L’epidemia da Covid-19 è ormai fuori controllo. Quali le cause? Ad esempio il fallimento del sistema di tracciamento dei contagi che, nonostante il raddoppio dei download dell’applicazione Immuni, sono aumentati in maniera esponenziale. Un sistema che non poteva funzionare a causa del dualismo tra Stato e Regioni perché sono queste ultime, in forza della modifica del Titolo V della Costituzione ad avere la competenza a gestire l’organizzazione sanitaria sui territori. Non poteva bastare il lancio di un’applicazione a garantire un efficace tracciamento dei contagi, fin tanto che la tutela della salute continua ad essere materia di “legislazione concorrente” (allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, alle Regioni la disciplina di dettaglio). Eppure che lo Stato è depositario esclusivo della clausola di “uniformità” per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (di cui all’art. 117, comma 2, lett. m) nonché attore in grado di vegliare sulla loro effettività mediante l’esercizio del potere sostitutivo (art. 120, comma 2).
Il governo, da un lato, dice di affidarsi alle indicazioni del “Comitato Tecnico-Scientifico” ma poi perché non impone una catena di comando centrale in grado di affrontare in maniera univoca e lineare la gravissima pandemia in atto mettendo un freno al protagonismo confuso delle singole Regioni? Perché ha continuato a lasciare in mano a 20 centri di potere – sconclusionati ed in affanno – la gestione pratica di un problema dimensioni continentali e mondiali? Lo abbiamo visto in queste ultime settimane, in cui la diffusione del contagio da corona virus ha ripreso a crescere in modo vertiginoso: alla frammentarietà regionale in cui versa la sanità italiana si è aggiunto, rovinosamente, il protagonismo dei sedicenti “governatori” che, fin qui, hanno fatto a gara nel prendere decisioni tanto plateali quanto inutili
Il Governo nazionale, in punta di Costituzione, ha il potere di avocare a sé determinate funzioni e attribuzioni regionali mediante l’esercizio del potere sostitutivo. Un potere che avrebbe potuto usare da subito proprio per far funzionare il contact tracing, affidato, invece, a quegli organici delle aziende sanitarie regionali, già esangui e schiacciate dalla gestione territoriale dell’epidemia, dunque non in grado di gestire in modo tempestivo ed efficace tanto la mole di dati raccolti per Immuni, quanto le segnalazioni che provengono da cittadini, enti, aziende e soprattutto dalle scuole.
Un potere che lo Stato avrebbe potuto esercitare anche, e soprattutto, per implementare un piano di assunzioni straordinario di personale medico e paramedico, oltre che per imporre ed attuare un piano eccezionale di incremento dei trasporti pubblici locali falcidiati da tagli su tagli. Come mai quel potere non è stato ancora usato?
La risposta è nello stretto intreccio che esiste tra i sistemi di potere regionali e i grandi medi e piccoli partiti, sia quelli che stanno al governo che quelli che fanno la pantomima dell’opposizione.
Ecco cosa rende tanto simili due regioni così apparentemente diverse come la Lombardia ed il Lazio. Le avide e rapaci burocrazie regionali (i livelli dirigenziali, ovviamente), diventate potentissime all’interno dei partiti proprio a partire dalla gestione regionale della sanità.
Nonostante il pesante definanziamento pubblico ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, messo in atto da tutti i governi succedutisi nel decennio 2010-2019 (€ 37 miliardi di tagli lineari), la spesa sanitaria (115,4 miliardi di euro) continua ad essere una fetta enorme del bilancio dello Stato intorno alla quale sono prosperati e prosperano giganteschi gruppi di interesse accanto a dirigenti pubblici collusi, inefficienti e corrotti, e tuttavia potentissimi all’interno dei partiti di riferimento.
Quegli stessi partiti che, mentre si spartivano la torta sanitaria regionale, hanno messo in atto feroci “piani di rientro” consistenti in meri tagli al servizio pubblico con il fine ultimo di favorire l’offerta sanitaria privata ed in convenzione ed ora anche quella della sanità integrativa delle grandi compagnie assicuratrici hanno acquisito un’influenza preponderante nei confronti di partiti e sindacati. Basti pensare che proprio il Lazio del governatore e segretario del PD, Zingaretti, in 8 anni ha tagliato 16 ospedali e 3.600 posti letto!
Il Servizio Sanitario Nazionale non regge più e ciò è diretta conseguenza degli effetti criminali e delle responsabilità politiche di quasi 10 anni di politiche di austerità, oltre che di smaccata subalternità ai grandi gruppi di interesse e di un generalizzato corruzione delle classi dirigenti. Quella stessa austerity imposta dalla Troika europea, in nome della quale governanti di stato e di regioni non hanno adeguato sanità, trasporti ed organizzazione sociale prima una seconda ondata travolgesse il paese e questa volta per intero. Una classe politica schiacciato dagli assurdi dettami dell’austerity di matrice comunitaria e da quel mondo delle imprese che ha sempre messo le ragioni del profitto davanti alla salute anche quando la strage assumeva dimensioni terribili, com’è accaduto nei distretti industriali di Bergamo e Brescia, in pieno sviluppo della pandemia.
Nei giorni scorsi l’Ordine dei Medici ha chiesto un nuovo lockdown totale data la crescita enorme dei numeri relativi a ricoveri e soprattutto terapie intensive. Secondo il presidente dell’ordine, le misure restrittive attuali sono insufficienti e avverte: subito lockdown per l’Italia intera o situazione esplosiva negli ospedali e 10mila morti in un mese. Le scene delle interminabili code di ambulanze e macchine private con dentro i malati di covid in attesa di essere ricoverati, cui assistiamo ormai quotidianamente, sono inaccettabili. Le testimonianze dei medici costretti a scegliere di applicare un ventilatore in base all’età anagrafica sono terrificanti. I racconti di un personale paramedico ed ausiliario sfinito alle prese con ondate di persone affette da covid ospedalizzate in condizioni drammatiche sono sconfortanti.
Gran parte delle strutture ospedaliere sono al collasso; mancano all’appello schiere di medici specialisti e almeno 100mila infermieri. Gli infermieri mancano perché i concorsi vanno deserti perché i bandi sono tutti a tempo determinato e nessuno è più disposto a mettere in gioco la propria vita in assenza di certezze di qualsiasi tipo
Ma soprattutto è necessario ed urgente ri-centralizzare la sanità pubblica, sottraendola alle guerre territoriali dei governatori; occorre un piano straordinario che rimetta in campo una medicina territoriale funzionante, dipartimenti di prevenzione efficienti, DEA rafforzati.
E poi hanno ragione i medici che, come i paramedici, stanno vivendo in prima linea, una situazione che è quasi dappertutto, drammatica. I numeri dei contagi e dei decessi crescono vertiginosamente e, dunque, non c’è alcuna alternativa: bisogna fermarsi subito prima che sia troppo tardi davvero.
Ma come si fa a chiedere a milioni di persone che stavano appena risalendo la china a stare a case senza alcun sostegno?
È ora di finirla con il mantra “i soldi non ci sono” che serve solo a coprire privilegi e rendite di posizione che sono rimasti/e intatti/e durante tutta la pandemia. I soldi, ci sono, eccome! Basta andare a prenderli. Davanti alla più grave crisi dal dopoguerra il minimo che si possa pretendere è che venga imposta una tassa – equa e necessaria – al 10% più ricco del paese: Quel 10% che possiede quanto il 60% più povero e che ha visto accrescere enormemente il proprio patrimonio anche durante la pandemia.
È ora di rivendicare salute e reddito per tutti: bisogna curare, chiudere e garantire reddito a chi non ce l’ha.
Per rendere tangibili questi obiettivi occorre permeare le lotte sindacali e politiche mettendo di nuovo all’ordine del giorno la parola d’ordine del Socialismo del secolo XXI. La pandemia sta mettendo concretamente a confronto due modelli sistemici antagonisti ed alternativi, uno proiettato solo al profitto e alla distruzione della natura, l’altro centrato sulla cura e la salvaguardia della vita delle maggioranze.
Cuba, Venezuela, Vietnam, Cina stanno dimostrando molto concretamente che salvaguardare la salute e la vita umana significa preservare anche l’economia.
Non abbiamo mai avuto modelli di riferimento da “esportare”, ma una concezione del Socialismo che si potrà affermare solo se si conformerà alle caratteristiche storiche, sociali economiche e culturali di ogni paese.
Sostenere le mobilitazioni di chi difende la salute delle maggioranze in questa fase tragica di pandemia globale significa per la Rete dei Comunisti evidenziare l’urgente necessità di cambio di sistema, che tutte le lotte dovrebbero assumere e agitare nelle piazze, nei quartieri popolari, nelle scuole e nelle università. A noi il compito di realizzare questo obiettivo.