Guglielmo Carchedi, Lavoro mentale e classe operaia
Marx raffigura il processo di produzione come segue
D —> (MP, FL) —> O —> D’
Dove D è denaro, MP e FL sono i mezzi di produzione e la forza lavoro entrambi come input, O è l’output e D’ è di nuovo denaro, ma aumentato rispetto all’investimento iniziale (D). Qui e in quanto segue, il simbolo -> indica trasformazione.
D e D’ sono la caratteristica del capitalismo, un investimento iniziale (D) che produce una merce (O) che all’atto della sua vendita rende una somma di denaro maggiore dell’investimento iniziale (D’). Invece, la parte intermedia, e cioè (MP, FL) -> O, è la caratteristica di tutti i processi di produzione in qualsiasi sistema sociale e in qualsiasi epoca storica. Consideriamo questa parte intermedia per prima.
Essa è unanimemente interpretata in termini di produzione di merci materiali, quali scarpe e computer, come se la conoscenza necessaria per tale produzione non giocasse nessun ruolo. Ciò è ovviamente erroneo.
Liberiamo subito il campo da una confusione imperante. La generazione di conoscenza implica un certo tipo di lavoro. Nozioni quali ‘lavoro intellettuale’ rispetto al ‘lavoro manuale’ sono teoreticamente vuote. Tutto il lavoro è intellettuale perché implica l’attività del cervello e tutto il lavoro è manuale, anche se si tratta di scrivere i propri pensieri su un pezzo di carta. Lo stesso vale per categorie quali ‘lavoro materiale’ e ‘lavoro mentale’. Tutto il lavoro materiale necessita il concepire, l’ideare; tutto il lavoro mentale necessita tutto il corpo senza il quale il cervello non potrebbe funzionare. Bisogna quindi cambiare prospettiva. Bisogna partire dalla nozione di trasformazioni. Esse sono di due tipi, oggettive e mentali. Entrambe, come vedremo, sono materiali.
2a. Trasformazioni.
Le trasformazioni oggettive trasformano la realtà oggettiva, cioè la realtà che esiste al di fuori di noi e al di fuori della nostra percezione di essa, anche se noi dobbiamo percepirla per poterla trasformare. Per esempio, un’automobile è il risultato della trasformazione, da parte della forza lavoro, dei mezzi di trasformazione (macchinari) e degli oggetti di trasformazione (plastica, ferro, ecc.) nel prodotto oggettivo, l’automobile. Più in generale,
(1) TO = (FL —> MO, OO)
dove TO significa trasformazioni oggettive, FL è forza lavoro nella sua capacità di trasformare la realtà oggettiva, MO sono i mezzi di trasformazione oggettiva e OO sono gli oggetti della trasformazione oggettiva.
Come vedremo più sotto, l’automobile è il risultato di trasformazioni sia oggettive sia mentali. Qui si evidenziano provvisoriamente solo le trasformazioni oggettive per facilitare l’esposizione.
Nelle trasformazioni mentali la forza lavoro trasforma in una nuova conoscenza sia la conoscenza esistente nella forza lavoro degli agenti di trasformazione (conoscenza soggettiva) sia la conoscenza esistente al di fuori di essa e quindi oggettiva (nei computer, libri, ma anche nella forza lavoro di altri agenti di trasformazione, ecc.).
Quando la forza lavoro trasforma la conoscenza soggettiva, l’agente di trasformazione mentale trasforma la propria conoscenza.
Quindi un agente di trasformazione di conoscenza produce una conoscenza soggettiva se trasforma la propria conoscenza ma allo stesso tempo la stessa conoscenza è oggettiva per un altro agente se diventa un input nella produzione di conoscenza di altri agenti. In breve,
(2) TM = (FL—> CS , CO)
dove TM significa trasformazione mentale, FL è la capacità della forza lavoro di trasformare la conoscenza, CS è la conoscenza soggettiva e CO è la conoscenza oggettiva.
Le trasformazioni sono trasformazioni di valori d’uso, nel senso di Marx. In (1) i valori d’uso trasformati sono valori d’uso oggettivi, MO (i mezzi di trasformazione oggettiva) e OO (gli oggetti della trasformazione oggettiva) tramite la forza lavoro (FL). In (2) i valori d’uso trasformati sono i valori d’uso mentali.
Questi sono le specifiche forme di conoscenza, i diversi usi a cui la conoscenza si presta. I valori d’uso mentali trasformati dalla forza lavoro sono CS (la conoscenza soggettiva) e CO (la conoscenza oggettiva).
Si noti che in termini dell’epistemologia sottostante a questo scritto, la conoscenza oggettiva è sia congelata in oggetti, sia in forma fluida come conoscenza prodotta da altri agenti di trasformazioni mentali.
Non è oggettiva nel senso tradizionale di una conoscenza ‘vera’, che riflette la realtà, senza distorsioni. In altre parole, CS (la conoscenza insita nella forza lavoro dei lavoratori mentali) non è oggettiva per loro. Ma la CS di un altro lavoratore mentale diventa CO per il primo. Nel processo di trasformazione mentale, la conoscenza insita nei lavoratori mentali cambia se stessa. CS quindi è sia mezzo che oggetto di trasformazione mentale.
Questo approccio si distacca dal pensiero corrente secondo il quale le trasformazioni oggettive sono materiali e quelle mentali non lo sono.
Nell’abito di una prospettiva Marxista, entrambi i tipi di trasformazioni sono materiali perché richiedono la erogazione di energia umana che è materiale, come dimostrato dal processo del metabolismo.
Se consideriamo la generazione di nuova conoscenza, l’erogazione di energia umana che è alla base del processo conoscitivo causa un cambiamento nel sistema nervoso, nelle connessioni tra i neuroni nel cervello (sinapsi).
Sono questi cambiamenti che rendono possibile una nuova percezione del mondo. Questo è un cambiamento materiale. La conoscenza, anche se intangibile, è materiale. Negare materialità della conoscenza significa negare i risultati della neuroscienza.
Dopo tutto, se l’elettricità e i suoi effetti sono materiali, perché mai l’attività elettrica del cervello e i suoi effetti (la conoscenza) non dovrebbero essere materiali? Ne consegue che, se il processo che genera la conoscenza è materiale (metabolismo), anche la conoscenza deve essere materiale sia perché quando viene generata è una forma di erogazione di energia sia perché, quando è congelata in contenitori oggettivi e quindi materiali, diventa parte di quella materialità.
Tuttavia, è opinione comune nel Marxismo che la conoscenza sia determinata dalla realtà materiale ma che essa stessa non sia materiale. Questa è la ‘teoria della riflessione’ di Lenin e del Marxismo ufficiale dell’Unione Sovietica. Per Lenin, nella sua famosa definizione, “l’unica ‘proprietà’ della materia … è la sua proprietà di essere una realtà oggettiva, di esistere fuori dalla mente.”
La conoscenza è una riflessione della materia nella nostra mente: “la materia … è copiata, fotografata, e riflessa dalle nostre sensazioni” (op. cit., p. 145).
Ora, la difficoltà è che a questa riflessione è negata la materialità perché è una riflessione della materialità. Il problema non si risolve distinguendo tra la base materiale della conoscenza e la sua essenza. Questa è la distinzione fatta da Kol’banovsky per il quale “la base materiale del pensare e della conoscenza sono i processi nervosi del cervello umano … [ma] l’essenza del pensare e della conoscenza è una riflessione ideale del mondo oggettivo” (citato in Lobkowicz, p.183).
La riflessione ideale del mondo oggettivo non è materiale. Dopo tutto, se il concetto di riflessione è preso alla lettera, la mia immagine riflessa in uno specchio non è materiale? Kol’banovsky usa una giustificazione, più che una prova, per sostenere che la conoscenza non è materiale. Dato che “il conflitto tra materialismo e idealismo” è la lotta fondamentale nella storia della filosofia, se la conoscenza fosse materiale, questo conflitto non avrebbe più significato (Lobkowicz, op. cit. p. 182).
Ma è chiaro che è il riconoscimento della materialità della conoscenza che assesta il colpo decisivo all’idealismo perché diventa chiaro che il mondo delle idee è un mondo materiale. L’unica prospettiva coerentemente materialista si ha solo sostituendo la nozione di riflessione con quella di trasformazione mentale e riconoscendo che questa trasformazione è un processo materiale e che quindi il risultato di tale processo non può che essere materiale.
Ne consegue che, primo, l’idealismo non è, come si sostiene comunemente, il primato del pensiero sull’essere (o natura, o realtà oggettiva) cosicché il materialismo sarebbe il primato dell’essere sul pensiero.
Piuttosto, la caratteristica dell’idealismo, al contrario del materialismo, è che per esso le idee (conoscenza) non sono materiali. A parte la questione dello status teorico della conoscenza, il riconoscimento della sua materialità è una condizione necessaria per affrontare questioni quali le condizioni alle quali la produzione della conoscenza è produzione di valore e plusvalore.
La teoria della conoscenza può essere riassunta come segue. Ogni classe ha interessi contrapposti, da ricondursi alla appropriazione di plusvalore da parte del capitale. Tali interessi prendono la forma (attraverso processi lavorativi mentali, da analizzare nella prossima sezione) di diversi sistemi di conoscenze e quindi delle conoscenze che li compongono. Esse sono prodotte da individui non come individui specifici ma come specifiche rappresentazioni di interessi di classe. Queste conoscenze, poiché rappresentano interessi contrapposti, si contrappongono e cercano di imporsi le une sulle altre in una continua lotta ideologica.
La correttezza di una conoscenza è supportata da un riscontro empirico all’interno del sistema di conoscenze della classe che l’ha prodotto (cioè i fatti empirici non sono neutrali). Il proletariato (tutti coloro che vendono la propria forza lavoro al capitale senza esserne una estensione, cioè senza fare quello che Marx chiama nel terzo volume del Capitale la funzione del capitale) non è l’unica classe che possa raggiungere la verità assoluta o tendere asintoticamente ad essa.1
Piuttosto, il proletariato è l’unica classe che possa sviluppare (e che la sviluppa con alterne vicende) una conoscenza che è l’opposto di quelle generata dal capitalismo, una conoscenza che esprime relazioni sociali (e principalmente relazioni di produzione) basate sulla solidarietà, l’altruismo e la cooperazione, le fondamenta di una società in cui ciascuno possa sviluppare le proprie potenzialità assieme agli altri e non a scapito degli altri. Tutto questo sarà sviluppato più sotto.2
2b. Processi lavorativi.
La distinzione tra i due tipi di trasformazione è solo analitica perché in realtà le trasformazioni oggettive richiedono trasformazioni mentali e vice versa. Tale distinzione è necessaria per definire il lavoro, sia oggettivo che mentale. Mentre le trasformazioni sono sempre o oggettive o mentali, il lavoro, e quindi il processo lavorativo, è sempre la combinazione di entrambe le trasformazioni. Il lavoro è o oggettivo o mentale, secondo quale tipo di trasformazione è determinante. Il concetto di determinazione richiederebbe un’analisi a parte. Qui è sufficiente menzionare che l’istanza determinante è la condizione di esistenza di quella determinata (la quale è determinata in quanto deve la sua esistenza all’istanza determinante) e che questa, a sua volta è la condizione per la riproduzione (il proseguimento dell’esistenza) dell’istanza determinante – anche se in forme diverse – o per suo superamento (si veda Carchedi, 2012).
Quindi, nel lavoro oggettivo, o processo lavorativo oggettivo (PLO), sono le trasformazioni oggettive che sono determinanti:
(3) PLO = (TO => TM) => PO
dove => significa determinazione. Il processo lavorativo oggettivo (PLO) è la determinazione delle trasformazioni mentali (TM) da parte delle trasformazioni oggettive (TO), cioè TO => TM. È questo che determina il carattere oggettivo del prodotto (PO). È quindi sbagliato pensare che il lavoro oggettivo, chiamato materiale, o fisico, o manuale, sia separato dall’attività mentale.
Nel lavoro mentale, o processo lavorativo, mentale (PLM) sono determinanti le trasformazioni mentali:
(4) PLM = (TM => TO) => CN
dove CN è la nuova conoscenza, la conoscenza come prodotto mentale. Il processo lavorativo mentale (PLM) è la determinazione delle trasformazioni oggettive da parte delle trasformazioni mentali (TM => TO). Questo determina il carattere mentale del prodotto. La nuova conoscenza come prodotto mentale (CN) non è la stessa della conoscenza che è entrata nel processo lavorativo mentale al suo inizio, anche se la prima può essere una replica della seconda. La conoscenza come input di questo PLM è l’output di un precedente PLM e non è la stessa conoscenza come output di questo PLM. Gli input, CS e CO, che entrano nel processo di trasformazione, non sono la conoscenza che esce dalla trasformazione mentale (output). La tempistica è essenziale. Inoltre, come vedremo più sotto, nuova conoscenza non significa necessariamente una conoscenza differente, essa può essere la stessa conoscenza nuovamente prodotta.
Come capire quale tipo di trasformazione è stato determinante? Esso è rivelato dal valore d’uso del prodotto e cioè se il prodotto è usato principalmente per il suo contenuto mentale, cognitivo, o per quello oggettivo. Nel caso il prodotto sia una merce, l’aspetto determinante è rivelato al momento della compra-vendita, e cioè se il prodotto è comprato al fine di essere usato per le sue qualità oggettive o per quelle mentali. Si noti che è l’uso generalizzato quello che rivela quale delle due trasformazioni è stata determinante durante la produzione.
Per esempio, se un libro è prodotto e venduto principalmente a causa del suo contenuto mentale, le sue caratteristiche oggettive (i caratteri devono essere chiari, la grafica attraente, gli errori di stampa minimi, ecc.) sono necessarie ma subordinate al suo contenuto mentale. Entrambi gli aspetti sono presenti durante la produzione del libro perché entrambe le trasformazioni fanno parte di quel processo lavorativo e quindi entrambi gli aspetti sono presenti nelle caratteristiche del prodotto. Ma solo un aspetto (solo una trasformazione) è determinante al momento della vendita perché quel libro è comprato per il suo contenuto mentale. Questa è la convalida generalizzata, quindi a parte casi individuali, anomali, in cui quel libro è comprano per altri motivi, per esempio come soprammobile.
Un’automobile invece è comprata per le sue qualità oggettive, compresi gli aspetti estetici.
Si noti infine che gli stessi mezzi e oggetti di trasformazione possono entrare sia in un processo lavorativo oggettivo che in uno mentale.
Per esempio, la produzione di un video gioco (un processo lavorativo mentale) richiede trasformazioni oggettive, per esempio la trasformazione di carta non stampata in carta stampata attraverso l’uso di una stampante. La stampante è un mezzo oggettivo di una trasformazione oggettiva. Ma nel contesto di un processo lavorativo mentale (la produzione del video gioco) quel mezzo oggettivo di una trasformazione oggettiva diventa un mezzo oggettivo di un processo lavorativo mentale e quindi di un prodotto mentale, di una nuova conoscenza (CN).
Note
1 La produzione di conoscenza non è un progredire da una conoscenza “approssimativa, incompleta e relativa” verso una (per altro irraggiungibile) conoscenza “completa, incondizionata e assoluta” che può essere scoperta solo dal proletariato (Chang En-tse, Conoscenza e Verità Secondo la Teoria del Riflesso, (1963), 1972).
2 Si può sostenere che il riflesso è attivo, che interagisce con la realtà materiale. Ma se questo è il caso, esso stesso deve essere materiale. La conoscenza è materiale.