Video-intervista a Jaume Soler, realizzata da Oriol Sabata per “Nueva Revolutión” e sottotitolata in italiano
Il 7 novembre, in Nicaragua si terranno le elezioni presidenziali, e si rinnoveranno anche 92 deputati dell’Assemblea Nazionale e 20 posti al Parlamento Centroamericano.
Alcune settimane dopo, il 21 novembre, si terranno anche le elezioni regionali e municipali.
Alle elezioni del 7 novembre saranno presenti circa 180 osservatori internazionali provenienti da tutto il mondo, mentre l’Esercito garantirà la sicurezza del processo con l’impiego di 15 mila effettivi che vigileranno sui 4 milioni ed ottocento mila elettori che si recheranno alle urne, dove 80 mila membri della Juntas Receptoras de Votos (JRV) accompagneranno lo svolgimento del processo elettorale nei circa 3.100 seggi abilitati.
A quattro giorni dalle elezioni si è conclusa la campagna elettorale iniziata il 25 settembre.
Il Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN) governa il Paese dal 2007 e Daniel Ortega cerca la sua terza elezione consecutiva ed il quinto mandato. Il divario tra il leader sandinista e l’opposizione che ha deciso di candidarsi, accentando per calcolo o per convinzione, la via elettorale e non quella golpista, sembra incolmabile.
Il Paese è stato definito dagli USA – che insieme all’Unione Europea hanno ampliato le sanzioni nei confronti di alcune sue personalità, usando strumentalmente la supposta violazione dei diritti umani,– “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
Una strana minaccia, quella di un piccolo Paese in via di sviluppo di appena sei milioni e seicentomila abitanti che produce circa il 90% di cui ha bisogno in una economia di sussistenza dominata dalla piccola e media impresa.
Il Nicaragua era già stato oggetto di una pesantissima ingerenza con l’intervento dei Contras negli Anni Ottanta durante l’amministrazione Reagan.
Un intervento, quello statunitense, che non riuscì a destabilizzare militarmente il Paese dopo la conquista del potere nel 1979 e la deposizione del dittatore filo-statunitense Somoza, ma che lo logorò nei primi anni della rivoluzione sandinista e contribuì di fatto alla sconfitta del FSLN nel 1990, aprendo la strada a 16 anni di neo-liberalismo sfrenato.
Durante questi ultimi 14 anni la direzione generale del Paese è stata chiara, conseguendo notevoli risultati nel miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini e invertendo radicalmente le politiche intraprese dall’oligarchia statunitense, riprendendo “in pace” il cammino iniziato nel 1979, un percorso affine alle esperienze progressiste sviluppatesi nel continente.
Ma il revanchismo delle oligarchie filo-statunitensi non si affievolito in questi anni, nemmeno dopo il fallimentare tentativo golpista dell’aprile del 2018.
Non a caso, la paladina dell’opposizione Cristina Chamorro è figlia dell’ex Presidente Violeta Barrios che batté Ortega nel 1990.
Così come non sono scemati i tentativi di ingerenza USA, UE e OAS e che ora mirano alla delegittimazione preventiva del processo elettorale in corso, con la scusa dell’ “imbavagliamento” dell’opposizione che come tutta la destra latino-americana non ha mai rinunciato alle pulsioni golpiste e ha mostrato nel 2018 che grado di violenza è capace di scatenare contro il popolo nicaraguense ed i militanti sandinisti.
Ortega, dopo il 2018, ha concesso l’amnistia e tentato la strada della conciliazione, ma una parte ha deciso di voler continuare con le sue trame golpiste a destabilizzare il paese anche grazie al flusso di dollari che alimenta questi soggetti. Elementi che agitano il tema dei “diritti umani” quando gli viene legittimamente e legalmente impedito di nuocere ulteriormente al Paese svendendolo agli appetiti imperiali e tradendo la sua indipendenza.
Questo martedì il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che il processo elettorale è una “farsa”, aggiungendo che anela solo a “mantenere il dittatore al Potere”.
Borrell ha fatto queste pesantissime dichiarazioni mentre si trovava a Lima per un tour in America Latina che è alla vigilia di importanti elezioni anche in Argentina, il 14 novembre, e in Cile, il 21 dello stesso mese.
Il funzionario europeo ha aggiunto che: “la situazione in Nicaragua è una delle più preoccupanti nelle Americhe al momento”.
Dello stesso tono le dichiarazioni del Segretario di Stato statunitense Antony Blinken che ha accusato Ortega di avere preparato “elezioni vergognose prive di credibilità” ed ha accolto positivamente il voto unanime dei 26 paesi dell’OAS – la filo-statunitense Organizzazione degli Stati Americani – di condanna al processo elettorale e alla “repressione”.
E di pochi giorni fa la notizia che gli USA intendono ampliare le sanzioni che potrebbero riguardare non solo personalità nicaraguensi ma anche Unità delle Forze di Sicurezza del Paese e aziende governative e rivedere la partecipazione del Nicaragua al Central America Free Trade Agreement procedendo verso quel blocco con cui già cercano di strangolare Cuba ed il Venezuela.
È chiaro che oltre il modello sociale portato avanti dal sandinismo ed i profondi legami con Cuba e Venezuela, USA e UE temono l’infittirsi delle relazioni centro-americano con la Russia e con la Cina.
Ci è sembrato perciò utile come Rete dei Comunisti tradurre e sottotitolare questa breve video-intervista a Jaume Soler, realizzata da Oriol Sabata per “Nueva Revolutión” e pubblicata l’11 ottobre.
Jaume è un membro del Comité Europeo de Solidariedad con la Revolutión Popular Sandinista, e nei circa 16 minuti della densa intervista passa in rassegna le ragioni e le dinamiche dell’ingerenza imperiale di USA ed UE, le acquisizioni politico-sociali del sandinismo al governo e la posta in gioco in queste elezioni.
Rete dei Comunisti