Rete Dei Comunisti
Giovedì 18 dicembre è andata in scena la 22esima edizione degli “oscar” della cosiddetta musica latina.
A trionfare ai Latin Grammy 2021, nella categoria “Canción del Año” è il singolo “Patria Y Vida”, quello che i media manistream riportano essere “inno della protesta cubana”, in realtà un inno del tentativo di restaurazione capitalista dell’isola.
Una protesta che qualche giorno prima aveva rivelato il suo carattere totalmente artefatto ed evanescente, per così dire d’importazione, considerato che il 15 novembre – giorno dell’annunciata marcha da parte dei dissidenti – non è successo nulla.
Cuba ha potuto tornare a respirare, nonostante il feroce blocco economico, un po’ di normalità con le scuole che hanno completato il ritorno in presenza, la ripresa del flusso turistico, l’inizio di un importante evento culturale come la Biennale e la fine del lockdown.
Tutto questo anche grazie alla riuscita campagna di vaccinazione effettuata grazie ai tre vaccini autoprodotti, ed una attentissima politica di tutela della salute dei propri cittadini e frutto di una politica sanitaria gratuita ed universale.
Ma di questa rinnovata normalità, i canali di informazione occidentali hanno preferito non parlare, trattando invece di una supposta plumbea cappa repressiva abbattutasi sulle teste degli “oppositori cubani”.
I corporate media hanno dimostrato ulteriormente un certo disprezzo del ridicolo quando hanno avvallato vere e proprie fake news secondo le quali il sedicente leader della protesta, lo sceneggiatore Yunior Garcia, dopo aver ripiegato per una marcia solitaria – che non ha comunque fatto – si è recato in Spagna con un visto turistico, all’insaputa degli membri di questa supposta dissidenza che lo davano per desaparecido.
Per giustificarsi Garcia ha detto che gli era impossibilitato comunicare – cosa che anche il filmato che abbiano tradotto e sottotitolato dimostra – mentre in realtà si è recato indisturbato nella penisola iberica accolto in un Paese dove la libertà d’espressione è stata ripetutamente negata, e dove artisti critici con l’establishment sono stati incarcerati – come Pablo Hasel – o costretti all’esilio.
L’artista, da tempo pedina delle attività contro-rivoluzionarie ordite a Miami e vicino a personaggi di spicco del terrorismo anti-cubani, è andato tra le braccia del Partido Popular, di fatto l’erede politico del franchismo.
Invece di fare i conti con la bolla scoppiata dell’opposizione cubana “virtuale”, alimentata dai fiumi di dollari statunitensi e trans-cresciuta grazie alla natura delle piattaforme di comunicazione digitale occidentale, si è preferito riparare inscenando un altro show.
Gli interpreti di questo brano musicale – in sé un prodotto della guerra ibrida contro Cuba – Descemer Bueno, Gente de Zona, Yotul Romero, Maykel Osorbo ed El Funky insieme ai compositori Yadam Gonzalez e Beatriz Luengo, sono stati premiati a Las Vegas – si noti Las Vegas – in una cerimonia in cui hanno dedicato tale premio alla “libertà di espressione e per quella dei cubani”.
Questo squallido siparietto che ha fatto il giro del mondo, ancora più squallido considerate le lacrime versate dalla campagna dal leader di questa eterogenea collaborazione musicale e dall’atteggiamento sprezzante nei confronti della bandiera cubana indossata come una specie di mantello da monarca.
Ma il Grammy, come altri “premi” ed eventi culturali, celano sempre di meno la loro natura di propaganda politica al servizio dell’impero, e contribuiscono alla nostra subordinazione culturale divenendo veri e propri benchmark che spacciano l’immondizia culturale per arte.
È chiaro che Patria y Vida non è che la punta dell’iceberg da un lato del tentativo di colonizzazione culturale all’interno di Cuba e dall’altro di un vera e propria operazione di propaganda rivolta all’esterno fatta attraverso i canali dell’industria musicale statunitense che è fortissimo strumento di penetrazione valoriale in America Latina, ma non solo.
Per questo abbiamo tradotto e sottotitolato una puntata della trasmissione televisiva “Con Filo” ad essa dedicato, un interessantissima esperienza di decostruzione mediatica del trattamento che viene riservato a livello internazionale a Cuba e che scopre costantemente il velo della manipolazione mediatica..
Il programma, il cui nome deriva da un adagio popolare – abordar cada tema con filo, contrafilo y punta – nasce da una collaborazione tra ICRT, l’equipe di La pupila insomne e “Cubadebate”.
Il programma, nato dalla necessità contingente di analizzare in profondità la realtà legata ai tentativi di destabilizzazione sorti attorno all’11 luglio ha regolarizzato ed ampliato le sue trasmissioni.
L’analisi accurata di un tema si coniuga con un tono colloquiale ed un approccio umoristico, con l’uso di meme e di piccoli sketch, senza mai scadere nell’invettiva nei confronti degli haters anti-cubani che vengono giustamente rappresentati nella loro pochezza umana.
Allo stesso tempo si da spazio all’auto-critica costruttiva, come nel caso della puntata che abbiamo tradotto e sottotitolato, in cui Israel Rojas del famoso gruppo musicale Buena Fe – autori tra l’altro del brano musicale sul vaccino Soberana – affronta la fondamentale questione dei meccanismi di promozione e diffusione del consumo culturale, e dei rapporto tra artisti e istituzioni culturali, con particolare riferimento alla musica che viene ascoltata a Cuba che in larga parte è stata prodotta fuori dal Paese in questi anni.
La cultura è il tessuto connettivo di una società, dei valori che esprime attraverso quello che materialmente fa, e di cui l’arte è allo stesso tempo riflesso e ispirazione, e deve saper produrre gli anticorpi contro l’impoverimento umano promosso dal capitalismo.