 2015 esce un numero di Contropiano dedicato a “Migranti, mercato del lavoro e guerra” dove Mino Carchedi discute di keynesismo militare, Aboubakar Soumahoro di razzializzazione come nuova frontiera di sfruttamento, Mauro Casadio sui rapporti tra migrazioni e lotte sociali. Nella relazione introduttiva Walter Lorenzi dice: “Non è la prima volta nella storia del movimento operaio del nostro paese che gli ultimi agiscono non dal loro specifico ma da un punto di vista generale, rompendo così quell’isolamento che le classi dominanti vogliono imporre. Dunque la battaglia sul terreno dell’ideologia si dovrà misurare anche con nemici interni per dimostrare con i fatti l’interesse di classe comune tra immigrati ed italiani”.
[65] Ad Agosto 2015 esce per Natura Avventura Edizioni “L’Alba di una futura umanità” (dedicato a Domenico Vasapollo, morto prematuramente) di Luciano Vasapollo dove si parla di eurochavismo ovvero del fare dell’Alba latino americana il modello per un’Alba euro-mediterranea e dove si discutono i problemi relativi ad una integrazione monetaria, economica e sociale che abbia un segno antimperialista.
Vasapollo nell’intervista introduttiva cita Alessandro Mazzone che dice “Tocca a tutti, cominciando dal più semplice e andando avanti; il motto di Gramsci ‘Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza!’ è del 1919 e vale anche oggi. Chi non apprende, non saprà orientarsi. L’avversario di classe lo sa bene e opera tutti i giorni, anche attraverso le menti e i cuori, perché sia così e così resti. Se non ci sarà saldatura tra sapere alto e apprendimento di massa, la partita sarà chiusa prima di cominciare”.
[66] All’inizio del 2016 esce “Formazione, ricerca e controriforme” una raccolta di interventi sullo stato dell’istruzione (in particolare quella universitaria) e della ricerca. Si evidenzia il ruolo della UE per svuotare il contenuto formativo delle istituzioni scolastiche e la trasformazione di queste ultime in luoghi di propaganda e e di orientamento per addomesticare e plasmare la nuova forza lavoro intellettuale. Oltre gli interventi di Luciano Vasapollo, Antonio Allegra, Massimiliano Piccolo, Vincenzo Maccarrone, e Massimo Grandi che descrivono i processi in atto a diversi livelli di analisi, ci sono interventi di attivisti dell’Usb (Cinzia Della Porta e Vincenzo Giustolisi) che evidenziano la prospettiva dei lavoratori del settore e di Efrein Echevaria del Partito comunista cubano sugli sviluppi del sistema scolastico a Cuba oltre alla compagna catalana Rosa Canadell.
[67] A Maggio 2016 la casa editrice Odradek stampa “Tempesta perfetta” una raccolta di contributi (promossa da Noi Restiamo) di economisti non allineati per chiarire i vari aspetti di una crisi come quella del 2007 che risulta essere più lunga di quella fatidica del 1929. Intervengono Luciano Vasapollo e Giorgio Gattei (per nominare quelli più vicini alla Rete) ma anche Riccardo Bellofiore, Joseph Halevi, Marco Passarella e Jan Toporowski a sottolineare che anche grazie ai giovani di Noi Restiamo il dibattito tra posizioni spesso molto diverse rimane aperto. Il testo è un’ideale continuazione e aggiornamento di un’altra raccolta edita nel 2010 dalla Manifesto Libri con il titolo “Il capitalismo invecchia?”.
[68] A Giugno 2016 si tiene un seminario nazionale della RdC dal titolo “La ragione e la forza” proceduto da un opuscolo in cui si fa il punto della fase e si riflette sul percorso fatto sino a quel momento inserendolo nella storia del comunismo a cavallo del XX secolo e di quello attuale. La questione che si pone è come sia possibile che l’analisi fatta in questi anni sia sostanzialmente corretta e corroborata dai fatti ma al tempo stesso questa visione dinamica e feconda della storia non si traduca in una soggettività tale da porre i presupposti per un percorso di resistenza e di trasformazione della realtà.
In questo tentativo di rispondere alle domande poste si ventila la possibilità di una ricomposizione ancora di là da venire dei tre fronti. E si conclude: “Ad una maggiore differenziazione sociale deve corrispondere una maggiore capacità di astrazione, per trovare i nessi unitari nella frammentazione sociale, ed una maggiore, più forte capacità di organizzazione soggettiva per fornire la base materiale indipendente per la crescita della coscienza di classe. Non possiamo dare per scontato nessun “orizzonte” comunista e nessuna evoluzione “naturale” se non si dà il giusto peso al ruolo dell’organizzazione, e dunque del partito, nella ricostruzione di una coscienza politica della classe “qui ed ora”; così come oggi materialmente si manifesta in relazione al livello di sviluppo generale, alle “nuove” contraddizioni ed alla dimensione nazionale e sovranazionale”. A questo dibattito presentano relazioni: Mauro Casadio, Sergio Cararo, Luciano Vasapollo e Michele Franco.
[69] Sempre Noi Restiamo, in collaborazione con Contropiano, nel 2016 diffonde un opuscolo sul Reddito Garantito alla luce delle molte vertenze ed esperienze sul territorio italiano tese a conseguire questo obiettivo politico. A parte qualche intervento di natura più teorica, da notare una disamina delle proposte di legge in campo da parte del Cestes/Proteo e un lungo articolo di Rosario Marra sulla proposta e i contenuti politici della Legge Regionale d’Iniziativa Popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito in Campania. Nell’introduzione a cura di Noi Restiamo si legge “La ricostruzione di un punto di vista rivoluzionario è all’ordine del giorno, ma non può prescindere dall’internità dei comunisti alle contraddizioni reali prodotte dall’attuale livello di sviluppo del capitalismo … Si tratta di capire come avviare un processo di accumulo di forze che, partendo dal piano dei bisogni alzi le richieste e le aspirazioni su un piano che non può che essere politico”.
[70] A fine 2016 si tiene il Forum Nazionale della Rete dei Comunisti su “Il vecchio muore ma il nuovo non può nascere” che, riprendendo un metodo dell’elaborazione di Antonio Gramsci negli anni ’30 del secolo scorso. Questo Forum è, di fatto un’ulteriore sviluppo del precedente momento di riflessione (Le ragioni e la forza svolto sei mesi prima). In questo appuntamento di discussione e confronto si fa un punto dell’attuale fase storica e delle profonde novità intervenute. I contributi sono notevoli: Roberto Fineschi parla di epoche, fasi storiche e capitalismi, Luciano Vasapollo sistematizza le sue riflessioni sulla crisi sistemica del modo di produzione capitalistico, Mino Carchedi interloquisce sull’esaurimento dell’attuale fase storica del capitalismo, Giorgio Gattei parla della trasformazione del capitalismo in capitalismo patrimoniale.
Ma forse il saggio più bello e interessante è quello di Francesco Piccioni che scandaglia la crisi del comunismo novecentesco ed allude ad una possibile cornice di pensiero in cui bisognerebbe collocarsi per riflettere adeguatamente sulla nostra storia di comunisti e sul bilancio, critico/autocritico, da compiere. Sergio Cararo nelle conclusioni dice: “Le questioni discusse qui servono come il pane perché è la dimostrazione concreta che quello che si fa e che spinge alla trasformazione ha basi solide. L’avversario ha costruito non una narrazione ma una egemonia sul fatto che le relazioni sociali erano solo le sue e questa cosa quando ha superato le resistenze politiche ha distrutto una sinistra che lavora spesso su una sola questione (ambiente o pace o femminismo)”.
[71] All’inizio del 2017 esce (a cura di Noi Restiamo) la pubblicazione on line “Automazione e disoccupazione tecnologica” con interventi tra gli altri di Francesco Piccioni, Giorgio Gattei e Carlo Formenti. In questa sede si fa il punto sull’accelerazione tecnologica che sta rendendo possibile l’uscita dal mondo del lavoro di milioni di persone e si analizzano le problematiche implicate da questi processi. Nell’introduzione si dice “Il dato fondamentale da tenere in considerazione è che non si può affrontare il progresso tecnologico da un punto di vista meramente tecnico, né lo si può elevare a religione, ma bisogna considerare anche le sue implicazioni politiche e sociali e le relazioni di potere che vi stanno dietro” e si aggiunge “Mentre molta della letteratura economica mainstream sembra attribuire l’enorme aumento delle diseguaglianze cui abbiamo assistito negli ultimi anni esclusivamente a dinamiche legate all’automazione dei processi produttivi, noi non dimentichiamo certo che altri fattori politici e istituzionali sono all’opera, a partire dalla controrivoluzione neoliberista iniziata alla fine degli anni ’70”.
[72] Sempre nel Gennaio 2017 la casa editrice Zambon pubblica il libro di Luciano Vasapollo “Vantaggi complementari per la transizione al socialismo”. In questo testo si parla, tra l’altro, del passaggio dalla teoria dei vantaggi comparati che guida il mercato capitalista internazionale alla teoria dei vantaggi cooperativi (o complementari) che si basa sulla complementarietà e sulla solidarietà tra i popoli. In un’intervista Vasapollo dice a tal proposito “Lungi dall’essere un ritorno al baratto questa tesi si basa sul fatto che in un processo di transizione al socialismo si realizza nei fatti una inversione fondamentale che vede un’area ratificare un accordo in cui si crea uno spazio di sviluppo condiviso che convive sì con il mercato ma non con la legge del profitto capitalista: un socialismo con mercato ma non di mercato”.
[73] Nel marzo 2017 ricorre il quarantennale del “movimento del ‘77” ma è anche l’occasione per la RdC di dare alle stampe il primo volume de “Una storia anomala – Dall’Organizzazione Proletaria Romana alla Rete dei Comunisti”. Il lavoro pubblicato – con il sottotitolo: Il conflitto di classe negli anni ‘70 – è la prima parte di un lavoro di sistematizzazione storica e politica della genesi di quel filone teorico e pratico da cui – partendo dall’originale esperienza dell’Organizzazione Proletaria Romana – proseguito lungo il ciclo degli anni ‘80 e ‘90 è approdato, poi, alla nascita della Rete dei Comunisti.
Il libro descrive il contesto internazionale di quegli anni, le dinamiche di lotta e di scontro di quel periodo, la particolarità di una concezione di militante politico “proletarizzato” e la nascita delle prime Liste di Lotta, dei primordi della forma sindacale delle Rdb e dello strumento d’informazione Radio Proletaria (successivamente Radio Città Aperta).
[74] Nel 2017 si pubblica l’opuscolo a cura della Rete dei Comunisti e di Noi Restiamo (organizzazione giovanile che sta assumendo un ruolo sempre più importante anche a livello di stimolo di riflessione teorica) scritto da Mino Carchedi su “Lavoro mentale e classe operaia”. Su questo ci soffermiamo un poco in più. Perché parlare del lavoro mentale e di Internet? Io credo che anche su questo la RdC abbia avuto una grande puntualità considerando che proprio in questo periodo da un lato si è parlato dell’Industria 4.0 e degli investimenti massicci che l’Europa ha programmato a questo proposito e dall’altro si discute della circolazione delle informazioni con scenari anche iperbolici come la richiesta da parte di grandi industrie del web di attingere ai dati della clientela bancaria per poter commisurare meglio l’offerta di prodotti e di servizi in rete, una richiesta che ha attaccato con una disinvoltura quasi sorprendente anche a livello ufficiale il mito borghese della privacy che è ormai una vera e propria patacca a tutti gli effetti. Il punto è che l’iperspazio e la cultura digitale sono uno dei momenti di un dibattito che noi comunisti dobbiamo affrontare con cognizione di causa considerando ed assumendo il ruolo della tecnologia all’interno dello sviluppo e della crisi sistemica del capitalismo. Ci sono due interlocutori ideologici con cui è necessario avere un confronto anche conflittuale, due interlocutori che hanno un linguaggio molto diverso, che hanno almeno in apparenza posizione politiche quasi contrapposte ma che hanno in realtà molti tratti in comune il primo dei quali è una considerazione della tecnologia quasi salvifica per cui essa finirà o per sparigliare le carte al punto da dover effettuare solo una sorta di esodo o per risolvere tutti i problemi. Gli interlocutori a questo proposito sono sempre il postoperaismo e il positivismo di marca anglosassone (il positivismo dei guru tecnologici) che cerca di prendere spunto almeno a parole anche dall’elaborazione di Marx in alcuni suoi momenti (i Grundrisse e gli Scritti Giovanili). Qui è necessario contrapporre a questo fatalismo sociale (incarnatosi nel passaggio tra XIX e XX secolo nella figura di Herbert Spencer) una visione marxiana per cui la tecnologia è una forza produttiva crescente la quale però non risolve le contraddizioni a cui dà luogo anzi, per taluni aspetti, le amplifica. C’è bisogno di contrapporre un discorso che riporta l’analisi ai concetti marxiani di composizione organica del capitale, alla caduta tendenziale del saggio di profitto e ad una nuova definizione del lavoro (in particolare quello mentale) e ad alle rinnovate visioni delle trasformazioni sociali che pone in essere.
[75] A fine 2017 esce a cura di Luciano Vasapollo e Isabel Monal “Vamonos…nada mas!” testo che parla del rapporto dialettico (una sorta di dialogo di due diapason) tra Fidel Castro e Che Guevara al di là di certa storiografia che ne sottolinea capziosamente e astrattamente il carattere conflittuale. Si parla delle Rivoluzione Cubana che porta con sé l’unione tra teoria e prassi, un marxismo senza dogma e con elementi di creatività, il carattere anche culturale ed educativo del processo rivoluzionario, un internazionalismo non solo annunciato ma, soprattutto, praticato. Nel prologo scritto da Gerardo Hernandez Nordelo, Ramon Labanino Salazar e Luciano Vasapollo si dice: “Uno dei compiti fondamentali di questo nostro libro è quello di tentare tra le altre cose di dimostrare l’attualità dei contenuti delle questioni della transizione dal capitalismo al socialismo e per fare ciò in primo luogo bisogna fare chiarezza sulle dinamiche reali del confronto di questo grande dibattito”. Sempre negli ultimi mesi del 2017 è uscito (a cura di Ramon Labanino Salazar e Luciano Vasapollo) il libro “Yo soy Fidel” in cui si propone un’analisi sull’attualità del pensiero politico ed economico del comandante Fidel scomparso da pochi mesi.
[76] L’ultimo numero di Contropiano del gennaio 2018 “Competizione globale competizione interimperialista?” contiene, oltre ad un documento dell’Organizzazione sull’attuale congiuntura della situazione internazionale, un interessante approfondimento di Antonio Allegra “Lenin e la questione nazionale” dove, scendendo nei dettagli, si analizza e si periodizza la complessa e storicamente determinata posizione di Lenin sulla questione. Una discussione teorica e politica resa necessaria anche dal palesarsi della questione Catalana in Spagna e, di converso, in Europa. L’approfondimento è preceduto da un documento della RdC in cui la competizione globale internazionale viene interpretata principalmente come competizione imperialistica. Nell’introduzione al numero della rivista Michele Franco afferma “Da circa un anno la RdC ha avviato un piano di ricerca teorica e sta sollecitando una riflessione collettiva sulla nuova fase strategica per meglio adeguare e dare organicità alla propria azione politica” e aggiunge “Una discussione che, partendo dalla differenza analitica tra capitalismo e modo capitalistico di produzione vuole scandagliare e precisare l’approccio dei comunisti alla complessa realtà sociale tentando di evitare di confondere alcune contraddizioni secondarie con quelle decisive sulle quali va invece appuntata l’analisi per meglio orientarci ed agire”.
Facendo un rapido sunto delle produzioni qui elencate possiamo dire che l’elaborazione della Rete dei Comunisti (e delle organizzazioni e dei compagni con cui lavora a stretto contatto) ha analizzato la nuova fase dell’imperialismo, ha sottoposto a vaglio critico la tesi dell’Impero di Toni Negri, ha attualizzato la questione dell’organizzazione politica posta da Lenin mettendola in collegamento con l’organizzazione produttiva delle imprese capitalistiche, ha combattuto la versione sraffiana e postkeynesiana della teoria del valore-lavoro, ha proposto la tesi del polo imperialista europeo, ha messo in collegamento la riflessione di Gramsci con le esperienze dei Centro e del Sudamerica, ha monitorato le esperienza di Cuba e del Venezuela, ha analizzato la crisi sistemica del 2007, ha dato un importante contribuito alla costruzione del nuovo sindacalismo di classe, ha analizzato e fatto proposte rispetto alla crisi del debito europeo del 2011-2012 e delle forma di una nuova rappresentanza politica degli interessi storici ed immediati dei settori popolari della società.
Questo metodo di lavoro ha sempre portato a periodiche sintesi politiche ovvero elaborando un punto di vista autonomo e critico sia verso la variegata esperienza della Rifondazione Comunista e della tradizione del vecchio PCI, sia verso quella del postoperaismo, staccandosi da una sinistra radicale e/o alternativa incapace di vedere oltre il politicismo, il tatticismo e l’istituzionalismo ed in grado, spesso solo di limitare il proprio agire alla sola critica dell’esistente.
Nei difficili e complicati anni alle nostre spalle la Rete dei Comunisti non si è fatta sommergere dalla retorica antiberlusconiana e da quella europeista, individuando il passaggio da una fase unipolare ad una multipolare delle relazioni internazionali, individuando il processo di decadenza del keynesismo ma senza farsi confondere dal poststrutturalismo. La RdC ha compreso ed interpretato anche i limiti e la crisi dei movimenti pacifisti ed ecologisti incapaci di collegarsi ad una visione più complessiva ed alternativa al capitalismo ed alle sue invasive forme di dominio totalesulla società e l’insieme delle forme di vita.
Rispetto alla crisi europea la RdC ha dato credito al tentativo di Syriza di sparigliare la normalizzazione autoritaria della borghesia continentale europea – fino alla vittoria elettorale dell’Oxi – (perché così fa una organizzazione politica capace di sperimentare, di non chiudersi nell’astrazione dogmatica e settaria) scontando una contrapposizione con il KKE e le altre componenti dei “comunisti ortodossi”. Subito dopo però ha fatto una valutazione fortemente critica di questa esperienza la quale, ben oltre la banale categoria del tradimento dei singoli, si è rivelata incapace di promuovere una effettiva rottura con la gabbia dell’Unione Europea e del complesso delle politiche di austerity.
La RdC, forte della sua elaborazione collettiva, ha avuto, sostenzialmente, ragione: ormai è difficile non vedere che l’esperienza della sinistra radicale italiana ed europea è politicamente in grande difficoltà. L’evidente tendenza degli assetti mondiali vira verso il multipolarismo (e la presidenza Trump è una reazione violenta, ed a tratti scomposta, a questo stato di cose), è difficile non cogliere che la costruzione europea o collassa o tende a diventare una potenza imperialista che regge, nel tempo, eclusivamente ai danni delle classi lavoratrici, è difficile non vedere che il keynesismo non ride nonostante la crisi perché incapace di attualizzarsi (se non in senso moderato e soittoriformista) e privo di gambe politiche serie all’interno della classe borghese.
Questa organizzazione – la Rete dei Comunisti – ha in pratica fatto propria e si misura continuamente con la frase e la lezione di Lenin “Senza teoria, niente azione rivoluzionaria”.
Nota: ai lavori citati, che costituiscono gran parte dell’architrave del lavoro teorico e della battaglia culturale che la RdC ha intrapreso in questi anni vanno aggiunti numerosi saggi, articoli e ricerche che era impossibile citare. Per ulteriori materiali e contributi si possono consultare i vari numeri di Contropiano/rivista, le pubblicazioni di Nuestra America e gli archivi telematici di (contropiano.org) e del sito della RdC (retedeicomunisti.org)
Gennaio 2018