Una scelta di campo
Rete dei Comunisti – Pisa
Nonostante 30 anni di disinformazione di guerra, a giustificazione delle inenarrabili tragedie che conosciamo, l’informazione “embedded” sulla vicenda ucraina e’ ripartita a pieno ritmo, proponendo il solito scenario di falsità oscene, a rappresentare un nemico “folle” e “criminale”, senza altre ragioni se non la propria sete di potere. Dopo Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad oggi tocca a Vladimir Putin subire il solito trattamento.
Sulla scelta del Presidente russo di invadere l’Ucraina abbiamo già scritto, non certo per smarcarci. Putin rappresenta un regime oligarchico che, con il tradimento dell’URSS ribadito dalle ridicole affermazioni su Lenin, pensava di assicurarsi la riconoscenza occidentale e di ritenersi al sicuro dall’aggressività della NATO.
Detto questo, occorre comprendere le ragioni storiche, economiche e geopolitiche che hanno spinto l’attuale governo russo a intraprendere questa avventura militare. Gli argomenti sono tutti sul tavolo, trattati sommessamente anche da alcuni analisti occidentali, magari nei servizi notturni o sulle pagine specializzate del Sole24ore. Per il resto isteria e propaganda sparsa a piene mani, a coprire la continuità delle politiche militariste di un Occidente in crisi sistemica.
L’allargamento della NATO sino ai confini russi, nonostante gli accordi del 1991. La distruzione della ex Jugoslavia nel 1999. Il golpe del 2014 che defenestrò Viktor Janukovyč, Presidente eletto ma sgradito all’Occidente perché in disaccordo con l’avvicinamento dell’Ucraina alla NATO e alla UE. La successiva nascita in Ucraina di un governo che si appoggia su ministri e truppe neo naziste. 14mila civili delle Repubbliche Popolari del Donbass uccisi in otto anni. Tutti questi fatti storici sono aborriti, negati, censurati dai mass media. Meglio usare il nuovo “mostro” per giustificare il riarmo occidentale, pianificato dopo le sonore sconfitte in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Yemen, Mali: 100 miliardi investiti dall’attuale governo tedesco per il rafforzamento del proprio esercito, miliardi di euro e di dollari per armare la “resistenza” ucraina, stato di emergenza, milioni di euro e migliaia di soldati italiani spediti da Draghi nelle retrovie del fronte.
In questo questo scenario si muovono le piazze, guidate da un fronte politico/sindacale e dell’associazionismo che in questi anni ha incarnato la progressiva metamorfosi del movimento no war della fine del secolo scorso. La gestione oculata della retorica pacifista è stata utile per incanalare quel che resta di quella storia verso una compatibilizzazione con le politiche dei governi di centro sinistra. Ci troviamo quindi di fronte piazze che hanno una struttura ben oliata e organizzata dal consorzio di realtà politico sindacali suddette, che si fanno forti di una presenza di comunità ucraine condizionate sia dall’oggettivo stato di guerra del loro paese, sia da una presenza di gruppi nazionalisti e neonazisti che hanno buon gioco e capacità di orientamento.
La sfida per i comunisti, più in generale per gli internazionalisti e i sinceri pacifisti è quindi molto ardua e alta. Rappresentare una posizione chiara contro la guerra significa rivendicare una lettura della realtà che confligge direttamente e duramente con quelle mobilitazioni. Le nostre piazze dovranno scavare un solco invalicabile con chi chiede l’intervento militare della NATO e il rafforzamento dell’apparato bellico del polo imperialista europeo.
Non possono esistere “vie di mezzo” tra queste due opzioni, pena la perdita di identità della nostra lotta antimperialista, internazionalista e antimilitarista. In questo senso la piazza di Pisa dello scorso 26 febbraio è stata paradigmatica, indicando esattamente a tutti noi ciò che non deve essere fatto. Chiamare “piazze aperte” a tutti significa doversi contendere lo spazio e il microfono con chi (ucraini e italiani) chiede a gran voce l’intervento militare della NATO e degli eserciti occidentali.
Contro la retorica “pacifinta” e guerrafondaia organizzata dalle forze filo governative, contro i tentennamenti di un pacifismo residuale e codista, occorre contrapporre le piazze contro la guerra, per l’autodeterminazione dei popoli, contro l’imperialismo USA/UE e le oligarchie capitaliste che guidano la Russia, per lo scioglimento della NATO e la chiusura delle basi straniere sui nostri territori.