di Luciano Vasapollo
“Se dovessi ricominciare daccapo, intraprenderei lo stesso cammino rivoluzionario,
ma non potrei mai essere completamente soddisfatto di quello che ho raggiunto”
(Fidel Castro)
1.
E’ ormai consolidato dalla pratica dell’azione politica, oltre che dal dibattito storico sul tema che, la rivoluzione socialista cubana nasce, si sviluppa e attualmente vive rafforzando i suoi principi, sulla base del pensiero e dell’agire di Josè Martì. Ciò è vero sia nella fase della guerriglia e della presa del potere sia nello svolgersi rivoluzionario dell’azione del Partito Comunista Cubano fino alla coerenza nei nuovi compiti che il Partito si è dato a partire dalla Prima Conferenza Nazionale svoltasi all’Avana il 29 gennaio 2012 dopo il successo politico del VI Congresso del PCC di Aprile 2011.
Non possiamo valutare l’importanza che per José Martí aveva il pensiero di Marx, ma non possiamo non osservare parallelismi ed elementi comuni ai due pensatori, risultato di quello che entrambi sentivano per le masse lavoratrici e i popoli oppressi. Nonostante ciò, la cosa più importante è che si troveranno elementi comuni e somiglianze con il marxismo-leninismo e con rivoluzionari marxisti-leninisti.
La coerenza del pensiero strategico e dell’agire pratico sta nel principio più volte sottolineato dal Comandante Fidel, secondo cui “La Rivoluzione è il senso del momento storico; significa cambiare tutto quello che deve essere cambiato […]”.
2.
José Martí non era un marxista, anche se ci sono ragioni per credere che avesse letto almeno alcuni lavori di Marx, in particolare il Manifesto. Abbiamo trovato riferimenti a Marx (“quel tedesco con anima di seta e pugno di ferro”, così si espresse Martí) e alla sua opera in tre degli scritti giornalistici di Martí.
Non possiamo valutare l’importanza che per José Martí aveva il pensiero di Marx, ma non possiamo non osservare parallelismi ed elementi comuni ai due pensatori, risultato di quello che entrambi sentivano per le masse lavoratrici e i popoli oppressi. Nonostante ciò, la cosa più importante è che si troveranno elementi comuni e somiglianze tra il marxismo-leninismo e i principi rivoluzionari martiani.
È logico ipotizzare la mancanza d’attenzione di Martí per uno studio articolato e approfondito del pensiero di Marx. Purtroppo, Martí morì troppo presto, e non poté vedere come, in modo naturale e facilmente, i suoi “discepoli” dell’America Latina e del resto del Terzo Mondo, solo cinquant’anni dopo la sua morte, adattarono le opere di Marx e di Engels (vale la pena sottolineare che ricevettero quell’influenza principalmente attraverso l’interpretazione di Lenin) alla causa dell’indipendenza e dello sviluppo. Ché Guevara e Ho Chi Minh sono i nomi più ovvi che possiamo portare come esempio.
L’aspetto in comune più importante tra il marxismo e il pensiero di Martí è il tema dell’imperialismo. L’importanza di Lenin come trait-de-union tra Martí e Marx è cruciale in questo caso. Dobbiamo riconoscere Martí come la prima persona che capì, non solo l’importanza dell’imperialismo e del colonialismo, ma anche il ruolo che in quei campi avrebbero svolto gli Stati Uniti, con qualche cambiamento, dal decennio del 1850. Martí visse negli Stati Uniti negli anni del suo esilio, sfruttando bene il suo soggiorno e il suo lavoro come corrispondente estero di vari periodici. Fu così che studiò il ruolo che questo paese avrebbe avuto in America Latina, la quale, da quei giorni, già stava per diventare il “cortile di casa” della potenza militare e commerciale statunitense.
Come conseguenza di ciò, Martí aveva la forte determinazione di opporre resistenza al potere e all’arroganza delle potenze imperialiste e coloniali, in generale, e all’espansionismo statunitense, in particolare. Non solo, aveva molto chiaro, e questo si osserva in tutti i suoi scritti, e in tutte le tappe della sua vita e nel suo sviluppo politico e intellettuale, che Cuba occupava un posto speciale nella lotta contro l’imperialismo statunitense. Le ragioni politiche, economiche, militari e geografiche di questo sono ancora più chiare oggi, e non ci soffermeremo su quelle in questo lavoro.
Nell’opera di Martí troviamo che riferimenti espliciti all’Africa e all’Asia, e alla lotta comune che avevano davanti.
La preoccupazione di Martí per l’imperialismo sarà analizzata e sviluppata da Hobson poco dopo la morte di Martí, e, dopo Hobson, da Lenin, nel suo L’Imperialismo, fase superiore del capitalismo.
Vale la pena sottolineare anche che Martí si riferiva a quello che brillantemente chiama “Nuestra America multirazziale”, un mondo nuovo non determinato dalle razze. In questo senso, è triste osservare che le disuguaglianze originate dalla distribuzione della ricchezza, determinata e determinate dall’apparenza di classe e dalla razza in America Latina e anche negli stessi Stati Uniti d’America, ancora esistono ai nostri giorni. Il sogno di Martí di un’America originaria si è fatto realtà con i processi socialisti oggi dell’ALBA ma vanno ulteriormente sfruttate le sue potenzialità.
3.
Detto tutto questo, e avendo segnalato, a mo’ d’introduzione, i parallelismi e le somiglianze tra Martí e i rivoluzionari marxisti-leninisti del secolo XX, dobbiamo affrontare ora un altro degli aspetti che Martí analizzò, quello del partito rivoluzionario, fulcro centrale della maggioranza delle lotte anticolonialiste di stampo marxista nel XX secolo. Pur non essendo un marxista-leninista, Martí ebbe molto chiara l’assoluta necessità non solo di scrollarsi il giogo coloniale, ma anche di emanciparsi veramente, di iniziare riforme politiche economiche e democratiche profonde. È in questo contesto che dobbiamo intendere la sua idea di partito rivoluzionario. Martí, che era stato testimone del funzionamento della politica di partito nei paesi “sviluppati”, non si poté solo contentare solo di replicare quel tipo di organizzazione. Un partito “rivoluzionario” deve usare metodi differenti, e non deve compiacersi della semplice conquista del potere. L’idea era di lavorare a favore di un cambiamento in modo effettivo, per essere un esempio per le altre lotte di liberazione: Martì vedeva la rivoluzione come una missione internazionalista.
Il partito rivoluzionario martiano fu concepito come un’organizzazione di quadri militanti e di membri attivi, veri militanti attivisti rivoluzionari dediti alla causa. Tutti i membri dovevano appoggiare il partito anche dal punto di vista finanziario, per dimostrare il loro impegno nella pratica. Alla stessa maniera, e in quanto a questo bisogna ben considerare il contesto storico e politico di allora, altrimenti si rimarrebbe perplessi, doveva essere un partito per la lotta armata: l’insistenza sull’organizzazione e l’importanza che i membri obbedissero ai loro leader indica esattamente questa tendenza di carattere militare.
Senza dubbio, anche il partito era stato concepito per essere un’organizzazione veramente “popolare”: Martí creò il suo Partito Rivoluzionario Cubano con i lavoratori del tabacco, gli operai immigrati e gli artigiani cubani. In quel partito, la base doveva sapere che era inserita in un’organizzazione insurrezionale, come chiaramente dimostra il Secondo Dovere dei Delegati: “Un’organizzazione rivoluzionaria da fuori, e ancor più da dentro”. Vale la pena di citare anche il primo di quei Doveri: “Cercare di rendere concreti con tutti i mezzi possibili e necessari, senza concessioni né esitazioni, gli obiettivi del programma”.
In questo caso, la somiglianza con i partiti leninisti è sorprendente.
Prendiamo la Risoluzione di Lenin sulla Lotta Armata (1905), in cui dichiarò che solo il proletariato poteva dirigere la sua rivoluzione sotto le bandiere del partito socialdemocratico, che capeggiava la lotta, non solo ideologicamente, ma anche nella pratica. È proprio a questo che pensava Martí quando a gennaio 1892 definì le basi del partito Rivoluzionario Cubano, a Cayo Hueso.
Senza dubbio, c’è tensione e dialettica tra il sentimento veramente democratico e popolare di Martí e la stretta organizzazione militarista che cercò di dare al partito. Non dobbiamo sentirci intimoriti nell’esplorare questo aspetto, che gira intorno al conseguimento dell’appoggio popolare dato alla causa rivoluzionaria. Nell’impostazione martiana, quanto minore è l’appoggio popolare, tanto più stretto e militarista è obbligato a essere il partito per conseguire i suoi obiettivi; però di fatto, il nemico è militarmente organizzato e spietato, ma ciò nonostante, se il popolo si unisce, non è necessaria un’organizzazione militare.
4.
Ed infatti dopo la presa del potere da parte di Fidel e i rivoluzionari cubani, la forma e la pratica di Partito assume le caratteristiche che le fasi storiche di difesa della rivoluzione hanno imposto.
Già nel 1953, la dichiarazione di Castro che l’autore intellettuale dell’attacco al Moncada era Martí è ben lungi dall’essere una boutade teatrale.
Fidel Castro ha sempre rivendicato di essere stato influenzato politicamente dalle idee di Josè Martì e dagli scritti di Marx. Infatti ha aderito alle teorie marxiste e leniniste da autodidatta, poiché era cosciente del fatto che si potesse arrivare a Marx partendo da Martí; entrambi i rivoluzionari dimostrano sempre, sia negli scritti sia con le parole, la loro fiducia nel protagonismo dei popoli.
Martí era dolorosamente cosciente del dominio militare degli Stati Uniti, e questo certo giustifica la sua posizione sulla costruzione del partito clandestino e a vocazione militarista. E, cosa ancora più importante, si manteneva inflessibile sul fatto che la lotta anticolonialista e antimperialista era latinoamericana, non solo cubana né caraibica. Da ultimo, visse il periodo in cui gli Stati Uniti erano affannosamente immersi nella conquista militare di nuovi territori. Questo distanzia in modo essenziale Martí dai marxisti-leninisti, che videro l’importanza dell’aspetto economico dell’imperialismo, e poterono produrre analisi teoriche più chiare e puntuali.
Anche Martí però si rese conto di qualcosa più importante, vale a dire che la lotta non si circoscriveva assolutamente a un solo continente: il Terzo Mondo tutto era nelle grinfie dell’imperialismo e del colonialismo. L’articolo che scrisse nel 1889, Un Giro nella Terra degli Annamiti esamina la situazione in Indocina e vi riflette sopra. Anche questo è importante, perché se nel secolo XX qualcuno dei dirigenti comunisti internazionali ha avuto più di altri vicinanza di impostazione sulla strutturazione del partito, questi è Martí, questo è stato Ho Chi Minh, che nacque, così volle il destino, lo stesso anno in cui Martí scrisse il suo articolo.
Martí, come già scritto prima, non si considerava solo il paladino della liberazione di Cuba e Puerto Rico, il suo punto di vista era veramente internazionalista: si sentiva responsabile per tutta “Nuestra América”, questa nuova entità che lui sognava. Anche Ho Chi Minh aveva un vivo interesse per tutta l’Indocina, per i paesi coloniali, in generale, e per le classi popolari delle metropoli. I due uomini perseguivano l’obiettivo di liberare anche le classi povere e oppresse della metropoli: la lotta antiimperialista e anticolonialista non è stata che un passo verso quel fine. Per mostrare il persistente ruolo svolto dagli Stati Uniti nella storia moderna del colonialismo e dell’imperialismo, dobbiamo segnalare anche che entrambi gli uomini dovettero lottare proprio contro eserciti e interessi economici e politici statunitensi.
La vita di Martí è di lezione per noi che siamo partecipi dello stesso tipo di lotta. Non dobbiamo mai dimenticare che Martí era il tipo d’uomo, come rilevò intelligentemente Bertrand Russel, che pensava che, assistere a un crimine senza sentire la necessità di contrastarlo, fosse come commetterlo. Le caratteristiche di riservatezza e militariste del concetto di Martí di un partito rivoluzionario sono solo una delle possibili forme di indurre cambiamenti determinati dalle necessità della lotta rivoluzionaria. La tattica di Martí era adeguata a un insieme di circostanze storiche.
La rivoluzione cubana, sopratutto nel pensiero e nell’azione di Fidel, ha saputo meditare sulla necessità di organizzarci contro l’imperialismo, e analizzare le idee di Martí e il tipo di azione politica, i suoi successi e i suoi errori, il suo incorruttibile impegno con la causa della libertà, della democrazia e della giustizia sociale.
5.
Fidel sostiene che Martí è il più geniale e universale politico cubano e ha preparato Cuba all’idea di patriottismo, all’amore per la libertà, al rifiuto della tirannia e alla fede nel popolo. Nel pensiero rivoluzionario di Martì si può trovare la base morale e storica dell’azione armata e della Rivoluzione Cubana: la patria è di tutti e per il bene di tutti.
Nell’aprile del 1948 Fidel si trovava a Bogotà e partecipò alla conferenza latino-americana degli studenti promossa per protestare contro il brutale assassinio del dirigente liberale Jorge Eliécer Gaitán, leader politico molto popolare; anche questa occasione fu di stimolo a Fidel per avvicinarsi alle lotte popolari e rivoluzionarie anche se, come egli stesso sostiene, in questi anni le sue idee politiche erano influenzate dai principi martiani, antimperialisti, anticolonialisti e pro democratici e non ancora dalle idee marxiste.
L’evoluzione politica delle sue idee può essere descritta con le sue stesse parole pronunciate in occasione di un dialogo con gli studenti dell’università di Concepcion del Cile nel 1971, quando era presidente Salvator Allende: “Io ero il figlio di un proprietario terriero: era un buon motivo per essere reazionario. Ero stato educato in scuole religiose frequentate dai figli dei ricchi: un altro motivo per essere reazionario. Vivevo a Cuba, dove tutti i film, le pubblicazioni e i mezzi di comunicazione di massa erano made in USA: un terzo motivo per essere reazionario. Ho studiato in una università dove , su migliaia di studenti, solo trenta erano antimperialisti e io sarei diventato uno di loro […].
Per fortuna alcune tendenze caratteriali positive furono sviluppate nella scuola che frequentavo: un certo razionalismo idealistico e una concezione del bene e del male molto semplice ed elementare […]. Poi un giorno mi capitò tra le mani una copia del Manifesto del Partito Comunista. Lessi qualche frase che non dimenticherò mai, come quando dice che mentre la borghesia ci accusa di voler abolire la proprietà privata, la verità è che la proprietà privata è già stata abolita per i nove decimi della popolazione e può esistere per gli altri solo non esistendo per i primi […]. Quando compresi l’origine della società umana e della sua divisione in classi, l’argomentazione fu così convincente che mi colpì come un tuono, e fui conquistato da quelle idee.” 1
Nelle sue Riflessioni, a partire dal 2007, molto spesso Fidel si richiama alla convinzione martiana di una forte relazione tra lo studio e il lavoro, in quanto forma imprescindibile della responsabilità integrale. Per sperare nella nascita di un cittadino cosciente, Martì aveva teorizzato la necessità di integrare e far interagire tra loro lo studio, il processo educativo e il lavoro, in modo che l’uomo riesca a situarsi nella realtà del mondo.
Nella riflessione del 19 settembre 2008, Los vicios y las virtudes, Fidel afferma che la lotta è l’unica via possibile per le popolazioni che vogliono realizzare una comunità in cui vivere con giustizia sociale e dignità, concetti che sono in contrapposizione ai valori del capitalismo.
Per Fidel il peggior nemico è l’istinto egoista dell’essere umano e se il capitalismo rappresenta il continuo sfogo di questo istinto, il socialismo invece è la battaglia continua contro la propensione naturale dell’uomo all’individualismo.
Significativo dell’attualità di tale intuizione tutta politica e di invito all’azione di classe organizzata e indipendente da ogni forma di consociativismo del movimento internazionale dei lavoratori, è anche il recente appello al movimento internazionale dei lavoratori nel Comunicato della Centrale dei Lavoratori di Cuba, letto dal suo segretario generale, Salvador Valdés Mesa, nella Piazza della Rivoluzione José Martí, a L’Avana il 2 Maggio 2012:
“All’innalzare in questo Primo Maggio le bandiere dell’unità, partendo dal principio che la Patria, la Rivoluzione ed il Socialismo sono fusi insieme indissolubilmente, i lavoratori ed il popolo ci rendiamo partecipi con energia e fermezza, davanti all’immagine di Martí e lo sguardo dei nostri alti rappresentanti e fondatori che, come ieri, oggi e sempre, l’unità sarà la chiave per preservare e consolidare la nazione e le conquiste economiche e sociali.
Lavoratrici e lavoratori: pochi giorni fa, a Cartagena de Indias, durante il chiamato Vertice delle Americhe, è stato nuovamente provato il crescente abisso esistente tra la Nostra America martiana e bolivariana, e gli Stati Uniti. Si è resa evidente la ribellione dell’America Latina ed i Caraibi contro l’imposizione dell’impero di escludere Cuba dall’evento e per chiedere la fine del blocco. Questo dimostra che stiamo avanzando verso la nostra seconda indipendenza.
Approfittiamo dell’occasione, durante questa numerosa manifestazione popolare e rivoluzionaria, per condannare e per chiedere, senza condizioni, l’eliminazione del criminale blocco economico, commerciale e finanziario imposto dal governo degli Stati Uniti al nostro popolo da oltre 50 anni, e per esigere il ritorno alla Patria dei nostri Cinque Eroi, ingiustamente prigionieri.
In questa memorabile data inviamo i nostri complimenti alle decine di migliaia di sorelle e fratelli che nei più remoti angoli del pianeta, si consacrano in maniera solidale al compimento di ammirevoli missioni internazionaliste.
In questi tempi complessi e rischiosi nei quali è in pericolo la sopravvivenza del genere umano, giunga il nostro messaggio di solidarietà ai popoli ed ai lavoratori che nel mondo sono vittime della crisi globale, protestano e sono brutalmente repressi per reclamare il proprio diritto al lavoro ed alla vita”.
6.
Le sfide del socialismo nel XXI secolo, e la rivoluzione a Cuba è su questo terreno che si sta misurando, che si confrontano con un capitalismo aggressivo, alle prese con una crisi strutturale ultratrentennale e con l’elaborazione di una sistematica strategia della guerra imperialista, sono complesse, soprattutto perché bisogna riprendere – dopo il 1989 – il percorso di costruzione della società socialista in un mondo in cui i riferimenti internazionali tradizionali sono venuti meno.
Visto che la coscienza sociale, la coscienza di classe, non si determina per imposizione, per decreto, ma sono i processi stessi della dinamica politicosociale che formano nel lungo periodo la coscienza, si sta fortemente agendo culturalmente e con una corretta informazione partecipata. Agire, quindi migliorando sempre con una maggiore consapevolezza socialista, i fattori soggettivi tra i lavoratori e anche nei quadri intermedi del Partito, per cambiare la mentalità, per superare le forme di resistenza passiva, conseguenti anche se momentanee forme di propria disorganizzazione della vita lavorativa e sociale collettiva.
Il Governo cubano si è potuto permettere in passato anche dei provvedimenti avanzatissimi di natura economico-sociale, ugualitari e universali anche al di sopra della reali condizioni sopportabili per la struttura economico-produttiva del paese; ad esempio con forti ammortizzatori sociali, come li chiameremmo noi, o comunque di coperture universali di assicurazione sociale che hanno garantito e tuttora garantiscono un’occupazione a tutti, una casa a tutti, educazione e sanità gratuite per tutti, sport gratuito per tutti, ma anche forme di “assistenzialismo paternalistico” quasi universalizzato ma non sopportato dalla struttura economico-produttiva del paese e dal connesso grado di sviluppo delle forze produttive.
Ad aprile 2011 si è concluso il VI Congresso del PCC-Partito Comunista Cubano. Il precedente che si tenne quattordici anni prima, nel 1997, dovette misurarsi con il cambiamento epocale seguito alla dissoluzione dell’URSS e affrontò le pesantissime conseguenze (il tremendo “periodo especial”) prodotte dal venir meno del rapporto di mutuo aiuto economico, di interrelazione e di interscambio, non solo con L’Unione Sovietica, ma con l’intero blocco dei paesi socialisti (Comecon) che garantiva l’85% del commercio estero cubano.
Ma il primo problema economico che da anni si trova ad affrontare Cuba sta nel fatto che, visto che il socialismo si differenzia dal capitalismo perché non è basato su una semplice migliorata redistribuzione dei redditi ma è incentrato sulla più equa ridistribuzione della ricchezza sociale, allora bisognerà giungere ad una ottimizzazione della realizzazione di tale ricchezza sociale facendo si che migliori qualitativamente e quantitativamente, diminuendo da subito la dipendenza dalle importazioni e rafforzando l’export e migliorando l’efficienza delle forze produttive.
Le misure di perfezionamento e i cambiamenti in corso richiamano e attualizzano il dibattito sulla transizione al socialismo, sui diversi modelli di pianificazione e sulla inevitabilità che il passaggio dal sistema capitalista a quello socialista, mai ha potuto prescindere dalle questioni teoriche, applicate però al reale contesto economico-sociale e dalle condizioni storicamente date.
Fra tali questioni c’è quella del sistema di direzione dell’economia socialista e dell’uso, nel sistema, delle categorie mercantili, come strumento per il passaggio dal capitalismo al socialismo per poi costruire la società comunista.
7.
Riprendere ad esempio il “Gran Debate” sulla transizione tra Cuba e l’Unione Sovietica degli anni ‘60, e i successivi modelli applicativi di pianificazione, anche molto diversi tra loro adottati a Cuba negli anni successivi, permette di inquadrare gli attuali processi in corso non in maniera ideologica o basandoli su un “religioso” e acritico assenso, ma riconducendoli alla realtà delle cose, che non sono purtroppo un costante e progressivo cammino verso l’ideale comunista, ma implicano a volte anche scelte sofferte e sul piano teorico transitori passi indietro che si chiamano scelte tattiche, ma mantenendo l’orizzonte strategico.
Del resto che la soggettività rivoluzionaria non possa mai prescindere nel suo operato dalle condizioni oggettive storicamente determinate, è ben chiaro sia nell’analisi che nell’azione pratica di due grandi rivoluzionari come il Che e Vladimir Ilyich Ulyanov.
Sia Lenin che il Che infatti, hanno sostenuto che per uscire dal “comunismo di guerra”, quando nelle condizioni economiche disperate dell’Unione Sovietica degli anni ’20 fu adottato un modello di crescita economica la NEP (Nuova Politica Economica) che reintroduceva modelli mercantili capitalistici, questa era la dimostrazione emblematica della capacità di adattamento del marxismo alle condizioni oggettive della società; ma che allo stesso tempo non poteva certo rappresentare un “modello universale” di sviluppo del socialismo.
La NEP viene appunto interpretata come un mezzo temporaneo, in un determinato contesto storico, per realizzare la necessaria crescita economica e lo sviluppo delle forze produttive.
Anche oggi il PCC ha la necessità di valutare e correggere alcuni limiti di un modello economico eccessivamente centralizzato; la volontà di favorire una maggiore partecipazione dei lavoratori attraverso un sistema decentrato, si riferisce al bisogno di adeguare la pianificazione socialista alle tendenze presenti oggi nel mercato, per contribuire alla flessibilità e alla incisività dell’attuale piano quinquennale di fronte alle problematiche economico-sociali generate dalla crisi globale e sistemica. Queste linee di perfezionamento e di aggiornamento sono dovute al fatto che il socialismo cubano subisce da oltre 52 anni il blocco, è immerso in una crisi sistemica del capitale che piega le ginocchia agli Stati Uniti, al Giappone, alla Francia, alla stessa Germania, per non parlare della Spagna, Grecia, Irlanda e dell’Italia; si pensi quindi ad un paese bloccato, un paese del Terzo Mondo, al quale tra l’altro il Fondo Monetario Internazionale, gli organismi internazionali, fanno pagare il fatto che sia indipendente, autodeterminato e che segua la strada del socialismo.
La crisi attuale internazionale del capitalismo è da studiare ed affrontare come crisi sistemica, cioè una crisi economica e finanziaria che si evidenzia anche come crisi non solo ambientale, non solo alimentare, non solo di carattere energetico, ma anche come crisi ideologica, etica e quindi di civiltà, quindi globale.
Naturalmente davanti all’attuale crisi sistemica globale è d’obbligo fare degli aggiustamenti al sistema economico, ma in tutti i dibattiti, in tutte le discussioni, si parte sempre dall’interno della tenuta e rafforzamento della transizione socialista, e quindi bisogna attuare e attualizzare la pianificazione in una fase che è diversa da quella di 50 anni fa, di 30 anni fa o del periodo especial di 15 anni fa o della fase economica un po’ più tranquilla di 6 o 7 anni fa.
Il potere del Partito risiede nella sua autorità morale, nella fiducia che gli viene riconosciuta dal popolo, nell’influenza che esercita sulle masse dei lavoratori. Le direttive, le risoluzioni, le scelte che assume sono applicate e messe in atto dai militanti e non hanno un carattere giuridico obbligatorio per tutti i cittadini.
Anche nella transizione socialista è sempre la materialità delle condizioni che in cui si vive che determina il livello di coscienza; quindi nonostante il grande lavoro del sindacato, del Partito, del Governo, delle istituzioni, che continua a garantire gratuitamente sanità, assistenza e il mantenimento forte dell’educazione di base e dell’educazione superiore e culturale, con la necessaria e obbligata doppia circolazione di moneta si sono costituite sacche e a volte ceti privilegiati, e tutto ciò ha provocato alcune condizioni socio-economiche interne negative per Cuba. Ad esempio l’abbandono delle campagne e dell’agricoltura, in particolare quelle con non ottimali macchinari e tecnologie, anche con salari non ai livelli di altri settori produttivi; la difficoltà e la inadeguatezza, a causa dell’impossibilità dovuta al blocco, ad effettuare gli adeguati investimenti per migliorare ottimizzando le condizioni della distribuzione, del commercio, hanno contribuito ad uno spostamento forte verso i settori dei servizi e verso il turismo.
Quindi un fondamentale obiettivo del piano di perfezionamento del modello socio-economico sarà già nell’immediato trovare modi e forme per poter arrivare prima possibile ad eliminare, per attenuare gli effetti negativi, la doppia circolazione di moneta, che non può essere tolta per decreto, senza un miglioramento dell’efficienza produttiva, perché questo creerebbe un’inflazione incredibile. Un’inflazione di questo genere genererebbe un aumento dei costi tale che dall’economia capitalista verrebbe risolto tagliando, a partire dai costi del lavoro; quindi ne seguirebbe disoccupazione, precarietà ecc. Un paese socialista come Cuba mai farà una scelta del genere, poiché snaturerebbe la transizione socialista con forme pure di capitalismo di Stato che sono assolutamente contrarie allo spirito e alle politiche volute a tutt’oggi da Cuba socialista.
8.
Il Congresso ha valutato con grande attenzione il fondamentale lavoro a cui è chiamato il Partito, i compiti nuovi e la necessità di una chiara distinzione dei ruoli nella direzione del Partito, del Governo, dello Stato e delle imprese.
E’ lo Stato che sulla base della sua autorità materiale e attraverso le istituzioni incaricate garantisce il rispetto delle norme giuridiche.
La confusione e la duplicazione dei ruoli ha prodotto rallentamenti e difetti sia nel lavoro politico che deve compiere il Partito sia nell’autorità e nei compiti dello Stato e del Governo, perché con questo approccio anche i funzionari finiscono con il non sentirsi responsabili nelle loro decisioni.
Liberare quindi il Partito da tutte le attività che non corrispondono al suo carattere di organizzazione politica, a partire dalle funzioni amministrative.
Chiamare ognuno a svolgere i propri compiti in base alla propria collocazione è l’orientamento assunto dal Congresso, a partire dal maggiore impegno che viene assegnato ai dirigenti delle imprese che in un modello meno centralizzato e legato a specifici obbiettivi di produzione, per contribuire a una maggiore efficienza del sistema economico, dovranno prendere decisioni e assumersi maggiori responsabilità.
Le imprese statali così come le amministrazioni locali avranno maggiore autonomia decisionale e più risorse da destinare all’economia locale, rafforzando così la democrazia partecipativa e ponendo l’accento sulla lotta alla burocrazia e alla corruzione. Tale autonomia delle imprese riguarderà non solo la gestione formale ma inciderà profondamente sull’andamento produttivo anche in relazione al mercato interno di consumo. Si favorirà la possibilità di riconoscere adeguati incrementi salariali relazionati alla produttività e in particolare all’apporto qualitativo produttivo. Ciò dovrà incidere anche sulla mentalità e “cultura” del lavoro cui spesso il cubano è stato abituato quasi ci fosse una forma di compensazione fra salari non sempre adeguati e possibilità di mantenere livelli di produzione bassi. Solo con la disciplina individuale e collettiva ai principi di salvaguardia della rivoluzione si può rimarcare necessità del rafforzamento di una moderna pianificazione che risolva le naturali e ovvie contraddizioni a passi più veloci e sicuri sulla strada di una più stabile transizione al socialismo.
Già nel documento preparatorio del Congresso “Progetti di linea guida della politica economica e sociale del Partito e della rivoluzione” si sottolineava in maniera chiara senza alcun dubbio e contraddizione, fin nella sua introduzione, che l’attuazione di tali politiche economiche di perfezionamento e aggiornamento seguiranno sempre e comunque il principio che “solo il socialismo è capace di vincere le difficoltà e preservare le conquiste della Rivoluzione e che nell’attualizzazione del modello economico predominerà la pianificazione e non il mercato. Nella politica economica che si propone è sempre presente che il socialismo è uguaglianza di diritti e uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini, non egualitarismo. Il lavoro è allo stesso tempo un diritto e un dovere, motivo di realizzazione personale per ciascun cittadino e dovrà essere remunerato in maniera conforme alla sua quantità e qualità”.
9.
Le problematiche precedentemente accennate, e affrontate su vari altri documenti della Rete dei Comunisti (vedi il sito web: www.nuestra-america.it) rendono evidente non solo la grande attualità del dibattito in corso sui nodi teorici legati alla transizione, ma indicano a pieno l’impegno dei comunisti cubani nel doversi confrontare, nelle odierne condizioni imposte dalla crisi sistemica globale, con una realtà del paese che ha raggiunto un livello dei rapporti sociali di produzione troppo avanzato rispetto allo stadio di sviluppo delle forze produttive.
Per Cuba le relazioni internazionali continuano a rimanere strategiche e sono estremamente importanti con i paesi dell’ALBA, ma vanno incentivate relazioni internazionali forti anche con altri paesi, non solo con la Cina che è storicamente un partner privilegiato, ma ci sono relazioni internazionali molto forti di interscambio commerciale anche con la Russia e con alcuni paesi che si caratterizzano non necessariamente in quanto socialisti, ma che hanno un connotato fortemente di propria autonomia, una propria identità politico-economica indipendente e antimperialista e che già da ora favoriscano scambi paritari di collaborazione con Cuba e con i paesi dell’ALBA. Rafforzare quindi tutte le relazioni internazionali che possono facilitare un interscambio che ad oggi è ancora difficile.
Pensiamo che il risultato di tale dibattito nel PCC, nel sindacato CTC nei CDR e con tutto il popolo cubano abbia anche delle ricadute notevoli sul rafforzamento dei processi di transizione socialista negli altri paesi dell’ALBA, e in genere in tutti i Sud del mondo dove si stanno tentando processi di autodeterminazione e di integrazione solidaria e complementare a forti connotati antimperialisti, anticapitalisti e, in forme differenziate a specifico carattere socialista. E’ così che lo sviluppo di nuovi processi rivoluzionari anticapitalisti, e alcuni sempre più a carattere socialista , come in Venezuela e Bolivia, e poi la nascita dell’Alleanza dell’ALBA, ha posto all’ordine del giorno una questione centrale politica prima che economica: l’applicazione, la tenuta ed il futuro dei processi di transizione socialista e la forma –partito di questa fase.
Il Partito e il processo rivoluzionario cubano dispongono di quadri di una generazione intermedia preparata e capace di dirigere la complessità delle prossime tappe del socialismo,in una condizione ancora più difficile per governare il paese nell’attuale fase di grave crisi sistemica del capitale internazionale, cercando al contempo di creare le condizioni per un’opportunità di cambiamenti nel contesto mondiale in chiave anticapitalista e socialista rivoluzionaria sempre e comunque con il consenso del popolo.
Dimostrare per esempio appunto che si può coniugare socialismo ed efficienza, perché spesso l’idea che il socialismo è il regno dell’assistenzialismo e paternalismo in cui si può vivere quasi senza lavorare, qualcuno forse a Cuba lo ha anche pensato e assunto come conseguente comportamento politico-sociale. Questo forse potrà essere l’orizzonte utopico del comunismo che noi tutti auspichiamo come fase finale, non dimentichiamo però che il socialismo, anche a livello teorico, è una fase di transizione dal capitalismo al comunismo e come tale a seconda dei momenti, vive anche con alcuni strumenti e categorie momentanei che sono del capitalismo.
Il tema del VI Congresso del PCC sul piano di perfezionamento e di attualizzazione della pianificazione nella transizione socialista, è una sfida per l’attualità del socialismo nel mondo, perché Cuba potrebbe dimostrare, che il socialismo anche là dove è pressato dal blocco o da una crisi internazionale o da errori e contraddizioni, riesce a rettificarsi senza scegliere la strada del capitalismo come è avvenuto ad esempio alla fine dell’Unione Sovietica e dei paesi dell’est; quindi una modernizzazione, un aggiornamento, in chiave tutta socialista.
E’ quindi fondamentale una ripresa forte della cultura e della pratica della lotta di classe, a partire dall’affermare così anche nei paesi dove è in corso la transizione, che solo con il dispiegarsi della lotta di classe si consolida l’iniziativa politica culturale socialista. La pianificazione socio-politico-economica espressione delle dinamiche sociali che mettano al primo punto il ruolo e lo stato della lotta di classe nel socialismo.
10.
Nel discorso di chiusura del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, pronunciato dal Primo Secretario, Raú Castro Ruz afferma:
“[…] Siamo convinti che il principale nemico che affrontiamo e affronteremo saranno le nostre stesse deficienze e che per tanto, un compito di tale dimensione per il futuro della nazione, non potrá ammettere improvvisazioni ne azioni affrettate. Non rinunceremo a realizzare i cambiamenti necessari, come ci ha indicato Fidel nella sua riflessione di ieri, e che realizzeremo al ritmo richiesto dalle circostanze oggettive e sempre con l’appoggio e la comprensione della cittadinanza, senza mai mettere a rischio la nostra arma piú poderosa, l’unitá della nazione intorno alla Rivoluzione e ai suoi programmi.
[…] Senza la minima smania di sciovinismo, penso che Cuba sia tra il ridotto numero di paesi del mondo che possiede le condizioni per trasformare il proprio modello economico ed uscire dalla crisi senza traumi sociali perché, in primo luogo, abbiamo un popolo patriottico que sa di essere potente per la forza rappresentata dalla sua unitá monolitica, dalla giustezza della sua causa e dalla preparazione militare, con elevata istruzione e con l’orgoglio per la sua storia e le sue radici rivoluzionarie.
[…] Come avete ascoltato, il Congresso ha deliberato di convocare per il 28 gennaio del prossimo anno, data in cui ricorre il 159° anniversario della nascita di José Martí, la Conferenza Nazionale che inpratica rappresenterá una continuazione del 6° Congresso, dedicata a valutare con realismo e spirito critico il lavoro del Partito e a precisare anche le trasformazioni necessarie per svolgere il ruolo di forza dirigente superiore della societá e dello Stato che gli spetta in virtú dell’Articolo cinque della Costituzione della Repubblica. Abbiamo inoltre deliberato di assegnare a tale Conferenza la facoltá di aggiornare i metodi e lo stile di lavoro, le strutture e la politica dei quadri, compresa quella di ampliare e rinnovare il Comitato Centrale.
Come indicato nel testo della Convocazione, la Conferenza Nazionale sará presieduta dalla determinazione di “cambiare tutto ció che deve essere cambiato” contenuta nella brillante definizione del concetto di Rivoluzione del compagno Fidel. Per avere successo, la prima cosa che siamo obbligati a modificare nella vita del Partito é la mentalitá che, come barriera psicologica é ció che, secondo me, ci costerá piú lavoro per superarla in quanto é rimasta legata per lunghi anni agli stessi dogmi e criteri obsoleti. Sará inoltre imprescindibile rettificare gli errori e modellare, sulla base della razionalitá e della fermezza dei principi, una visione integrale del futuro in ossequio alla preservazione e sviluppo del Socialismo nelle attuali circostanze.
[…] In quanto a me, assumo il mio ultimo compito, con la ferma convinzione ed impegno d’onore che il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba ha come missione principale e senso della sua vita difendere, preservare e continuare a perfezionare il Socialismo e non permettere mai il ritorno del regime capitalista.
Nell’Ufficio Politico, come potrete osservare, si riflette un’adeguata proporzione di Capi principali delle Forze Armate Rivoluzionarie. È naturale che sia così, e ciò lo spiego citando le parole del compagno Fidel nella Relazione Centrale al Primo Congresso del Partito: «L’Esercito Ribelle è stato l’anima della Rivoluzione. Dalle sue armi vittoriose è sorta libera, splendida, vigorosa e invincibile la patria nuova […]. Quando venne fondato il Partito […] il nostro esercito, erede a sua volta dell’eroismo e della purezza patriottica dell’Esercito Liberatore e continuatore vittorioso delle sue lotte, depose nelle sue mani le bandiere della Rivoluzione e fu a partire da quell’istante e per sempre il suo più fedele, disciplinato, umile ed fermo seguace.
[…] I popoli fratelli del Terzo Mondo, soprattutto quelli dell’America Latina e dei Caraibi, che si sforzano di trasformare l’eredità di secoli di dominazione coloniale, sanno che potranno contare sempre sulla nostra solidarietà e sul nostro appoggio»”.
11.
Alla Prima Conferenza Nazionale del Partito Comunista Cubano di fine gennaio 2012 decisa nel VI Congresso dell’aprile 2011 a conclusione dei lavori, il Primo Segretario del Partito Raul Castro Ruz ha rivolto con estrema chiarezza un messaggio a quanti, fuori da Cuba, si illudevano che la Conferenza segnasse l’inizio dello smantellamento della Rivoluzione reclamando la restaurazione del modello multipartitico.
Nel suo intervento conclusivo, Raul ha ribadito che non è esistita e non esisterà mai una rivoluzione senza errori, perché sono opera di uomini e popoli che hanno dovuto affrontare e misurarsi con enormi e smisurate minacce. Fondamentale quindi è il lavoro a cui è chiamato il Partito, i compiti nuovi e la necessità di una chiara distinzione dei ruoli nella direzione del Partito, del Governo, dello Stato e delle imprese. La confusione e la duplicazione dei ruoli ha prodotto in passato rallentamenti e difetti sia nel lavoro politico che deve compiere il Partito sia nell’autorità e nei compiti dello Stato e del Governo, perché con questo approccio anche i funzionari finiscono con il non sentirsi responsabili nelle loro decisioni. Liberare quindi il Partito da tutte le attività che non corrispondono al suo carattere di organizzazione politica, a partire dalle funzioni amministrative. Infine è bene ricordare che un importante documento teorico e politico del Partito Comunista di Cuba sulla natura e la funzione di un partito comunista nelle sfide di questa fase storica (che abbiamo tradotto e pubblicato sui nostri siti), è stato posto come base di discussione della Prima Conferenza di organizzazione.
La Conferenza Nazionale è la fase conclusiva di un dibattito aperto con un Documento Base redatto dal Partito Comunista di Cuba nel mese di ottobre e su cui sono state fatte consultazioni con centinaia di migliaia di militanti.
Compito della Conferenza è stato quello di riassumere il lavoro fatto con le consultazioni di base sul Documento del Partito ed apportarvi quindi tutte le variazioni necessarie, però “senza alcuna concessione al nemico”, come ha detto con chiarezza Raúl Castro, nonché ribadire e definire meglio alcuni concetti di disciplina necessari per dare concretezza a quanto espresso nei Lineamenti.
Machado Ventura, nell’introduzione della Conferenza, ha voluto ricordare che questa si svolge proprio durante il 159° anniversario della nascita di Martí, e considera questa coincidenza come ulteriore rafforzamento di unità per i cubani intorno al pensiero del grande rivoluzionario.
Terminati gli interventi introduttivi, la Conferenza si è divisa in quattro Commissioni di lavoro che sono state denominate come i capitoli dello schema/progetto del Documento Base. Tutte hanno esaminato e si sono pronunciate sulle proposte per liberare il partito da incombenze che non gli competono, per rompere gli schematismi, la passività, la mancanza di combattività ed altre carenze. Il dibattito che ha preceduto la Conferenza ha anche permesso di conoscere con più obiettività i punti di forza e di debolezza delle strutture di massa e la loro relazione con il Partito.
La prima Commissione ha affrontato i primi 36 punti del Documento Base e tre nuovi obiettivi proposti dando spazio a 46 interventi e ha insistito sulla necessità di implementare la politica economica e sociale approvata nel 6° Congresso criticando il ruolo svolto dal Partito in questa attività. E’ stato messo in risalto con forza la volontà del partito di incrementare le misure per prevenire e combattere le manifestazioni di corruzione, indisciplina, illegalità e altri comportamenti negativi che mettono in pericolo la Rivoluzione confermando il proposito di eliminare dai metodi del Partito le interferenze e sovrapposizioni con il Governo.
La seconda Commissione ha affrontato i punti del Documento Base dal n.37 al 67 e due nuovi obiettivi proposti dando spazio a 54 interventi che hanno portato alla modifica di nove degli obiettivi esaminati, e in particolare:
a. ha appoggiato il rafforzamento dell’unità nazionale intorno al partito e alla Rivoluzione ponendo l’accento su forme creative di lavoro che rispondano meglio alle nuove condizioni e a meglio stringere il legame con le masse;
b. ha riaffermato come imprescindibile la partecipazione cosciente, protagonista e trasformatrice del popolo nell’implementazione dei Lineamenti della Politica Economica e Sociale approvati al 6° Congresso dopo ampia e approfondita discussione nazionale. Nell’ultimo paragrafo dei Lineamenti è infatti affidata al Partito “la responsabilità di controllare, spingere ed esigere l’applicazione dei Lineamenti”;
c. ha approvato come imperativa la necessità di rafforzare il lavoro politico e ideologico in modo differenziato e personalizzato con coloro che non lavorano nel settore statale, ma, allo stesso momento, combattere i pregiudizi esistenti nei loro confronti;
d. si è pronunciata per l’urgenza di trasformare il lavoro politico e ideologico con i giovani modificandolo con metodi più allettanti e partecipativi, a seconda delle situazioni, e rendendo così più facile il loro inserimento nella vita economica e sociale. La terza Commissione ha affrontato i punti del Documento Base dal n.68 al 78 dando spazio a 37 interventi che hanno portato alla modifica degli obiettivi 69 e 73 e con decisione è stato annunciato il rafforzamento dell’unità nazionale intorno al Partito e alla Rivoluzione ponendo l’accento su forme creative di lavoro che rispondano meglio alle nuove condizioni e a meglio stringere il legame con le masse. Si è considerata la necessità di aumentare il rigore nella selezione dei quadri e delle loro riserve, facendo in modo di garantire che vengano dalla base, che abbiano esperienza lavorativa e che si formino a contatto diretto con le masse e si caratterizzino per i comportamenti agili, creativi e sensibili nella soluzione dei problemi quotidiani. La quarta Commissione ha affrontato i punti del Documento Base dal n.79 al 95 dando spazio a 31 interventi che hanno portato delle modifiche non sostanziali di 14 degli obiettivi. Modifiche mirate solo a renderli più chiari e precisi. Si è ribadita l’essenzialità del vincolo tra il Partito e la UJC, che è la sua organizzazione giovanile. Questo comporta forte attenzione alla formazione dei quadri, a tutti i livelli della struttura alle relazioni sistematiche e dirette con i membri della base, nel rispetto della loro indipendenza, per formarli come futuri militanti del Partito. E’ stata riaffermata la necessità di rafforzare l’attenzione alle Organizzazioni di massa, a cominciare dalla loro missione, confermando l’importanza di sviluppare con esse relazioni senza formalismi, nel rispetto della loro autonomia, verificando permanentemente il feedback.
La conclusione dei lavori della Prima Conferenza Nazionale del Partito Comunista di Cuba è stata fatta da Raúl Castro che ha rimarcato che l’esistenza di un Partito unico, non solo non ha intaccato il procedere democratico della preparazione della Conferenza, ma ha garantito l’unità del popolo cubano, il quale, contrariamente a quanto succede in altri paesi con regimi pluripartitici, ha profondo rispetto per l’autodeterminazione e la non ingerenza negli affari interni di altri Stati. L’unica cosa che potrebbe far crollare la Rivoluzione a Cuba sarebbe l’incapacità a superare gli errori commessi o illudersi che ci sia una soluzione magica dei problemi.
“Rinunciare al principio di un solo partito”, ha detto Raul, “equivarrebbe, semplicemente, a legalizzare il partito o i partiti dell’imperialismo in suolo patrio e sacrificare l’arma strategica dell’unità dei cubani che ha fatto realtà dei sogni di indipendenza e giustizia sociale per i quali hanno lottato tante generazioni di patrioti, da Hatuey fino a Cespedes, Martì e Fidel.”
E’ sempre più viva, quindi, la volontà di preservare la nazione cubana e le conquiste economiche e sociali sul vincolo dell’indissolubile unità tra la Patria, la Rivoluzione, il Partito e il Socialismo, per “migliorare il sistema socialista e non permettere mai il ritorno del regime capitalistico”.
12.
Per chi conosce Cuba rivoluzionaria e conosce la storia del socialismo si può partire dalla fondamentale considerazione: il socialismo è un processo in divenire, è una costruzione; essendo un processo ha le sue contraddizioni, il metodo scientifico marxiano permette di leggere e capire le contraddizioni e proprio perché le condizioni ci sono, avere il metodo per superarle.
Il socialismo è un processo in divenire, è la costruzione di una società nuova. Nella costruzione del socialismo è evidente che è sempre l’attualizzazione contestualizzata nel reale che debba guidare la pratica dell’ideale; se non ci fosse una sorta di rappresentazione della pianificazione in termini economici, sociali e politici di contesto, cioè la capacità di cambiare a condizioni interne ed internazionali che cambiano, non sarebbe il terreno di costruzione del socialismo, si tratterebbe di un dogma. I dogmi sono quelli religiosi, il socialismo esiste perché lo costruiscono gli uomini, non è dato, va costruito nelle contraddizioni e nei contesti differenti nei quali ci troviamo.
La sfida riguarda tutti i comunisti , anche quelli che operano al centro del sistema imperialista; si tratta di abbandonare definitivamente l’approccio eurocentrico e la deriva trasformista che vuole la tattica come strategia; sapendo certamente anche accettare il terreno delle conquiste immediate come attuazione del programma minimo di classe, ma sempre e tutto interno alla strategia rivoluzionaria della trasformazione radicale e superamento del modo di produzione capitalista.
Ecco perché l’analisi teorica e il nostro operare e agire politico si relaziona e ha a che fare direttamente, ora e anche qui in Italia e in Europa, con la dimensione dell’internazionalismo di classe, con la collocazione politica internazionale di ogni organizzazione e partito comunista nella consapevolezza che la nostra sfida “qui e ora” è mantenere viva nella realtà europea della crisi sistemica l’idea e la pratica rivoluzionaria.
Ciò avviene in termini di prospettiva reale di programma per andare oltre la solidarietà politica, praticando esperienze politiche di classe come parte di una dimensione internazionalista dell’anticapitalismo e delle ipotesi socialiste già in campo in varie parti del mondo.
Per noi della Rete dei Comunisti si rafforza la convinzione dell’importanza fondamentale che l’esperienza dei comunisti cubani rappresenta, in termini d’esempio e di sacrificio per tutti i rivoluzionari, gli antimperialisti, gli anticapitalisti di tutto il mondo, per il rilancio dell’iniziativa dell’interno movimento di classe e rivoluzionario internazionale. La sfida che sta affrontando Cuba rivoluzionaria ci indica quale è nelle condizioni reali dell’oggi anche la nostra concreta pratica della proposta politica per costruire i percorsi “qui ed ora” che si indirizzano verso il socialismo nel e per il XXI secolo.
Non capire questo, e quanto ciò ci riguarda direttamente, significa non avere il senso della storia ma nemmeno la cognizione della partita che è in gioco per tutti i comunisti, di come uscire dall’empasse, di come stare nella crisi del capitale trasformandola in una opportunità per le organizzazioni di classe, i comunisti, per una sinistra di classe che accetta fino in fondo la sfida del superamento del modo di produzione capitalista.
13.
Riacquisire, meglio riappropriarsi del senso della storia sapendo che il socialismo è una politica e un modello di organizzazione economica e sociale che non può e non deve prescindere dal corso degli eventi storici.
L’intero assetto politico-economico e sociale del modo di produzione capitalista entrerà in crisi soltanto se le forze soggettive del movimento operaio e di classe sapranno, nei diversi contesti e nelle varie aree del mondo, trasformare la crisi economica e politica in crollo e superamento del sistema di produzione capitalista, cioè costruire la transizione per un sistema di relazioni socialiste, a partire dalle forme del socialismo possibile dell’oggi, qui e subito, poiché come ci indica il compagno Fidel: “La rivoluzione è il senso del momento storico”.
Sempre davanti a noi dobbiamo avere la lezione storica che Marx e Engels ci hanno lasciato ne L’Ideologia tedesca quando sottolineano che “Per noi il comunismo non è uno stato di cose che si deve attuare secondo delle premesse immaginarie, o un ideale al quale la realtà deve sottomettersi. Noi chiamiamo comunismo il movimento reale che annulla e supera lo stato attuale delle cose”.
Il vero problema è l’orizzonte strategico e l’orizzonte tattico; lo stesso Che Guevara non si meravigliava che durante il socialismo ci potesse essere in alcune forme vigente la legge del valore o ci potesse essere la moneta.
Fasi storiche con contesti internazionali diversi, e quindi con condizioni socio-economico-produttive tipiche del momento, determinano percorsi mutevoli della transizione che non possono essere interpretati se non dentro le dinamiche di contesto e sicuramente non come validi sempre e comunque non associabili in differenti contesti spazio-temporali.
E vorrei chiudere con le parole di Fidel che per tutti i rivoluzionari e comunisti nel mondo rimane il nostro Comandante en Jefe: “Se dovessi ricominciare daccapo, intraprenderei lo stesso cammino rivoluzionario, ma non potrei mai essere completamente soddisfatto di quello che ho raggiunto. Avrò sempre la sensazione che avrei potuto fare di meglio” 2.
Note
1 Cfr. D. Shnookal e P. Alvarez Tabio (a cura di), Fidel Castro Prima della rivoluzione. Memorie di un giovane lider, Ocean Press, 2005, pagg. 15-16-17
2 Cfr. Volter Skierka, Fidel, Fandango Libri, Roma, 2003, pag. 506