Campagna tesseramento alla Rete dei Comunisti 2021
La crisi di civiltà nella quale si sono impantanati gli imperialisti con la barbarica gestione della pandemia fa tornare indietro le lancette della storia, ad un’epoca nella quale le bronzee leggi del mercato emergevano con crudezza dalle pagine di Engels sulla condizione della classe operaia inglese della seconda metà dell’800. Le fosse comuni a Hart Island – l’isola degli orrori di New York – le file di camion militari con le bare di Bergamo, le migliaia di vittime che quotidianamente si sommano a più di un anno dall’inizio della pandemia, sono la contemporanea trasposizione dei lazzaretti di due secoli fa, dove andavano a morire gli scarti umani della produzione negli opifici dell’epoca.
Di fronte a questo scempio, le soluzioni proposte dai nostri nemici di classe sono le solite – ammantate da veli ideologici sempre più deboli ma spaventosamente più sofisticati e mistificanti – a rimarcare la crisi di egemonia delle sue rappresentanze istituzionali e dei loro diversificati dispositivi di governance globale. I governi si susseguono, ma il senso di marcia è sempre lo stesso. Paradigmatico il cambio della guardia alla Casa Bianca. I democratici di tutto il mondo attendevano con trepidazione il defenestramento di Trump il bruto, per ritrovarsi oggi un esponente democratico che in politica estera supera, per interventismo imperialista, il suo predecessore.
In forme diverse, anche i governi europei sono alle prese con questa contraddizione di fondo. Possono cambiare le geometrie politiche, sino ad arrivare a esecutivi “monstre” sul modello del governo Draghi, senza che cambi di un millimetro la linea di marcia imposta dal Trattato di Maastricht in poi con l’obiettivo di costruire il polo imperialista europeo essenziale per garantire margini di competizione alle multinazionali del nostro continente nell’ambito dell’accresciuta competizione gobale tra potenze, blocchi militari ed aree monetarie.
L’attuale stallo nel conflitto interimperialistico, tra i poli imperialisti e le potenze economiche emerse negli ultimi 20 anni come antagoniste “de facto” dell’Occidente capitalistico, può rompersi in ogni momento, determinando scenari potenzialmente devastanti per il pianeta. La guerra guerreggiata, strumento salvifico per il capitalismo sino alla prima metà del ‘900, trova oggi un forte limite nella diffusione dell’arma nucleare, oramai in possesso di molti paesi nel mondo. Non sappiamo se questo limite sarà sufficiente a fermare gli “spiriti animali” di un sistema sempre più in difficoltà.
Il tornante storico che stiamo attraversando, ricco di sfide complesse ed inedite, pone, urgentemente, la necessità di un cambio di modello sociale e di sistema. Si ripropone il tema della Rivoluzione e della sua concreta realizzabilità. L’impegno – quindi – a costruire, attraverso sperimentazioni politico/pratiche, una soggettività comunista organizzata proiettata ad interpretare il corso attuale della crisi e a mettere in campo le ragioni e la forza per attualizzare il compito storico del “ribaltamento dello stato di cose presenti”.
I dati oggettivi che possono far risalire la china all’opzione comunista sono tutt’ora vigenti e maturano nelle pieghe delle contraddizioni che attanagliano il dipanarsi del Modo di Produzione Capitalistico.
Con buona pace di tutti i revisionismi che hanno, più volte, decretato la fine della “spinta propulsiva dell’Ottobre” e degli apologeti del capitale che cianciavano di “fine della Storia”, l’attuale formazione sociale dominante mostra, drammaticamente, i suoi limiti, la sua essenza antiumana e le sue capacità distruttive.
In questa congiuntura storica alcune esperienze popolari e rivoluzionarie che si richiamano al Socialismo stanno rappresentando plasticamente una alterità concreta al capitalismo. Cuba, il Venezuela, li Vietnam, il Kerala, la Cina, attraverso forme diverse, talvolta “controverse” di modalità di socialismo, stanno salvando le proprie popolazioni dal virus e le proprie economie dalla crisi, lanciando così un segnale chiaro e incontrovertibile alle masse popolari di tutto il mondo.
La nostra prospettiva di lotta e di organizzazione – la costruzione politica ed organizzativa della Rete dei Comunisti – non si fonda su una presunta “importazione di modelli” unici e irripetibili di Socialismo, ma intende ribadire qui ed ora la centralità della costruzione di uno strumento organizzato per lottare contro il capitalismo e per la rottura del polo imperialista europeo, verso la costruzione di quella che noi chiamiamo l’Alba Euro – afro – mediterranea, che raccolga e unisca dialetticamente la storia, la cultura e i rapporti socio/economici che da sempre intercorrono tra i paesi rivieraschi del Mediterraneo, trasformandoli in relazioni di scambio solidali ed internazionalisti, fuori e contro i meccanismi di sfruttamento coloniale ed ineguale che caratterizzano il modello capitalistico.
Iscriversi e militare nella Rete dei Comunisti significa questo: impegnarsi nella sua costruzione e nel suo arricchimeto teorico e programmatico, contribuire all’affermazione di una concezione del mondo e della vita in grado di misurarsi e superare le sfide imposte dalla contemporaneità capitalistica ma – soprattutto – una spinta a rappresentare, anche in tendenza, una altervativa generale agli odiosi rapporti sociali vigenti.
NOI ci siamo.