di Rete dei Comunisti
Il 7 novembre, in Nicaragua sono tenute le elezioni presidenziali, dove si sono rinnovati anche 92 deputati dell’Assemblea Nazionale e 20 posti al Parlamento Centroamericano.
Tra alcune settimane, il 21 novembre, si terranno anche le elezioni regionali e municipali.
Il primo bollettino di voto rilasciato dalla presidente del Consejo Supremo Electoral (CSE) basato sul 49,25% dei voti scrutinati, ha dato il 74,99% delle preferenze a Daniel Ortega, e solo un 14,40% ad uno degli altri candidati, Walter Espinosa del PLC.
Si sono recati alle urne il 65,34% dei 4 milioni e ottocento elettori aventi diritto di voto su una popolazione composta da 6 milioni e seicentomila abitanti.
Se come sembra il dato definitivo confermerà quello parziale, Daniel Ortega governerà il paese centro-americano per il suo quinto mandato, il terzo consecutivo, fino al 2027.
I governi di Cuba, Venezuela e Bolivia si sono congratulati con il loro omologo nicaraguense, insieme all’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nustra América (ALBA-TCP) attraverso un comunicato della propria Segreteria Esecutiva.
Una prova democratica che conferma l’indipendenza e la sovranità del Paese di fronte a minacce ed ingerenze è sostanzialmente il giudizio comune di questi tre governi e dell’Alianza.
Mentre le esperienze progressiste più avanzate del continente a livello governativo si sono felicitate, Stati Uniti ed Unione Europea hanno incrementato le proprie pressioni imperialiste sul Paese, con la stampa occidentale allineata completamente con i desiderata di Washington e Bruxelles.
In una dichiarazione ufficiale questa domenica 7 novembre, Joseph R.Biden ha definito le elezioni “una pantomima”, definendo Ortega “da tempo impopolare e ora senza un mandato democratico”, paragonandolo insieme alla vice-presidente e compagna Rosario Murillo alla famiglia del Somoza!
Chiede a Ortega di “ripristinare la democrazia” e liberare coloro che sono stati imprigionati, esponenti dell’oligarchia filo-statunitense coinvolti a vario titolo in inchieste giudiziarie.
Fino a quel momento “Gli Stati Uniti, in stretto coordinamento con altri membri della comunità internazionale, useranno tutti gli strumenti diplomatici ed economici a loro disposizione per sostenere il popolo del Nicaragiua e ritenere responsabile il governo Ortega-Murillo e coloro che favoriscono i loro abusi”.
Una minaccia che il Presidente nord-americano ha allargato ad altri Stati del Continente, non specificando quali, ma che lascia presagire quale sia la determinazione con la quale cercherà di reimporre la propria egemonia su tutto continente.
La “Dottrina Monroe” infatti è stata applicata non solo contro le forze apertamente socialiste, ma anche contro le esperienze timidamente social-democratiche, come dimostrano storicamente il colpo di Stato in Guatemala nel 1954 o quello più recente in Honduras nel 2009.
Già prima del 7 novembre gli USA intendevano ampliare le sanzioni che potrebbero riguardare non solo personalità nicaraguensi ma anche Unità delle Forze di Sicurezza del Paese e aziende governative, e rivedere la partecipazione del Nicaragua al Central America Free Trade Agreement procedendo verso quel “blocco” con cui già cercano di strangolare Cuba ed il Venezuela.
È dal 2018 che gli USA impongono sanzioni contro dirigenti e istituzioni del Paese attraverso il “Nina Act”, ed il 6 agosto di quest’anno il Senato statunitense ha approvato il “Renacer Act” che è ancora in discussione al Congresso.
Questa legge che mira a “rinforzare l’adesione del Nicaragua alle condizioni della Riforma Elettorale” propone esplicitamente delle “nuove iniziative per monitorare, documentare e rispondere alla corruzione del governo e della famiglia del presidente nicaraguense Daniel Ortega, così come le violazioni dei diritti umani perpetrati per le forza di sicurezza del Paese”.
Il martedì della scorsa settimana il capo della diplomazia europea Josep Borrell aveva dichiarato che il processo elettorale è una “farsa”, aggiungendo che anelava solo a “mantenere il dittatore al Potere”.
Borrell ha fatto queste pesantissime dichiarazioni mentre si trovava a Lima per un tour in America Latina che è alla vigilia di importanti elezioni anche in Argentina, il 14 novembre, e in Cile, il 21 dello stesso mese.
Il funzionario europeo ha aggiunto che: “la situazione in Nicaragua è una delle più preoccupanti nelle Americhe al momento”.
In una dichiarazione di questo lunedì l’Alto Rappresentante presso la UE ha dichiarato che le “elezioni si sono svolte senza garanzie democratiche ed i suoi risultati mancano di legittimità”.
Una presa di posizione simile è stata presa congiuntamente da due esponenti di spicco del Parlamento Europeo, come il Capo del Comitato degli Affari Esteri il tedesco David McAllister membro dei popolari europei (EPP) e il Capo-Delegazione per le relazioni con i paesi del Centro America, la luxemburghese Tilly Metz, dei verdi (The Greens/EFA).
È chiaro che oltre al modello sociale portato avanti dal sandinismo, che ha conseguito risultati straordinari soprattutto se paragonato agli altri Stati Centroamericani, ed i profondi legami con Cuba e Venezuela, USA e UE temono l’infittirsi delle relazioni del paese centro-americano con la Russia e con la Cina e si apprestano ad aumentare la pressione sul Nicaragua convergendo nel volere di fatto destabilizzare il paese.
In questo clima anche la stampa italiana non completamente allineata alle visioni del governo USA e dell’establishment europeo – come “Il Fatto Quotidiano” e “Il Manifesto” – ne hanno di fatto sposato in pieno il punto di vista.
Come Rete dei Comunisti pensiamo che il Nicaragua sandinista sia un tassello fondamentale di un continente che è la “speranza per l’umanità” e non possiamo che rallegrarci per l’esito, anche se parziale, del voto che permette al paese di continuare ad affermare la propria indipendenza, la propria sovranità e proseguire nel cammino fino ad ora intrapreso.